Un mondo fragile
di Cesar Acevedo
con Haimer Leal, Hilda Ruiz, Edison Raigosa, Marleyda Sot
Colombia, Francia, Paesi Bassi, 2015
durata, 97'
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di Cesar Acevedo
con Haimer Leal, Hilda Ruiz, Edison Raigosa, Marleyda Sot
Colombia, Francia, Paesi Bassi, 2015
durata, 97'
Nel corso degli anni una parte di cinema proveniente dai paesi più disagiati ha contribuito ad alleviare il senso di colpa di quella parte del mondo che, attraverso l’empatia provocata dalla visione dell’altrui sofferenza, ha trovato il modo per sublimare gli eccessi di benessere presenti nella propria condizione. Il risultato è stato quello di un appiattimento generale che è pesato soprattutto sulla qualità delle immagini, costrette ad una semplicità il più possibile corrispondente a quella del soggetto in questione. In controtendenza lavora invece “Un mondo fragile” di Cesar Acevedo che, nel raccontare la vita grama di una famiglia di contadini costretta a lavorare i campi in condizioni di semi schiavitù, prende a riferimento il lavoro di pittori come Andrew Wyeath (Christina’s World) e Jean Francois Millet, componendo sequenze di straordinaria bellezza paesaggistica e figurativa. In casi come questi, la riuscita del film si sposta su problematiche di segno opposto rispetto ai modelli precedenti. Perché se è vero che lo sguardo del regista riesce a restituire la sofferenza dei protagonisti con una dignità e un rigore che lo mette al riparo dalle accuse di facile populismo, d’altro canto la meraviglia delle composizioni visive rischia di entrare in contrasto con la necessità di restituire senza filtro il sangue delle vittime. Detto che la discussione rimane aperta e che “Un mondo fragile” non si è fatto mancare nulla in termini di premi, ricevendo quello di migliore opera prima all’ultima edizione del festival di Cannes, per quanto ci riguarda la decisione di collocare i personaggi all’interno di lirismo visivo come quello immaginato da Acevedo, ci sembra il modo scelto dal regista per risarcirli di tanta afflizione.
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