Everest
di Baltasar Kormákur
con Josh Brolin, John Hawkes, Jake Gyllenhaal, Jason Clarke.
Usa, 2015
genere, drammatico, avventura
durata, 121'
Innumerevoli esempi, nella storia del cinema e della letteratura, sono la dimostrazione del fatto che la dialettica uomo/natura vada ben oltre il facile manicheismo. Se "Into the wild" rappresenta, difatti, un'occasione per avere uno tra gli spaccati più lucidi circa la società americana - laddove "americano" è un aggettivo diventato ormai estensione di "occidentale": affare, questo, piuttosto inquietante - "Everest", anch'esso tratto da un libro-reportage di John Krakauer ("Into thin Air"), ha un approccio alla vicenda - ovvero una scalata di gruppo sull'Everest finita in tragedia, alla quale Krakauer ha partecipato in prima persona - necessariamente più intimo.
di Baltasar Kormákur
con Josh Brolin, John Hawkes, Jake Gyllenhaal, Jason Clarke.
Usa, 2015
genere, drammatico, avventura
durata, 121'
Innumerevoli esempi, nella storia del cinema e della letteratura, sono la dimostrazione del fatto che la dialettica uomo/natura vada ben oltre il facile manicheismo. Se "Into the wild" rappresenta, difatti, un'occasione per avere uno tra gli spaccati più lucidi circa la società americana - laddove "americano" è un aggettivo diventato ormai estensione di "occidentale": affare, questo, piuttosto inquietante - "Everest", anch'esso tratto da un libro-reportage di John Krakauer ("Into thin Air"), ha un approccio alla vicenda - ovvero una scalata di gruppo sull'Everest finita in tragedia, alla quale Krakauer ha partecipato in prima persona - necessariamente più intimo.
Ci si trova dunque di fronte agli scenari vasti ed imbiancati della montagna, attraverso un montaggio poco scolastico, contrapposti oltre che alla continua ricerca dei primi piani dei protagonisti alle situazioni in interno raffiguranti i familiari in apprensione. Se da un lato la sovrabbondanza della situazioni personali rende la drammaturgia leggermente macchinosa, la visione in tre dimensioni, invece di aggiungere, sottrae potenza alla visione, rendendo le inquadrature più belle e classiche fastidiose - specie alla presenza di un oggetto sfocato in primo piano -.
"- Quando sono a casa sono sempre depresso.
- Quindi ora sei felice?
- No, sto soffrendo, ma mi sento vivo."
"Everest", quindi, racconta - seppur con tutti i difetti di grammatica filmica del caso, comprese le didascalie precedenti i titoli di coda - il fallimento della volontà di potenza nell'illusione del superamento di sé stessi in un'impresa che è oltre i limiti dell'umano - ed ecco che ci si ricongiunge al quesito che si pone attraverso la storia di McCandless: quanto fuggire è realmente una fuga? -. Ecco che la vita trova la propria dolce risoluzione nella morte: sembra quasi di sentire ancora la montagna che respira.
Antonio Romagnoli
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