Tutte le vogliono
di Alessio Maria Federici
con Enrico Brignano, Vanessa Incontrada, Giulio Berruti
Italia, 2015
genere, commedia
durata, 85'
Viene quasi da apprezzare, a volte, quasi come fosse l’apice di un’eterna condanna, l’ostinarsi da parte di produttori/distributori nostrani nel proporre sempre lo stesso pacchetto – il sempre più inconsistente modello della commediola italiana – allo stesso consumatore. Mentre ci si sofferma ad indagare se il problema stia dall’uno o dall’altro lato, chiedendosi se sia il consumatore a volerlo o il consumatore sia tale in quanto creato dagli stessi mercanti-di-nulla , essendo quest’ultimi impossibilitati a vendere il “niente” in altri modi, nel frattempo “Tutte le vogliono” – già il titolo non lascia ben sperare – arriva in sala accodandosi alla fila dei propri film-sosia.
Nonostante sia da sottolineare la buona e per nulla scontata prova di Vanessa Incontrada, per il resto ci si trova di fronte ad un impianto visto così tante volte da risultare paradossalmente lisergico e straniante: gli imbarazzanti equivoci narrativi e linguistici, infatti, sono immersi nella solita storia della ricca-di-buona-famiglia che si innamora del povero accattone di turno – un Enrico Brignano che sembra recitare in teatro: l’effetto è quello di ottenere una macchietta di sé stesso -. Nonostante il tema affrontato – ovvero quello dell’anorgasmia – potrebbe essere di per sé sferzante, ogni cosa viene ridotta a macchietta, sia tramite la perenne ricerca dell’equivoco cui facevamo cenno prima, sia tramite la costanza con la quale la regia sembra quasi impegnarsi nel risultare quanto più anonima possibile.
“Tutte lo vogliono”, in definitiva, rappresenta, aggiungendosi ad un’infinita lista di film nostrani che saturano il mercato impedendone – questa sì che è una faccenda comica – una crescita a lungo termine, una sorta di trinità della morte: la morte dell’impianto produttivo – per i motivi sopra spiegati -; la morte dello spettatore – indissolubilmente legato alla fase marcia della produzione -; la morte, che sembrerebbe ormai definitiva, di una maniera come quella della commedia, che meriterebbe prodotti di ben altra caratura, se non altro per rispettare ciò che questo genere ha rappresentato nel nostro passato cinematografico e soprattutto da chi è stato rappresentato.
Antonio Romagnoli
di Alessio Maria Federici
con Enrico Brignano, Vanessa Incontrada, Giulio Berruti
Italia, 2015
genere, commedia
durata, 85'
Viene quasi da apprezzare, a volte, quasi come fosse l’apice di un’eterna condanna, l’ostinarsi da parte di produttori/distributori nostrani nel proporre sempre lo stesso pacchetto – il sempre più inconsistente modello della commediola italiana – allo stesso consumatore. Mentre ci si sofferma ad indagare se il problema stia dall’uno o dall’altro lato, chiedendosi se sia il consumatore a volerlo o il consumatore sia tale in quanto creato dagli stessi mercanti-di-nulla , essendo quest’ultimi impossibilitati a vendere il “niente” in altri modi, nel frattempo “Tutte le vogliono” – già il titolo non lascia ben sperare – arriva in sala accodandosi alla fila dei propri film-sosia.
Nonostante sia da sottolineare la buona e per nulla scontata prova di Vanessa Incontrada, per il resto ci si trova di fronte ad un impianto visto così tante volte da risultare paradossalmente lisergico e straniante: gli imbarazzanti equivoci narrativi e linguistici, infatti, sono immersi nella solita storia della ricca-di-buona-famiglia che si innamora del povero accattone di turno – un Enrico Brignano che sembra recitare in teatro: l’effetto è quello di ottenere una macchietta di sé stesso -. Nonostante il tema affrontato – ovvero quello dell’anorgasmia – potrebbe essere di per sé sferzante, ogni cosa viene ridotta a macchietta, sia tramite la perenne ricerca dell’equivoco cui facevamo cenno prima, sia tramite la costanza con la quale la regia sembra quasi impegnarsi nel risultare quanto più anonima possibile.
“Tutte lo vogliono”, in definitiva, rappresenta, aggiungendosi ad un’infinita lista di film nostrani che saturano il mercato impedendone – questa sì che è una faccenda comica – una crescita a lungo termine, una sorta di trinità della morte: la morte dell’impianto produttivo – per i motivi sopra spiegati -; la morte dello spettatore – indissolubilmente legato alla fase marcia della produzione -; la morte, che sembrerebbe ormai definitiva, di una maniera come quella della commedia, che meriterebbe prodotti di ben altra caratura, se non altro per rispettare ciò che questo genere ha rappresentato nel nostro passato cinematografico e soprattutto da chi è stato rappresentato.
Antonio Romagnoli
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