domenica 31 luglio 2016

LA FOTO DELLA SETTIMANA





























Tarantola di Jack Arnold, USA 1955










sabato 30 luglio 2016

LA NOTTE DEL GIUDIZIO - ELECTION DAY

La notte del giudizio - Election Day
di James DeMonaco
con Frank Grillo, Elizabeth Mitchell, Mykelti Williamson 
USA, 2016 
genere, horror 
durata, 105'



Durante la campagna elettorale presidenziale americana prendono piede le proteste contro la "notte del giudizio" che alcuni ritengono sia solo un metodo del governo per ridurre la popolazione povera e le relative spese di assistenza. La candidata alla presidenza, senatrice Charlie Roan, che visse una terribile esperienza 18 anni prima, intende eliminare la notte in cui ogni crimine è concesso. Ma i cosiddetti Nuovi Padri Fondatori, che l'hanno introdotta, non stanno con le mani in mano: sostengono Edwidge Owens, un religioso rivale di Charlie, e, soprattutto, vogliono sfruttare l'imminente notte del giudizio per eliminare la rivale. Leo Barnes, protagonista del film precedente, "Anarchia - La notte del giudizio", ora si occupa della sicurezza per Charlie Roan. Intanto turisti da tutto il mondo arrivano negli Stati Uniti. Leo verifica che le misure di sicurezza per la casa di Charlie Roan siano a posto, cecchini sul tetto compresi. Purtroppo, però, quando la notte comincia ogni certezza viene disintegrata e nessuno è esentato dal pericolo. Se il primo film della serie, "La notte del giudizio", era claustrofobico e il secondo, "Anarchia - La notte del giudizio", era agorafobico, questo terzo film cerca di ampliare i contenuti e i significati riflettendo sulla natura del futuro distopico, descritto per trarne una posizione di carattere filosofico- politico: nella trama, infatti, sono chiari i riferimenti a "1997 - Fuga da New York". L'intento è encomiabile, la resa è limitata dallo schematismo eccessivo e dalla semplicistica rappresentazione delle posizioni in gioco, con un ritratto dei sostenitori dello "sfogo" sostanzialmente parodistico, a tratti divertente, ma non troppo efficace ai fini drammatici. Il film resta comunque in gran parte godibile sotto l'aspetto spettacolare, perché non viene trascurata la parte di intrattenimento: i momenti migliori sono quelli di pura azione, svincolati dal sottotesto politico-sociale. 

Come l'episodio precedente, anche questo è, in sostanza, articolato in una lunga fuga all'interno della città, percorsa dall'ondata di violenza, con inaspettate alleanze e tradimenti. In questo senso, come spesso capita ai sequel, è una ripetizione. Ritmo e tensione sono tenuti a buon livello, ma la sensazione di déjà vu si avverte. Le violenze vendicative e catartiche dello "sfogo" finiscono però sullo sfondo della vicenda fantapolitica della lotta tra i candidati, con intrighi di stampo spionistico e complottista. È apprezzabile il cambio di prospettiva, ma prolungato per troppo tempo lo svolgimento. Le ambizioni di trovare un significato più profondo nella vicenda contribuiscono a diminuirne la resa, nonostante si tratti di approfondimenti non del tutto banali. Il finale e le scene che immediatamente lo precedono sono poco azzeccati, perché troppo vincolati alla trasmissione del messaggio. James DeMonaco, desideroso di sviluppare un arco narrativo più ampio di quanto appariva possibile nel primo episodio, si conferma capace di creare uno spettacolo avvincente e ben orchestrato. Lo aiuta un cast come sempre efficiente, pur non famoso. Frank Grillo ritorna nel ruolo, qui più professionale e meno ieratico, del duro Leo Barnes e si conferma attore affidabile e carismatico, nonostante il suo ruolo sia più convenzionale e generico.
Riccardo Supino

Ciao Ragazzi: Ecco la Mia build Spaccaculi di Gameplay1973Channel di The division Guardate!!


CIAO RAGAZZI

DOPO TANTO PENARE, FINALMENTE SONO RIUSCITO A REALIZZARE UNA BUILD CHE MI PERMETTE DI POTER ROMPERE IL CULO A CHIUNQUE " SCUSATE L'EUFEMISMO MA È UNA REALTÀ DI FATTO, CON QUESTA BUILD SPACCO I CULI A CHIUNQUE PROVARE PER CREDERE!! 

 

MA IL BELLO VIENE ADESSO: ORA DEVO RACIMOLARE DEI SOLDI PER RICALIBRARE, QUINDI AUMENTERÒ PARTI ELETTRONICHE E  ROBUSTEZZA!! :-)

venerdì 29 luglio 2016

NOVITA' HOMEVIDEO: AVE CESARE

DISPONIBILE IN DIGITAL HD DAL 23 GIUGNO 2016
IN BLU-RAY , DVD E VIDEO ON DEMAND DAL 6 LUGLIO 2016

CON UNIVERSAL PICTURES HOME ENTERTAINMENT ITALIA


AveCesare
di Joel ed Ethan Coen.
con Josh Brolin, George Clooney, Alden Ehrenreich, Scarlett Johansson, Ralph Fiennes, Channing Tatum, Tilda Swinton, Jonah Hill, Frances McDormand.
USA, 2016 
genere, commedia
durata, 105' 


Quantunque l'umana Idiozia - idiozia nei comportamenti, a ritroso nelle intenzioni e negli scopi - assieme alla confidenza assimilata con l'Immaginario Americano e col Cinema (la Storia del), siano tratti ricorrenti nel discorso della coppia di St.Louis Park (dalle parti di Minneapolis, Mn), è indubbio che, in specie la prima, sia stata al tempo con oculatezza vezzeggiata, dopodiché arginata dal guinzaglio avvertito di determinazioni concordi circa l'inevitabilità del suo imporsi, quanto persuase del valore antalgico della di lei emersione senza infingimenti, come della sistematica sottomissione della medesima al regime dello sberleffo. Più o meno da sempre, cioè, la ditta Coen sbircia il termometro della dabbenaggine sapiens e, con pazienza pari alla sagacia, annota a margine glosse in forma di referti cinico-sarcastici: all'assommarsi ominoso delle insensatezze oppone poi, comunque, somministrazioni omeopatiche di humour  freddo e sommesso disincanto.

Stavolta si torna nel cuore della Hollywood-del-cuore - quella dei musical del prediletto Busby Berkeley o, nel caso, dei marinai canterini e danzanti alla Gene Kelly; delle pellicole acquatiche con Esther Williams; dei western ingenui e delle high-society comedies - che è poi quella di "Barton Fink" e della Capitol Pictures, tutta presa - allora - a mettere in piedi un film sul wrestling da cucire addosso a Wallace Beery, e qui è quella tenuta alla stanga dal polso di Eddie Mannix/J.Brolin, scaltro risolutore-di-problemi, nix-man il cui solo intento è di far funzionare il meccanismo/il Cinema, oltre il quale - suggeriscono con la nota impassibilità i Coen - forse c'è solo, addirittura, la fine-del-mondo (occhio alla Lockheed e ai progetti di sperimentazione della Bomba H a spasso per gli atolli del Pacifico: leve teoriche e pratiche, queste - lauto stipendio e prospettiva di "non dover lavorare più dopo la pensione" inclusi - che a ripetizione tentano Mannix al fine di convincerlo a recidere il cordone che lo lega al circo delle evasioni di celluloide).


Tra l'apocalisse e la placida dittatura dell'Idiozia, ecco che si frappone il rapimento della star in mezza tunica e sandaloni Baird Whitlock/G.Clooney, fatto sparire durante la lavorazione dell'"intrattenimento per le masse ansiose di sognare" dal titolo Hail, Caesar - A story of Christ, ad opera nientepopodimeno che di un manipolo di vendicativi sceneggiatori/intellettuali sedicenti comunisti (siamo in zona pre-McCarthy, per intendersi, ennesimo crinale all'interno di un lavoro della ditta, a scongiurare, nella ciclica chimera di una metanoia impossibile e forse immeritata, il vecchio, doloroso sospetto di un altro mesto azzeramento funzionale sempre e solo ad una nuova e più feroce Idiozia), capitanati da un perplesso, non per questo meno vaniloquiente, Herbert Marcuse. In contrapposizione allo sgangherato disegno, s'adopera ancora il tetragono Mannix - barlume di pragmatismo (coeniano) in un oceano di scipita demenza - più che mai deciso a far sì che, bene o male, l'illusione sia ancora possibile nonostante tutto, eminentemente nonostante il brancolare a casaccio di una vasta torma d'inetti, di uomini-che-non-ci-sono: divi vacui e/o capricciosi (Whitlock/Clooney non trova di meglio che punzecchiarsi il sedere con la daga di scena ogni volta che i movimenti richiedono un minimo d'accortezza; DeeAnna Moran/Johansson litiga col suo "culo di pesce" che le comprime, nelle fogge plastiche della sirena in eterno ammollo, le incipienti morbidezze di una maternità casuale); maneggioni annoiati (Joe Silverman/Hill sbarca il lunario, blindato in un'ebetudine tutta sua che gli risulterà paradossalmente fruttuosa, garantendo per le scempiaggini commesse dai nomi di cartellone); eroi proprio malgrado (l'inghippo viene fiutato - non a caso, in modo quasi incidentale - dal cowboy ritardato Hobie Doyle/Ehrenreich, incapace d'intonare una battuta che è una ma pronto a seguire la più evidente delle tracce); pensatori frustrati e ipocriti (ossessionati dal demone del Capitale al punto di giocarselo in maniera grottesca e, giustamente, umiliante); giornalisti astiosi, queruli e... doppi (a dire che la stampa, come la giri, quella è: non un granché): tutti con lo stesso stupore prossimo ad un nirvana cretino stampato su visi nove volte su dieci assorti o increduli, specchi sbilenchi della grinta di Eddie the fixer, il cui sguardo, al contrario strizzato e diffidente, soppesa e distanzia come può l'universale Idiozia.

Tra giochi grafici e quinte fasulle, campi/controcampi scientemente didascalici, inquadrature strette ad isolare, evocativa attenzione agli oggetti e ai congegni, la luce soffice ma nitida di Deakins a palesare/camuffare la finzione di un'onnicomprensiva messinscena atta a dissimulare, nel migliore dei casi, l'inutilità di qualunque agitazione che voglia proporsi come rimedio ad una realtà vuota perché, di fondo, non tragica ma caricaturale, "AveCesare" si propone all'occhio in una nudità quasi inerme - il film si apre e si chiude con una confessione - mostrando di sé oltre all'ordito (le singole figure, i loro atteggiamenti manierati, il frasario stereotipato, l'annaspare nella futilità persino con fatica), la trama, ossia quello sfondo imponderabile e con ogni probabilità insensato (l'esistenza ? La sua allucinazione ?) su cui stagnano le miserie di un umano mediocre e vile, sconfitto in partenza causa tare ineliminabili quanto - spesso - compiaciute, impossibilitato a migliorare e a trovar tregua se non nella ripicca senza scopo del Cinema, ingranaggio pretestuoso ma ludico, scherzo costruito allo scopo di non andare mai a vedere come-va-a-finire, perché lo si sa già e non vale la pena. Continuare, allora. Differire, procrastinare. A qualunque costo (la montatrice interpretata da F.McDormand rischia di strangolarsi alla consolle per mantenere in vita il girato), secondo lo schema di Mannix per cui "la gente non vuole i fatti, vuole credere". E per indurre a credere, vale tutto. Anche protrettici sganassoni. AveCinema, dunque. Morituri te salutant.
TFK

INVISIBILI - THE MYTH OF THE AMERICAN SLEEPOVER

The Myth of the American Sleepover
di, David Robert Mitchell
con Nikita Ramsey, Jade Ramsey, Amy Seimetz
Usa, 2009 
genere, commedia
durata, 97'


Il mito americano del pigiama party (sleepover in lingua inglese), nottetempo importato anche nelle abitazioni nostrane, ha alimentato le adolescenze di milioni di ragazzi, punto di riferimento di intere generazioni a cavallo tra l’infanzia e l’età matura. Riunioni notturne e pseudo - segrete di individui dello stesso sesso, organizzate in case prive di sorveglianza genitoriale, durante le quali il divertimento sovverte ogni regola usuale, comportando utilizzi fuori norma di alcool e stupefacenti, il tutto solitamente accompagnato a diletto sessuale senza freni. Il lungo d’esordio di David Robert Mitchell si propone di analizzare le fondamenta di tale mitologia, istituzionalizzata nell’immaginario collettivo a vero e proprio rituale di passaggio adolescenziale, esplorando queste feste con occhio clinico ed indiscreto, allungando sullo stesso un velo malinconico ed avvicinandovisi con fare nostalgico. Le storie d’amore che si intrecciano sul finire dell’estate sono effimere come il periodo di transizione a cui vanno incontro i protagonisti, fuochi di paglia destinati a spegnersi col sopraggiungere dell’autunno e con il ritorno, forzoso e mai veramente accettato, alla vita scolastica. 

Ci sono coppie di amici in cerca di un’avventura, sconsolati all’inseguimento di amori iniziati in età infantile, ragazzi alla deriva sentimentale,  colpi di fulmine improvvisi ed il tutto è abilmente connesso, intrecciato in una trama quasi invisibile, impercettibile nei suoi minimi slittamenti narrativi. Mitchell si muove cauto lungo il canovaccio estivo da lui orchestrato, relega la macchina da presa ad una perenne condizione di staticità, limitandone i movimenti all’inverosimile e lasciando sviluppare gli eventi autonomamente, perseguendo un’impronta stilistica che non abbandonerà nel suo lavoro successivo. Ed è proprio ad It Follows che sembra ricollegarsi questo primo lavoro del filmaker americano, presentato a suo tempo alla Semaine de la Critique del Festival di Cannes; l’adolescenza ed i suoi strascichi nostalgici per i momenti che non torneranno, la costante consapevolezza di un futuro rimpianto per attimi all’apparenza indelebili, ma pronti a dissolversi come neve al primo sole invernale, sono il collante tra due pellicole all’apparenza costruite come un unico trattato audiovisivo sull’età giovanile, privo di sentimentalismi o abusati percorsi psico-sociologici. 

Il grande piacere di Mitchell nel calarsi nell’età rappresentata sullo schermo fa il paio con la voglia di evasione di Maggie, Marcus, delle gemelle Abbey e di tutto l’universo periferico di Detroit in cui transitiamo; il regista getta l’ancora del presagio di una imminente nostalgia, impossibile da distruggere, e riesce nel tentativo di non lasciarla cadere nel vuoto, ma incagliandocela nell’animo e impedendone il distacco. Questo perché, alla fine,  l’adolescenza è l’epoca dello svago incontrastato a cui tutti ambiamo regredire, il periodo delle follie organizzate con gli amici, le notti trascorse nelle abitazioni altrui consumate tra leccornie proibite e segreti insvelabili, un momento d’oro e ricco di spunti narrativi che Mitchell raccoglie solo in parte, consegnandoci un lavoro che tratteggia adeguatamente questa tematica, dimenticandosi, contrariamente, l’importanza del ritmo in una esposizione così particolare. Laddove termina The myth of the American Sleepover si riallaccia il successivo lavoro di Mitchell, una dissezione minuziosa della paura che segue le orme della precedente analisi sul timore dell’imminente età adulta, un sentimento costante di apprensione per il futuro in cui, ognuno di noi, è sprofondato almeno una volta nella sua vita.
Alessandro Sisti

VIDEO " UNA SFIDA TITANICA SCONFIGGERE IL CAVALIERE DELLA NEBBIA IN NG +7 A MANI NUDE




CIAO RAGAZZI 

QUESTA È STATA UNA SFIDA TITANICA SCONFIGGERE IL CAVALIERE DELLA NEBBIA IN NG + 7 A MANI NUDE " SE TI PIACE LA MIA SFIDA ISCRIVITI AL CANALE  GAMEPLAY1973CHANNEL

 

giovedì 28 luglio 2016

INVISIBILI - AIR DOLL

Air Doll
di Hirokazu Kore-eda
con Bae Doona, Arata Iura, Itsuji Itao
Giappone, 2009
genere, fantasy/drammatico
durata, 125’



Settimo film del regista giapponese, “Air Doll” è una favola poetica su una bambola gonfiabile che improvvisamente prende vita e inizia a guardare il mondo. Storia che ricorda il Pinocchio collodiano (con tanto d’incontro con il suo creatore, “falegname” moderno costruttore di bambole gonfiabili oggetti sessuali per uomini soli).
Film ricchissimo dal punto di vista tematico e stilistico, Kore-eda tocca temi a lui cari come il senso della nascita, della vita e della morte; la solitudine dell’uomo moderno, immerso nella periferia di una grande città come Osaka, metonimica di qualsiasi centro urbano nel mondo; il tema del cinema come evento salvifico; la difficoltà dei rapporti umani; il senso di vuoto della società contemporanea.
Nozomi è oggetto sessuale di un uomo abbandonato dalla fidanzata che si costruisce un simulacro di (stra)ordinarietà e vive anomicamente senza rendersi conto della realtà crudele che lo circonda. Una mattina, dopo l’ennesimo rapporto sessuale, Nozomi inizia a respirare e a prendere vita. Bambola di gomma che cammina e si muove verso la luce della finestra gocciolante per la pioggia della notte appena passata, tende una mano che viene bagnata. Magicamente l’acqua la trasforma in un essere “umano”, con un cuore e una coscienza. Burattino che vuole essere donna, inizia a uscire di casa e seguire le persone, osservarle con sguardo pieno di stupore infantile, creatura alla scoperta del mondo e della vita. Kore-eda basa tutto sul potere del respiro, come insufflare la vita all’interno di corpi spenti; e dell’acqua come elemento di vita, di (ri)nascita.

Nozomi trova lavoro in una videoteca e s’innamora del giovane commesso che ben presto si scoprirà aver perso la fidanzata. Kore-eda in un montaggio alternato, ci mostra la vita solitaria di diversi personaggi che la donna-bambola incontra nelle sue passeggiate. Il padrone del negozio che parla di una moglie che non c’è più e vive in una casa da solo, cercando inutilmente una normalità quotidiana; una donna bulimica, rinchiusa nella disperazione di un appartamento immerso nei rifiuti; un ragazzo ossessionato dal web e da Nozomi, che riprende di nascosto; una vecchia che guarda spettacoli di cronaca nera e va al posto di polizia; una bambina orfana di madre; un vecchio malato al termine della vita. Tutti monadi il cui unico, flebile, collegamento è una bambola che sogna la vita, sogna di essere donna. Il primo uomo sostituisce Nozomi con una nuova bambola e quando si accorge, una sera, che lei ha un cuore si spaventa e le chiede di tornare a essere “una bambola”, perché i rapporti umani non possono essere tollerabili. Nozomi viene ricattata dal padrone e le chiede un rapporto sessuale: ella rimane oggetto di desiderio, mai vista come essere umano, mentre proprio in questo suo vivere in transito la porta a essere più umana di tutti i personaggi che la circondano e che sono molto più “vuoti” di quanto possa essere lei.
Durante un allestimento del negozio, Nozomi si provoca uno strappo al braccio e l’aria fuoriesce. Il ragazzo la rattoppa e poi dall’ombelico, dove è posizionata la valvola, inizia a soffiare per ridarle la vita. L’insufflargli l’alito, il fiato, è una forte metafora sia sessuale sia creatrice di nascita. La scoperta della sua condizione porta a un rapporto masochistico tra i due: l’uomo le chiede di poter “sgonfiarla e rigonfiarla” in un rapporto sessuale translitterato, fatto di dolce morte e continua rivitalizzazione. Nozomi, per un equivoco di comprensione, lo uccide involontariamente, cercando di ricambiare quello che prende come gesto d’amore, invece che un egoistico senso di colpa dell’uomo che non era riuscito a salvare la fidanzata morta in un incidente. Una delle più belle sequenze di tutto il film, come l’intero incipit della trasformazione di Nozomi e la scoperta di un cuore. Del resto l’ombelico, il ventre, è il centro della vita in una visione orientale dell’esistenza.


Il dialogo tra la donna-bambola e il suo creatore poi è significativo sulla fine di tutti noi: l’uomo è fatto di materia riciclabile, le bambole fatte di gomma e finiscono nei rifiuti non riciclabili. In qualche modo ognuno di noi è di passaggio in questa vita ed è emblematico il dialogo tra Nozomi e il vecchio malato, che vorrebbe morire per dimenticare tutto e portarsi dietro un unico ricordo, in un stretto legame contenutistico tra “AirDoll” a “After Life”, altra opera fantastica di Kore-eda.
Del resto, il respiro è un suono allo stesso tempo diegetico (quello del respiro di Nozomi e il soffio del ragazzo della videoteca) ed extradiegetico, in un finale drammatico, dove la bambola di gomma si “sucida” per rilasciare il suo alito di vita e come un seme far ricrescere la vita in un’umanità (dis)persa. Ma, mentre il corpo del ragazzo morto viene messo nella discarica come scarto riciclabile, il corpo di Nozomi è oggetto di scarto e invisibile ai più. L’unica che la nota è la ragazza bulimica che di fronte alla bellezza del sacrificio in qualche modo guarisce: il sacrificio della donna-bambola non è inutile, ma in realtà diventa germoglio da cui (ri)cresce la vita.
Lo stile di Kore-eda si esprime con carrellate laterali, che seguono la protagonista lungo le strade della periferia, e con movimenti di macchina negli interni che riproducono il respiro metafisico e poetico del film. La fotografia è satura di luce e colori vividi, anche nelle scene notturne, e la messa in scena limpida in una messa in quadro di sequenze che diventano frasi poetiche di ampiezza zen. Emozioni elementari, profonde, allo stato puro, come il respiro, appunto, e l’affascinante bellezza degli oggetti che sono attraversati dalla luce (bottiglie, anelli, oggetti di plastica).
Nozomi è interpretata dall’attrice coreana Bae Doona (già protagonista in “Simpatia per mister vendetta” di Park Chan-Wook e in “The Host” di Bong Joon-Ho, ma soprattutto di Somni in “Cloud Atlas” delle Wachowski e poi anche in “Jupiter Ascending” e nella serie televisiva “Sense8”) che dona una grande sensibilità e dolcezza al personaggio, con una recitazione misurata e intensa di rara bellezza.
Prodotto, sceneggiato, diretto e montato da Hirokazu Kore-eda, “Air Doll” si rivela come un’opera di grande pregio e, soprattutto, di un cinema poetico che confermano la voce autoriale del regista giapponese. Ed è una fortuna poterlo vedere nella rassegna organizzata dalla Fondazione Cineteca di Milano per un film, che inspiegabilmente, non è mai stato distribuito in Italia.
Antonio Pettierre

“Rassegna Hirokazu Kore-eda”, Fondazione Cineteca Italiana, Spazio Oberdan, Sala Alda Merini a Milano fino all’11 agosto 2016 http://ift.tt/2aseyEH.it/eventi/hirokazu-kore-eda/

martedì 26 luglio 2016

STAR TREK BEYOND

Star Trek Beyond
di Justin Lin
con Chris Pine, Zachary Quinto e Zoe Saldana
USA, 2016
genere, fantascienza
durata, 122'


La convinzione di essere i leader del mondo e i depositari delle sorti dell'intera umanità sommate all'intraprendenza pionieristica che diede l'impulso decisivo alla nascita della Nazione  sono concetti che appartengono da sempre al patrimonio epico avventuroso della cinematografia americana. Partendo da queste premesse appena aggiornate dalle forme più evolute della science fiction contemporanea "Star Trek Beyond" si ripresenta ai nastri di partenza con molte conferme e la grande novità rappresentata dal passaggio di consegne in cabina di regia tra JJ Abrams, deus ex machina della nuova serie dedicata alle vicende dell'equipaggio del nave spaziale Enterprise, e Justin Lin, new entry promossa sul campo grazie al successo riportato nella direzione di due episodi di "Fast and Furious". 
Una scelta, quella di affidare la guida della saga al  cineasta taiwanese che a ben guardare si adatta non poco al tenore del progetto. Perché, reciso  il cordone ombelicale con le proprie origini cinematografiche (anche se la produzione ha già fatto sapere che nella prossimo film torneranno i riferimenti a personaggi del passato) lo spettacolo di Star Trek decide di fare a meno della fantasia e del citazionismo del proprio mentore  in favore di una pragmatismo che si esprime trasformando in azionele gerarchie e le dinamiche tra personaggi che Abrams aveva tracciato nelle puntate precedenti. In questo modo a tenere banco non sono più le schermaglie sentimentali e le differenze culturali tra la bella Uhura e il dottor Spock e neppure la diffidenza tra il celebrale Venusiano e il capitano Kirk - nel frattempo avviato con qualche titubanza di facciata a replicare le imprese del famoso padre - quanto la voglia di scatenarsi in un tripudio di salvataggi da ultimo minuto giustificati dall'urgenza di difendere la democrazia del Cosmo. Con meno parole ma con la solita vivacità "Star Trek Beyond " si affida al dinamismo di Lin che dopo aver diretto una storia di macchine volanti  trova pane per i suoi denti nel tentativo di tenere testa alle vertigini iper cinetiche di cui sono capaci Kirk e compagni, con le astronavi al posto dei cavalli chiamate a dare vita a un western futuristico meravigliosamente scontato ma sufficiente scaltro da garantire anche questa volta il solito stuolo di ammiratori.

PUBBLICATE SEI VIDEO GUIDE DI NEVERWINTER




CIAO RAGAZZI 

CONTINUA LA MIA VIDEO VIDEO GUIDA DI QUESTO STREPITOSO GIOCO GUARDATE IL VIDE PER CAPIRE COME FUNZIONA IL GIOCO!!

 

Notizie su Tom Clancy's Rainbow Six Siege: Skull Rain in arrivo il 2 agosto


FONTE



Ubisoft annuncia che Skull Rain, il terzo importante aggiornamento per Tom Clancy’s Rainbow Six Siege, sarà disponibile dal 2 agosto per Xbox One, PlayStation 4 e Windows PC. Confermando l’impegno nell’offrire nuovi contenuti dopo il lancio, questo terzo aggiornamento gratuito introduce diverse novità, tra cui due nuovi operatori, una nuova mappa e alcune nuove funzionalità di gioco.

Nuova mappa Favela e due nuovi operatori del BOPE
In Skull Rain, la mappa Favela offre lo scenario più aperto e distruttibile di Tom Clancy’s Rainbow Six Siege. Sono stati inoltre arruolati due operatori del BOPE, Caveria e Capitão, per sfruttare la loro ampia conoscenza della regione e assistere le forze di polizia locali nel riprendere il controllo dell’area.

Caveira è conosciuta soprattutto per il suo approccio brutale agli interrogatori. È equipaggiata con la “Luison”, una versione speciale della PRB92, dotata di silenziatore personalizzato e munizioni subsoniche, che le consentono di neutralizzare i propri bersagli in maniera silenziosa. Grazie alla sua tecnica furtiva “Passo felpato”, può inoltre avvicinarsi alla propria preda senza farsi notare.
Capitão è equipaggiato con la balestra tattica TARS Mk0, con la quale può sparare due tipi di munizioni: dardi asfissianti e dardi fumogeni, queste ultime molto utili per eseguire assalti fulminei.   



CLICCA QUI PER LEGGERE L'ARTICOLO INTEGRALE

News: Dead Rising remaster, le prime immagini Esclusive


Fonte




A pochi giorni dall'ufficializzazione delle versioni rimasterizzate di Dead Rising, Dead Rising 2 e Dead Rising 2: Off the Record, vengono pubblicate in rete già le prime immagini.



dead-rising_1


Si tratta di screenshot che lo stesso sviluppatore ha raccolto e pubblicato per farci rendere conto di come sarà il lavoro di rimasterizzazione dei tre titoli. Le immagini sono ufficiali perché sono state pubblicate direttamente sulla pagina di vendita dell'Xbox Store. Ricordiamo che della realizzazione del remaster non se ne occupa Capcom ma due studi indipendenti, il polacco QLOC, che tra gli altri lavori ha anche realizzato la versione remaster di DMC: Devil May Cry, che si occuperà del primo titolo, Mercenary Technology (God of War 3) realizzerà gli altri due. Ecco dunque le immagini:

 

QUI LA GALLERY 

lunedì 25 luglio 2016

ALLE 10:30 DIRETTA LIVE DI NEVERWINDER " 5 VIDEO GUIDA "

 

CIAO RAGAZZI 

CONTINUA LA MIA VIDEO GUIDA DI QUESTO STREPITOSO GIOCO EPICO " NEVERWINDER " UN GIOCO DA SCARICARE ASSOLUTAMENTE. OGGI VI ASPETTO RAGAZZI ALLE 10:330 SUL MIO CANALE GAMEPLAY1973CHANNEL 

 

 

 

domenica 24 luglio 2016

Vota Sondaggio: Ti Piacerebbe #ManiacMansion sulle Nuove Console di ultima Generazione



Vota Sondaggio:  Ti Piacerebbe #ManiacMansion sulle Nuove Console di ultima Generazione







LA FOTO DELLA SETTIMANA


























Notturno indiano di Alain Corneau, Francia 1989

sabato 23 luglio 2016

LE ANTEPRIME DE ICINEMANIACI: THE WITCH

The Witch
diretto da Robert Eggers
con Anya Taylor-Joy, Ralph Ineson
Canada, 2015
genere, horror
durata, 90'




Due film uniti dal medesimo destino. Il primo, “It follows”, arrivato nelle sale a più di un anno di distanza dalla distribuzione internazionale e sulla scia del passaparola promosso dalle visioni clandestine di chi ha avuto modo di vederlo nella rete. Il secondo, “The Witch”, distribuito a ferragosto con pari ritardo rispetto al successo ottenuto al Sundance Film Festival dove nel 2015 il lungometraggio di Robert Eggers ha raccolto molti consensi. Una miopia, quella dei nostri esercenti, che al di là delle solite ragioni trova una qualche spiegazione nelle caratteristiche di un offerta talmente diversa dalla media da scatenare la diffidenza di chi è abituato a un cinema commercialmente omologato. Perché sia “It Follows”, di cui abbiamo già detto, che “The Witch”, del quale ci apprestiamo a parlare, pur mantenendo inalterate le ragioni del loro essere e cioè quelle di spaventare lo spettatore, hanno dalla loro un imprinting di forme e contenuti che li distingue dalla media dei prodotti appartenenti alla stessa categoria. Siamo infatti di fronte - e qui entriamo nel merito del lavoro di Eggers – a un tipo di cinema più maturo che nell’esercizio dei codici di genere trova il modo di allargare il discorso a una visione dell’esistenza svincolata dalle istanze narrative che regolano il divenire dell’intreccio.

Per raggiungere lo scopo il regista parte però da premesse che vanno in senso opposto a quanto appena detto poichè invece di collocare la vicenda in un tempo indefinito, o perlomeno poco caratterizzato dal punto di vista iconografico e dell’immaginario, con “The Witch” veniamo catapultati all’interno della cornice storica in cui a partire dalla metà del seicento la nascita della nazione americana dovette pagare dazio a una voglia di uniformità e di disciplinamento che nelle accezioni più estreme raggiunse forme di intolleranza come quelle che portarono al cosiddetto periodo della caccia alle streghe durante il quale la ricerca del capro espiatorio trovò nel mancato rispetto all'ortodossia religiosa il motivo su cui sfogare il rovescio di un regime repressivo e delatorio.

Vincolato da precise coordinate storico culturali Eggers non si fa intrappolare dai pericoli di una messinscena illustrativa ma riesce a fare della precisione del dettaglio fisiognomico – evidente nella scelta di volti che sembrano prelevati dalla ritrattistica del periodo –   visuale – ispirato da una sensibilità che sembra rifarsi alla lezione dei grandi della pittura fiamminga – così come della ricerca filologica necessaria a raggiungere una verosimiglianza di dialoghi e pratiche quotidiane gli strumenti attraverso cui manifestare gli effetti della paura suscitata dal pericolo proveniente dalla foresta che circonda la casa dei protagonisti. In questo modo più che la presenza della malefica creatura (pressoché sottratta agli occhi del pubblico) a provocare disagio sono le conseguenze della sua evocazione, rintracciabili nell’incombente oscurità degli ambienti fotografati a lume di candela e nell’immota consistenza del paesaggio silvano; oppure nei volti stranulati dei genitori di Thomasin, la giovane protagonista che ad un certo punto dovrà difendersi dalle accuse di stregoneria rivoltigli dal suo stesso padre. Insomma un quadro generale che in apparenza non si discosta nel suo svolgimento dagli altri film incentrati sullo stesso argomento se non fosse che il gioco al massacro tra genitori e figli e il cambio di ruolo tra vittime e carnefici diventa ben presto la metafora di una nazione in guerra con se stessa e, ad un livello d’astrazione ancora superiore, la raffigurazione del retaggio ancestrale che impedisce agli esseri umani di godere appieno della propria libertà. Come dimostra l’assunto di “The Witch” che fa coincidere il sorgere del male nel momento in cui Thomasin e la sua famiglia vengono allontanati dalla comunità per metterli in grado di praticare culto religioso secondo le regole dettate dalla propria coscienza. Ed è proprio questo modo di essere allo stesso modo un prodotto di intrattenimento e un’opera d'arte a fare del lungometraggio di Eggers un evento che gli appassionati della settima arte non possono lasciarsi sfuggire.

News: From Software: confermato il progetto sui mech. Dark Souls IV potrebbe essere realtà



Fonte

 

 


Come già annunciato più volte, Dark Souls III è stato il capitolo finale della saga, di conseguenza From Software non dovrebbe più riprendere il marchio e concentrarsi su altri brand. Ovviamente il "dovrebbe" è d'obbligo dato che Miyazaki, designer del primo e terzo capitolo della saga, sembra essere dell'idea di buttarsi su Dark Souls IV.

Durante un'intervista, il responsabile ha sottolineato che From Software è al lavoro su una nuova proprietà intellettuale, ma si è anche fermato a ribadire che non si può dare per sicura la fine della serie Dark Souls. Secondo Miyazaki infatti, la possibilità che venga sviluppato Dark Souls IV non è sicuramente da scartare.

Ad esempio, se in un futuro From Software decidesse di realizzare il quarto episodio di Dark Souls, non sarebbe effettivamente da escludere a priori una risposta positiva. Sono proprio i ragazzi di From Software a dare per chiusa la trilogia, probabilmente in favore di nuovi progetti, tra cui il già confermato titolo basato sui mech.

Nel frattempo non resta che rimanere in attesa di nuove informazioni riguardanti i DLC dedicati a Dark Souls III.

venerdì 22 luglio 2016

MR COBBLER E LA BOTTEGA MAGICA

Mr. Cobbler e la bottega magica
di Thomas McCarthy
con Adam Sandler, Dan Stevens, Steve Buscemi
USA, 2014 
genere: commedia 
durata: 99'


Max è un calzolaio per tradizione familiare che vive nel Lower East Side di New York. Non è più giovane e, forse, interiormente non lo è mai stato. Bloccato dentro una bottega di cui non vede il fascino, costretto a un lavoro che non lo appassiona, non ci sa fare con le donne, fatta eccezione per la madre, rimasta sola dopo l'abbandono del marito, di cui si prende cura quotidianamente. Le cose cambiano il giorno in cui scopre, per caso, nel magazzino, una vecchia risuolatrice dai poteri magici, che gli permette di assumere i connotati di chiunque, a patto di calzarne le scarpe. Si apre così, per Max, la possibilità di vivere finalmente l'avventura della vita e di trovare la propria identità, dopo averne sperimentate molte altre.




Se, in teoria, Adam Sandler poteva sembrare il candidato ideale per questo ruolo, in virtù dell'esperienza simile di "Cambia la tua vita con un click", meno aderente poteva apparire il profilo di Tom McCarthy, specie dopo Il caso "Spotlight". Il primo non delude le attese: mettendosi nei panni di Max il calzolaio, trova l'identità cinematografica migliore da qualche tempo a questa parte. Non più giovane, ma ancora acerbo socialmente, il suo personaggio è un immaturo diverso dai tanti personaggi interpretati dall'attore newyorkese. Bolso all'occorrenza, insolitamente trattenuto, l'attore si adatta in ogni momento al passo del film. Il regista, in "Mr. Cobbler e la bottega magica" torna, per molti versi, al genere umanista dei suoi primi tre film, da cui trae l'idea di un protagonista maschile in preda a un torpore e che si apre alla vita in seguito a un incontro particolare: la componente magica di questa parabola, però, per quanto metaforica e incastonata dentro la cornice di una leggenda yiddish, riscrive completamente le caratteristiche tipiche del genere frequentato con successo dal McCarthy degli esordi e il risultato è meno interessante. Sarà che la magia dell'incontro con l'altro, che finisce per ridefinire il carattere del personaggio, non passa più dalla frequentazione con un essere umano ma da un oggetto, o sarà che la parte di Dustin Hoffman proprio non convince, non suscitando la sorpresa che vorrebbe e non sfruttando le potenzialità che contiene, ma la sensazione ultima è che la trama in sé non abbia sufficiente sentimento né abbastanza avventura per rispondere alle aspettative dell'intro in stile Coen. Non è dunque un difetto di retorica, ma un problema di inconsistenza.
Riccardo Supino

giovedì 21 luglio 2016

News: Fallout 4: Bethesda parla di Vault-Tec Workshop " Leggi qui "








Anche se è stato subito considerato uno dei DLC minori di “Fallout 4” (in contrasto con “Far Harbor” e “Nuka-World”), Bethesda ha deciso di promuovere “Vault-Tec Workshop”, in uscita il 26 luglio a €4,99 sottolineandone in un comunicato stampa gli aspetti innovativi e i contenuti che porta nel gameplay e nel mondo del gioco principale. Ammetto che i dettagli diffusi hanno catturato il mio interesse.

In “Vault-Tec Workshop” potrò per la prima volta (escludendo “Fallout Shelter”) costruire e gestire il mio Vault personale, il Vault 88, e compiere esperimenti sulla sua popolazione come un vero Soprintendente della Vault-Tec. Dopo aver scaricato il DLC mi arriverà una richiesta di aiuto sul mio Pip-Boy (la richiesta arriverà ai personaggi di livello superiore al 20 ma il DLC sarà accessibile per tutti) e raggiungerò il Vault 88, attaccato da Predoni e abitato dalla sua Soprintendente originale, trasformata in Ghoul dalle radiazioni. Il Vault 88 non era ancora completo ai tempi della guerra atomica, e la Soprintendente è vissuta duecento anni in attesa di poterlo costruire e di poter svolgere gli esperimenti sulla sua popolazione.

Gli esperimenti umani di “Vault-Tec Workshop” potranno essere svolti in modi diversi, più o meno maligni, con esiti diversi che arricchiranno l’Officina con diversi oggetti. A differenza di “Wasteland Workshop” e “Contraptions Workshop”, che aumentano semplicemente gli oggetti che posso costruire, “Vault-Tec Workshop” avrà missioni e un suo svolgimento che seguirà la ricostruzione del Vault 88 e gli esperimenti che avverrano al suo interno. I giocatori che vogliono solo godersi gli elementi sandbox del DLC potranno cacciare la Soprintendente ghoul (o ucciderla), impossessarsi del Vault 88 e costruire comunque tutte le versioni base degli oggetti legati agli esperimenti.

L’Officina del Vault 88 sarà piena di oggetti specifici, di nuovi corridoi, stanze, scale, mobili e porte pensati per il nuovo ambiente. Per costruire un intero Vault sembra necessaria una immane quantità di Acciaio, una risorsa molto diffusa in “Fallout 4” ma comunque limitata. Fortunatamente il Vault 88 è già pieno delle risorse necessarie alla sua costruzione e sarà possibile anche riciclare le sue parti già costruite per ottenere ulteriori materiali… rischiando però di risvegliare malefiche creature sotterranee durante i lavori di ristrutturazione. Completando le missioni di “Vault-Tec Workshop” gli oggetti specifici per il Vault diventeranno poi disponibili nelle Officine di tutti gli Insediamenti che potranno essere quindi arricchiti con loro Vault (non sotterranei, purtroppo).

Inoltre, il DLC aggiunge all’Officina anche la sedia da barbiere e la sedia da chirurgo, che permettono di cambiare aspetto (taglio di barba e capelli o tratti somatici) senza dover più andare sino a Diamond City ma semplicemente assegnando un abitante all’oggetto. Insomma, “Vault-Tec Workshop” sembra un’espansione piuttosto ricca che potrebbe soddisfare gli appassionati degli Insediamenti di “Fallout 4” e forse (forse!) offrire qualcosa di più dei contenuti disponibili in una mod amatoriale.