di Jack Schreier
con Nat Wolff, Cara Delevingne, Austin Abrams, Justice Smith
Usa, 2015
genere, commedia, drammatico
durata, 109'
Sosteniamo, e non da ora, che il valore di qualsivoglia lungometraggio debba svincolarsi dal confronto con la materia letteraria da cui è tratto per diventare un’altra cosa. Ciò non toglie che le caratteristiche e il peso della fonte primaria e, nella fatti specie, di quella cartacea, sia, alla pari delle altre componenti, uno degli aspetti di cui tenere conto al fine di collocare una data opera, all’interno della giusta prospettiva. Che, nel caso di “Città di carta”, diretto da Jack Schreirer, è quella del racconto di formazione e degli amori adolescenziali, che usualmente movimentano le esistenze di milioni di teen agers. Un luna park di sentimenti discordanti, che John Green, scrittore dell’omonimo best seller da cui “Città di carta” è tratto, riesce ogni volta a ricomporre all’insegna di un romanticismo d’antan che ha fatto di lui una specie di versione giovanile del collega Nicolas Sparks. Corteggiato da Hollywood, che del suo precedente romanzo aveva fatto uno dei blockbuster della scorsa stagione (Colpa delle stelle), Green ha il pregio di guadagnarsi i favori dei lettore proponendo una casistica amorosa destinata ad assurgere a un ideale di perfezione che nel cinema ha fatto la fortuna di Shailene Woodley, diventata famosa per averne incarnato le sembianze nel film diretto da Josh Bone.
A dispetto di quel precedente che, ricordiamo, si concludeva senza speranze per la coppia in questione, “Città di carta” offre al regista un copione meno sofferto e più sognante, raccontando della scomparsa di Margo Spiegelman, irrequieta reginetta della scuola, e del tentativo di ritrovarla da parte di Quentin Jacobsen, segretamente innamorato di lei sin dai tempi dell’infanzia. Cospargendo la storia di riferimenti musicali (Woody Guthrie) e di citazioni poetiche (tratti da “Foglie d'erba” di Walt Withman) attribuite al personaggio di Margo, anticonformista quanto basta per mettere in risalto l’ordinarietà di chi gli sta attorno, tutti, compreso Quentin, avviati a quella vita borghese a cui Margo (Cara Delevingne, attrice in forte ascesa) con il suo esilio volontario, si vuole sottrarre, “Città di carta” aveva dalla sua le qualità per rappresentare il manifesto di una generazione in corso d’opera. Sullo sfondo delle vicissitudini tipiche dell’età giovanile, peraltro sempre in primo piano con gli impegni legati al ballo di fine d’anno e, di conseguenza, con la ricerca della dama e del cavaliere con cui accompagnarsi, il libro di Green non si limitava all’aggiornamento del diario sentimentale dei suoi virgulti ma lasciava trapelare gli echi di una civiltà morente (con i relitti delle città fantasma in cui Margo finisce per rifugiarsi), che, in qualche modo, servivano ad amplificare le ansie dei protagonisti nei riguardi del futuro che la fine del liceo spalanca in tutta la sua incertezza.
Un patrimonio di attitudini e sensazioni in cui Schreiner e i suoi sceneggiatori rinunciano a entrare, limitandosi a illustrarle con aneddoti e semplificazioni che tolgono spessore alle psicologie dei due protagonisti; soprattutto a quella di Margo, che Quentin e i suoi amici non riescono mai a evocare con anelito proporzionali alla mitologia costruita intorno al personaggio. Senza considerare che la convenzionalità della messinscena - che fa il verso ai vezzi dei teen movie degli anni 80 (con inserti in cui i ragazzi esprimo la loro esuberanza assecondando il ritmo della musica di turno) - non riesce a rendere sul piano delle immagini, le varianti di una storia che a un certo punto mette in campo una trasferta in pieno stile road movie e un finale a suo modo insolito. Carenze che, almeno in parte, spiegano la disaffezione del botteghino americano nei confronti del film.
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