Self/less
di Tarsem Singh
con Ryan Reynolds, Ben Kingsley
Usa, 2015
genere, fantascienza, thriller, azione
durata, 117'
di Tarsem Singh
con Ryan Reynolds, Ben Kingsley
Usa, 2015
genere, fantascienza, thriller, azione
durata, 117'
Ogni regista ha il suo peccato originale. Quello di Tarsem Singh è sempre stato quello di non considerare la realtà per quello che è, travalicandola con visioni tanto belle quanto inconsistenti sotto il profilo della resa commerciale. Prova ne siano gli incassi deludenti dei lungometraggi che sono seguiti a The Cell, il film che gli aveva permesso di inserirsi nel novero degli artisti più ricercati del sistema hollywoodiano. Con queste premesse un film come Self/less è il meglio che possa capitare a un regista in cerca di credibilità; perchè al di là dell'escursione nel fantastico, rappresentata dall'ipotesi che il film mette in circolo, e cioè la possibilità di sopravvivere alla corruzione del proprio corpo, sostituendolo con un altro giovane e forte, Self/less tiene i piedi ben piantati a terra, obbligando Singh a fare a meno delle suwe spinte più visionarie - qui utilizzate solo a sprazzi e per rappresentare i disturbi della memoria di cui ad un certo punto inizia a soffrire Damien, il protagonista della storia - e a preoccuparsi di tenere alta la tensione di una trama che alterna momenti di puro thriller, conseguenti al tentativo di Damien, di opporsi al giro di vite provocato dalla scoperta dagli illeciti commessi dallo scienziato che lo ha appena salvato e che ora lo vuole morto; ad altri, più intimi e drammatici in cui, a prendere il sopravvento, sono il rimorso e il senso di colpa di chi si rende conto di aver tradito la fiducia delle persone che gli erano più vicine.
Privato del suo elemento naturale, e con la responsabilità di far quadrate i conti, Singh retrocede al ruolo di onesto mestierante, mettendo in fila le scene con diligenza ma senza il guizzo che ci si aspetterebbe da un regista della sua levatura. Un risultato di cui lo spettatore alla fine si accontenterebbe pure, se non fosse che la sceneggiatura non sempre riesce a rendere plausibili le scelte del protagonista, così come la conversione che da uomo egoista e senza scrupoli lo trasforma in una specie di buon samaritano. Le presenze di Ben Kingley e Ryan Reynolds, rispettivamente Damien prima e dopo la cura, servono più che altro a tenere alto il livello della confezione ma di fatto non ne cambiano la sostanza.
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