lunedì 28 dicembre 2015

LE ANTEPRIME DE ICINEMANIACI - UN HEROS TRES DISCRET

Un héros très discret
di Jacques Audiard
Mathieu Kassovitz, Anouk Grinberg, Sandrine Kiberlain, Jean-Louis Trintignant
Francia, 1996
genere, drammatico
Durata, 107’


Albert Dehousse (Mathieu Kassovitz) è un impostore. Fin da bambino, orfano di padre e con una madre possessiva, legge libri di avventure e sogna di vivere vite di altri. Il piccolo paese della provincia francese viene lambito dalla Seconda Guerra Mondiale, dall’invasione tedesca e poi dalla liberazione degli americani, ma Dehousse non sembra accorgersene perduto nel suo mondo fantastico. È in quel periodo che inizia a mentire, a costruirsi una vita immaginaria e quindi, facendosi passare per uno scrittore (plagiando interi brani dai romanzi letti), prima affascina la giovane Yvette e poi la sposa. Quando però scopre che la famiglia della moglie era all’interno della Resistenza e lui non ne si era accorto di nulla, per la vergogna fugge a Parigi e lì, partendo dal basso, senza niente, si ricostruisce un’identità fittizia di ufficiale francese e partigiano. Inventandosi una vita vissuta nella sua mente, riesce a ingannare tutti, ottenere il grado di colonnello e andare a Berlino per individuare i traditori francesi che vogliono rientrare in patria.
Questa la trama di “Un héros très discret”, l’opera seconda di Jacques Audiard, recentemente premiato al Festival di Cannes con la Palma d’Oro per il suo ultimo film “Dheepan”. Inedito in Italia, è in programmazione presso lo spazio Oberdan di Milano, all’interno di una rassegna organizzata dalla Fondazione Cineteca Italiana di Milano, dove sono proiettati tutti i film del regista francese compresi i suoi inediti: appunto questo, di cui stiamo parlando, e l’opera prima “Regarde les hommes tomber”.


Audiard è figlio d’arte (il padre è regista e sceneggiatore) ed entra nel mondo del cinema come montatore, dopo aver abbandonato gli studi letterari, per poi passare ben presto a scrivere film di genere “polar”, noir secondo la declinazione francese, basati molto sulle storie di emarginati siano essi ladri o assassini e che si confrontano a volte con poliziotti, “flic”, anch’essi poco ortodossi.
Ma Audiard va oltre il genere e nella sua breve, ma intensa, filmografia (sette film in poco più di dieci anni) ama affrontare piccole storie che in qualche modo lambiscono o la Storia (la Resistenza di “Un héros très discret” o la guerra Tamil in “Dheepan”) oppure mondi di una malavita liminare (come nel suo capolavoro “Il profeta”, oppure “Sulle mie labbra”). In tutte le storie di Audiard assistiamo a un’evoluzione di un personaggio debole, sconfitto, emarginato, che confrontandosi con un altro mondo, a volte lottando anche in modo cruento, cerca non solo di sopravvivere ma una via di fuga a una realtà in cui si sente perso: l’impiegata sorda che aiuta un piccolo delinquente in una rapina, per poi fuggire con lui dalla routine della sua vita grigia in “Sulle mie labbra”; Thomas Syr in “Tutti i battiti del mio cuore” diviso tra l’amore per la musica e una vita di picchiatore e piccolo truffatore in affari immobiliari; o il giovane arabo ne “Il profeta” che entra in prigione sperduto e immaturo e ne esce, dopo una vera e propria educazione criminale, come un boss temuto e rispettato; o ancora Stephanie, giovane addestratrice di orche in un acquario in “Un sapore di ruggine e ossa” che, in un grave incidente, resta gravemente handicappata ma l’incontro con un loser, un uomo violento che vive di espedienti, le mostrerà un nuovo modo di affrontare la vita; e infine “Dheepan” guerriero Tamil stanco degli orrori della guerra, che arriva in Francia con una falsa famiglia, costretto a una cruenta battaglia personale nella banlieue parigina contro un trafficante di droga, per lasciarsi alle spalle il male interiore, sopito ma non sconfitto.

Prima di mettersi dietro la macchina da presa, Audiard è stato un famoso sceneggiatore in Francia e tutti i suoi personaggi hanno una complessità psicologica e affrontano uno o più ostacoli che in qualche modo cambiano la loro vita (non sempre in meglio), in un’educazione pragmatica dettata dagli eventi, all’interno di un fitto ordito narrativo.
Non fa eccezione “Un héros très discret” (che, tra l’altro, vinse il premio per la miglior sceneggiatura al 49mo Festival di Cannes), dove Albert Dehousse è un giovane senza arte né parte, ma che, nel momento in cui prende coscienza di voler essere protagonista, sfrutta la massimo i suoi talenti: da un parte, è un fine osservatore e possiede una memoria prodigiosa per i dettagli e i particolari più insignificanti; dall’altro, la sua capacità di narratore, non riuscendo a incanalarla all’interno della pagina scritta, la esprime inventandosi episodi di vite alternative. Ecco allora che Dehousse, come un vero e proprio Zelig, riesce a prendere possesso di identità completamente inventate per diventare quell’eroe che non è.

La messa in scena di Audiard è prosaica, ordinata, senza particolari guizzi, ma assolutamente funzionale alla storia: il regista francese è soprattutto un narratore innamorato dei suoi personaggi e vuole portare lo spettatore dalla loro parte. Del resto come non si fa a non perdonare Albert Dehousse? Chi non ha mai sognato di essere protagonista di qualcosa di importante? E in qualche modo lui ci riesce: anche quando compie la sua missione a Berlino come colonnello dell’esercito francese è bravo a individuare i lepenisti che si spacciano per prigionieri di guerra (chi meglio di un impostore riesce a identificarne un altro?) e si costruisce una fama di ufficiale efficiente e capace. Come dire comunque che Dehousse non è “finto”, ma è un camaleonte con talenti che si esprimono in modo diverso.


Le parti migliori del film sono le sequenze della costruzione di un passato di partigiano a Parigi e poi quella di ufficiale in Germania, ma lo scarto che eleva “Un héros très discret” a un film degno di nota è l’interpolazione di sequenze contemporanee come se stessimo assistendo a un docu-film. Ecco che allora scopriamo che Dehousse anziano (Jean-Louis Trintignant) racconta la sua vita, ma soprattutto ci sono sequenze di un ricercatore che va nei luoghi dove ha vissuto il fantomatico personaggio per ricostruirne la storia, come se fosse un’inchiesta storico-giornalistica. Alla fine, poi, una serie di interventi di vari personaggi rivelano allo spettatore che Dehousse ha vissuto mille vite in diverse parti del mondo, senza mai mentire sul proprio nome, e ricevendo solo testimonianze positive e lodi. E quindi questo piccolo e simpatico impostore è stato un uomo che ha compiuto grandi azioni (così come i personaggi dei romanzi che leggeva da ragazzino), lasciando comunque un segno nella vita di molte persone: insomma “un eroe molto discreto”.
Antonio Pettierre

“Rassegna Jaques Audiard”, Fondazione Cineteca Italiana, Spazio Oberdan, Sala Alda Merini a Milano fino al 6 gennaio 2016  http://oberdan.http://ift.tt/1QXcSDujacques-audiard/

0 commenti:

Posta un commento