ICINEMANIACI/Libri.
"Pixar story".
di: P.Grandi.
Edizioni Hoepli.
- pagg. 158, € 9,90 -
"We'll be eternally free, yes, and eternally young/
What a beautiful world this'll be/
What a glorious time to be free...".
- D.Fagen, "I.G.Y" -
"Pixar story".
di: P.Grandi.
Edizioni Hoepli.
- pagg. 158, € 9,90 -
"We'll be eternally free, yes, and eternally young/
What a beautiful world this'll be/
What a glorious time to be free...".
- D.Fagen, "I.G.Y" -
Le avventure del pensiero, in particolare quelle che hanno impresso traccia duratura di sè nell'interiorità di un numero vasto di appartenenti alla specie che dovrebbe dirsi sapiens, hanno al loro interno, dissimulato tra le pieghe di un'intuizione originale, di un'argomentazione di ampio respiro, di un dettaglio che, a volte, solo, apporta freschezza e luce nuova alla trattazione di temi universali (dunque quanto meno ricorrenti), il medesimo elemento, intrigante perchè amichevolmente elusivo, promettente perchè, in potenza, inesauribile: la curiosità. Proprio tale inclinazione - con ogni probabilità uno dei rari indizi del munifico tocco di una qual divinità su una genia altrimenti irredimibilmente votata alla disgrazia e all'umiliazione - traspare da subito, riverberandosi di continuo come garbato ed elegante rapporto d'elezione a distanza in quella che caratterizza il suo stesso oggetto d'indagine, dalle pagine di questo "Pixar story", agile libretto redatto con cognizione e cura da Pietro Grandi per i gloriosi tipi della Hoepli. Grandi, studioso d'animazione e autore egli stesso di progetti legati al sempre in divenire connubio tra espressività figurativa, ingegno ed inventiva del singolo e trasformazioni tecnologiche - capaci quest'ultime, via via, di modificare la struttura del linguaggio della prima e supportare la materializzazione dei parti delle seconde - ricostruisce, con dovizia di particolari e un qual fiducioso intrinseco ottimismo della volontà riguardo il rapporto problematico che lega l'Uomo alla Tecnica, il percorso, invero a tratti strabiliante, della casa di produzione Pixar, quella della "lampada Luxo jr.... che con luce propria, illumina il bivio tra tecnologia e arti liberali, portandoci a guardare verso il futuro, curiosi di volare verso l'infinito e oltre", a cui dobbiamo, in ordine sparso, meraviglie del tipo di - e solo per restare ai lunghi - Toy story (1995); Finding Nemo (2003), The Incredibles (2004); WALL.E (2008); Up (2009); The brave (2012), sino al recente Inside Out (2015).
Suddiviso in snelli capitoli redatti secondo una logica tesa a restituire un impianto cronologico in parallelo (la vicenda Pixar è raccontata all'interno di un più ampio contesto di trasformazioni storiche e sociali), il testo di Grandi ci aiuta a comprendere non tanto e non solo l'itinerario fisico che ha reso possibile una sorta di congiuntura magica tra ideazione (immaginativa) e realizzazione (materiale), quanto, verrebbe da dire, la progressione sentimentale che ha guidato un pugno di persone appassionate e incontentabili - all'interno di un umanissimo (e molto americano, nella scansione/rievocazione epica del suo repertorio affidato alle testimonianze dei protagonisti rese in diverse interviste) andirivieni di folgorazioni e inevitabili ammaccature - a credere con fermezza nella possibilità di qualcosa (l'animazione digitale finalizzata alla creazione di, in linea generale, lungometraggi) che ai prodromi della sua gestazione era considerata poco o punto appetibile se non, persino, controproducente o del tutto inattuabile. Esemplificative, a supporto di quanto detto, risultano di fatto le parole (profetiche, potremmo aggiungere, come pure tipiche di un certo esprit e di una cultura) pronunciate dall'animatore Glen Keane a proposito dell'atteggiamento standard tenuto da uno dei grandi maghi di quella che sarebbe diventata la Pixar come la conosciamo, John Lasseter: "Non era mai stato fatto prima, ma per John non aveva importanza. Se non è mai stato fatto prima non significa che non si possa fare". Si dipana, così, accanto ad uno sfondo che puntella fissandoli per i principali capisaldi i cambiamenti incorsi nelle traiettorie della moderna tecnologia - spesso integrato da box esplicativi di approfondimento relativi alle metodologie più innovative, tali cioè da incidere sulla struttura e quindi sulle modalità a venire del linguaggio su cui vanno ad insistere - l'intrecciarsi di figure umane nuove e/o singolari (sapidi, a questo riguardo, i profili dedicati a Edwin "Ed" Catmull, uomo di scienza e gran appassionato di animazione, e allo stesso Lasseter), persone, come che sia, scopertesi avvezze a spostarsi con intraprendenza (e curiosità di cui sopra) su quel confine inedito e attualissimo che unisce/divide ma oggi come oggi fa sempre dialogare il tecnico con l'artista.
Crinale creativo, questo, illustra Grandi, utile ad inquadrare lo slancio di fondo della scommessa Pixar, il suo praticare un territorio comune a molti (l'animazione digitale), differenziandosi sempre da essi: dalla Disney, prima mentore ed acquirente, poi collaboratrice/rivale; dalla Dreamworks di Spielberg/Katzenberg/Geffen, concorrente diretta. Per non parlare della Marvel - sebbene in contesti diversi - impegnata più che altro a trasporre in ambito cinematografico un patrimonio di fantasia colossale. Scarto perseguito e mantenuto vivo dalla squadra di Emeryville (Ca) tenendo un occhio ben fisso alla tradizione (s'incontrano nelle opere di Lasseter, Bird, Docter, Unkrich, Stanton e soci, le suggestioni più disparate: dall'intatta fascinazione per le strepitose trovate cinetiche di pionieri come Chuck Jones e Tex Avery, a reminiscenze alte, mutuate, tra le innumerevoli, dall'Impressionismo, dall'Astrattismo, dal Futurismo, et.), l'altro ad aprirsi una breccia verso il futuro (nell'ambito delle tecniche, innanzitutto: pensiamo solo alle difficoltà/sfide superate, ad esempio, per dare leggerezza ma pure consistenza alla miriade di palloncini che dovevano sostenere l'impertinenza a volare della casetta del Sig.Fredricksen in "Up"; o per trasfondere fluida armonia all'imprevedibilità davvero ribelle della chioma fulva di Merida in "The brave", tenendo presente che "per produrre un'animazione ci vuole circa una settimana per quattro secondi di animazione ad animatore". Ma anche alla gigantesca mole di studi preparatori di carattere geografico, botanico, zoologico, fisico, meccanico, storico, etnologico, et., assemblati, volta per volta, con scrupolo d'altri tempi, allo scopo di delineare con precisione, all'interno di una solida cornice narrativa, le fisionomie psicologiche di ogni personaggio), e mani e piedi ben aggrappati alla convinzione per cui l'inventiva e' un processo che va vissuto come sforzo comune corroborato dalla combinazione/valutazione delle spinte originali apportate da ogni membro coinvolto in un progetto, a mo' di versione riveduta e corretta (oltreché iper-tecnologica) dell'utopia umanista vicina all'ideale dell'homo faber a trecentosessanta gradi. Per l'appunto questo pare, allora, alla fin fine, il vero impegno/intento auto-impostosi dalla Pixar. Qualcosa allo stesso tempo moderno e senza età; qualcosa di titanico e favoloso: non rassegnarsi ad accettare il mondo-com'è ma alimentare - ancora fa capolino la curiosità - l'immaginazione per animarne un altro reinventandolo, dandogli cioè - letteralmente - vita.
(Menzione di merito per la sezione che riassume e schematizza ogni aspetto dell'attività Pixar: dai cortometraggi e lungometraggi, ai documentari; dagli spot e bumper, alle esposizioni museali, et.).
TFK
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