Non c'è più religione
di Luca Maniero
con Claudio Bisio, Alessandro Gassman, Angela Finocchiaro
Italia, 2016
genere, commedia
durata, 90'
Nel paesino di Portobuio non nascono più figli: questo rappresenta un problema, soprattutto quando bisogna allestire il presepe vivente di Natale. Il sindaco Cecco, nato a Portobuio, emigrato nell'hinterland milanese e poi tornato nei luoghi dell'infanzia, si fa carico di trovare un infante cui affidare il ruolo del Bambin Gesù e non trova di meglio che rivolgersi alla comunità islamica che convive con una certa difficoltà con gli abitanti storici del paese. A capo di questo gruppo c'è Marchetto detto Bilal, amico di infanzia di Cecco convertito alla fede musulmana per amore della bella moglie Aida. Chiude il cerchio, o per meglio dire il triangolo, suor Marta, amica d'infanzia di Cecco e Bilal, poi diventata monaca, levatrice disoccupata e ristoratrice. Luca Miniero cerca di riproporre la formula di "Benvenuti al sud". "Non c'è più religione", però, pur firmato da tre professionisti come lo stesso Miniero, Sandro Petraglia e Astutillo Smeriglia, giovane autore di spassosi corti di animazione, abbandona non solo ogni realismo ma anche ogni congruenza logica, facendo approdare a Portobuio animali esotici e immigrati orientali apparentemente piovuti dallo spazio. Anche una favola, come questa si propone dichiaratamente di essere, deve avere un minimo di coerenza interna e un massimo di pertinenza al vero: qui l'unico dato reale è quello di partenza, ovvero che in Italia non nascono più bambini e il ricambio generazionale è assicurato solo dagli immigrati. Il resto è pura implausibilità e ignora gli aspetti spinosi di un problema davvero importante, dimenticando che la commedia italiana che tratta temi sociali di attualità, come sono quelli del calo delle nascite o dell'immigrazione poco integrata, ha il diritto, ma anche il dovere, di essere sferzante e dolorosa.
Portobuio, invece, è un paese bucolico in cui ci si può burlare di bambini sovrappeso, donne velate e cervelli in fuga senza mai affrontare, seppure in chiave ironica, l'aspetto drammatico di queste realtà. L'unica scintilla di credibilità è data dall'amicizia storica fra i tre protagonisti, che in alcuni momenti fa provare un brivido di nostalgia per le commedie profondamente italiane e generazionali come "Marrakech Express": l'affetto e la familiarità che proviamo verso i tre interpreti rendono quasi commoventi le loro scene insieme. Sarebbe dunque stato opportuno concentrarsi sulle dinamiche relazionali fra Cecco, Bilal e suor Marta, invece di perdere tempo a ricucire una trama sempre più improbabile, più lontana da qualunque riconoscibilità.
Riccardo Supino
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