Miss Hokusai
di Keiichi Hara
Giappone, 2015
Genere, animazione
Durata, 93’
Continua la rassegna “Hokusai, il monte Fuji, i luoghi e i volti del Giappone” presso la Fondazione Cineteca Italiana, Spazio Oberdan, con l’anteprima per l’Italia del film di animazione giapponese “Miss Hokusai” di Keiichi Hara.
Tratto dal manga “Sarusuberi” di Hinako Sugiura, “Miss Hokusai” racconta le vicende personali di Oei, figlia minore del secondo matrimonio del famoso pittore Katsushika Hokusai: ambientato durante la fine del periodo Tokugawa nel Giappone della prima metà del XIX° secolo, vediamo la giovane Oei alle prese con il suo silenzioso e ossessivo genitore, completamente dedito alla pittura. Infatti, Hokusai vive separato dalla moglie in uno studio, accudito dalla figlia e da un giovane aiutante. Lo spettatore segue le inquietudini di Oei, il dolce rapporto con la sorella minore cieca, la sua ricerca nel trovare la sua strada come pittrice, i turbamenti di donna che non conosce ancora il sesso e non sa cosa sia la passione. Ma il punto di vista di Oei diventa un luogo privilegiato per carpire anche l’arte di Hokusai, che visse fino ai 90 anni, accudito proprio da lei.
Nella realtà Katsushika Hokusai si sposò due volte: dalla prima moglie ebbe tre figli; dalla seconda altri tre, un maschio e due femmine. Il figlio divenne un poeta e un burocrate dello shogunato, mentre la figlia maggiore Onao morì da bambina. Oei era la figlia minore e divenne un’artista famosa per i ritratti femminili, il gioco delle ombre che inseriva nei suoi pochi dipinti arrivati fino a noi. In “Miss Hokusai”, Keiichi Hara e gli sceneggiatori si sono presi la licenza poetica di invertire la gerarchia tra le due sorelle, così da far diventare Oei la maggiore e Onao la minore. Questo ha aiutato indubbiamente lo sviluppo psicologico del personaggio che ne trae beneficio per le varie sfumature emotive e diviene anche un argomento di confronto con il padre che non vuole vedere la figlia cieca, rinchiusa in un convento.
Ma se il film ha molte licenze poetiche, ha anche altrettante descrizioni della realtà dell’epoca: innanzi tutto, la descrizione di Edo (che poi nel periodo successivo allo shogunato dei Tokugawa, quello Meiji, fu ribattezzata Tokio e divenne capitale dell’impero), con la sua folla variopinta di artigiani, contadini, samurai, donne e bambini; la centralità del ponte come punto di osservazione della vita quotidiana; il quartiere a luci rosse; il rapporto con i committenti delle opere e il lavoro degli artisti che non si limitavano a dipinti, ma alle più disparate produzioni che andavano dalle stampe, a biglietti, disegni, album di “manga” (fumetti con immagini e schizzi di vario genere), illustrazioni per libri; il rapporto tra uomini e donne, ma anche la libertà e il rispetto che godevano gli artisti.
Il doppio travaglio di donna e di artista è il tema forte di “Miss Hokusai” che si raddoppia con il confronto con il padre, figura ingombrante di genio e sregolatezza, sia come uomo sia come pittore e trova la sua compiutezza nelle linee dinamiche del disegno animato che riproduce questi stati d’animo interiori della protagonista.
Dal punto di vista estetico è un’operazione corretta quella della scelta del film di animazione: i “manga” sono parte integrante della cultura nipponica, lo stesso Hokusai produsse dei volumi di “appunti” disegnati per i giovani pittori, e quindi c’è una continuità temporale e artistica, una liaison tra il passato e il presente; così come è interessante raccontare la vita di uno dei più famosi pittori giapponesi attraverso gli occhi della figlia. Inoltre, pur se nelle linee del disegno si ritrova il tipico stile degli animegiapponesi, “Miss Hokusai” è arricchito da esplicite citazioni sia delle opere di Hokusai sia della figlia. Così abbiamo: “La Grande Onda di Kanagawa” dalla serie “Trentasei vedute del Monte Fuji” quando Oei e Onao compiono una gita in barca in mare aperto; i paesaggi innevati; i disegni fatti da Hokusai, riproducendo le smorfie del suo aiutante; la visita dalla geisha nella notte mentre il proprio spirito si separa dal corpo, il soprannaturale tema di molti disegni di Hokusai; il ponte di Edo che richiama quelli della serie “Vedute di ponti famosi”. Così come il gioco delle ombre all’interno dell’animazione, con eleganti passaggi dei personaggi tra le abitazioni, ricordano le opere di Oei come “Scena di notte in Yoshiwara”; oppure la delicatezza dei volti femminili riprendono i ritratti di cui la figlia del Maestro era considerata e apprezzata.
“Miss Hokusai” è un’opera riuscita e con una certa originalità che racconta un momento della vita di un grande artista colto come uomo e genitore oltre che mentore di sua figlia.
Antonio Pettierre
“Hokusai, il monte Fuji, i luoghi e i volti del Giappone”, Fondazione Cineteca Italiana, Spazio Oberdan, Sala Alda Merini a Milano dal 26 dicembre 2016 all’8 gennaio 2017.
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