Miss Peregrine- La casa dei ragazzi speciali
di Tim Burton
con Eva Green, Asa Butterfield, Ella Purnell, Samuel Lee Jackson
Usa, 2016
genere, fantasy, avventura
durata, 127'
Per quanto non sia la prima volta non ci era mai capitato di vedere in un film di Tim Burton una contrapposizione come quella presente in “Miss Peregrine – La casa dei ragazzi speciali”. Il riferimento è all’antitesi tra il mondo di tutti i giorni e quello che invece scaturisce dalla fantasia del regista in cui è possibile ritrovare gli argomenti principali della sua poetica. A cominciare da quello più ricorrente rappresentato dal tema della diversità, ancora in questo caso destinato a farla da padrone attraverso gli straordinari e per certi versi inquietanti poteri di cui sono dotati gli orfani che Miss Peregrine ospita e protegge nella sua fantomatica magione. Abituati ad apprezzare gli universi bartoniani nella loro funzione taumaturgica e, di conseguenza, nelle capacità assegnategli dall'autore di farsi parte in causa della ricomposizione dei motivi che ostacolano la felicità dei personaggi (così succede a Ed Wood che all’interno del set cinematografico si sente un regista come tutti gli altri, altrettanto capita nelle tele dipinte dalla Margaret Keane di “Big Eyes” dove l’alterità dei soggetti ritratti diventa patrimonio comune della società plaudente) non si può non notare l’insistenza con cui il regista segnala il passaggio tra le due dimensioni esistenziali, destinate a darsi il cambio nei continui dentro e fuori a cui si presta l’avventura sperimentata dal giovane Jake, il cui percorso di conoscenza e di crescita viene segnalato - dalla prima all’ultima immagine - con la presenza di pertugi e anfratti che permettono al protagonista di oltrepassare la soglia del quotidiano per entrare in quella dello straordinario e del fantastico individuata dal limbo spazio temporale in cui vivono e si rifugiano Miss Peregrine e i suoi bambini.
Depotenziato della componente onirica “Miss Peregrine” sotto questo punto di vista potrebbe essere una versione all’ennesima potenza di “Alice in Wonderland”, sennonchè a differenza di quest’ultimo – emotivamente stritolato dall’uso smodato degli effetti digitali – Burton ritrova di colpo l’antica ispirazione e, con questa, anche l’equilibrio tra forma e contenuto che gli impedisce, come gli era successo ultimamente, di farsi tramite di un cinema commercialmente omologato. Qui, al contrario, la voglia di raccontare i personaggi e di caratterizzarli secondo i diversi tratti delle loro personalità si sposa con una ricerca estetica dei costumi e delle acconciature (parte della storia è ambientata negli anni della seconda guerra mondiale) lontana dalla maniera estetizzante di certi titoli e invece volta ad approfondire le psicologie nel tentativo peraltro riuscito di non risolverle esclusivamente in superficie, attraverso il solito stordimento sensoriale.
Esempio ne sia il look di Emma Bloom, la cui capacità di volare trova corrispondenza nel colore azzurro della mise e nel giallo dell’ acconciatura, le cui cromie simili a quelle del sole e del cielo ci ricordano quanto sia profonda la simbiosi tra la persona e il proprio potere. Questo per sottolineare come nel nuovo Tim Burton a contare non sia solo la qualità dello spettacolo, esaltata soprattutto nella seconda parte dal perfetto mix di artigianalità e tecnologia che contraddistingue le sequenze in cui i protagonisti sono impegnati a sfuggire dalle grinfie dei mostruosi Vacui ma anche e soprattutto la tenuta drammaturgica che sotto i codici del cinema di genere (non solo fantasy e horror ma anche melò) riesce a far pulsare i sentimenti che mette in scena. Primo fra tutti quello struggente derivato dalla sovrapposizione tra la condizione dei bambini perseguitati, con l’altra, quella vera, di chi fu oggetto dello sterminio nazista (parte della storia è collocata nell’epoca della seconda guerra mondiale), rievocato nelle gesta che inducono Miss Peregrine ad occultare l’esistenza dei bambini, sottratti ai loro carnefici dal limbo temporale che li costringe a vivere un’eterna giovinezza. Il tutto in una perfetta simbiosi tra sacro e profano che fanno del film di Tim Burton uno dei migliori mainstream della stagione.
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