Anna Piaggi: una visionaria della moda
di Alina Marazzi
genere, documentario
Italia, Svizzera
durata, 52'
Il cinema di Alina Marazzi attraversa l’universo femminile con un’intenzione molto chiara che è quella di presentarci ritratti di donne straordinarie. Così fu sua madre, “recuperata” dai filmini di famiglia (i cosiddetti home movies) e fatta rivivere attraverso i fotogrammi dello struggente e catartico “Un’ora sola ti vorrei” (2002), esordio cinematografico che nell’originale utilizzo dei materiali d’archivio e nelle caratteristiche low cost della sua realizzazione apriva la strada al nuovo corso del documentario italiano. Così lo erano le femministe ante litteram di “Vogliamo anche le rose” (2007) dove in un profluvio di materiali d’archivio di diverso formato e provenienza si dava voce alle istanze del movimento femminista che negli anni settanta lottava per affermare i diritti delle donne e della sessualità femminile. A chiudere il cerchio di un’ideale trilogia documentaria arriva in anteprima sugli schermi del cinema Oberdan di Milano - a cura della Fondazione Cineteca Italiana di Milano - “Anna Piaggi: Una visionaria della moda” dedicato a una delle figure fondamentali della moda italiana e internazionale che, a partire dagli anni 60 e fino all’inizio del nuovo millennio, in veste di scrittrice e giornalista e come musa ispiratrice di alcuni dei più importanti stilisti dell’epoca (tra cui Karl Lagerfeld con cui la Piaggi ebbe una lunga e fertile amicizia) testimoniò e in molti casi fu ispiratrice della creatività e dei cambiamenti dell’abbigliamento e del lusso in voga nel vecchio continente.
Strutturato in ordine cronologico, con immagini d’epoca e accompagnamenti musicali che segnalano allo spettatore il passaggio al periodo storico successivo, “Anna Piaggi: Una visionaria della moda” lascia spazio alla voce della protagonista e a quella di coloro - parenti, colleghi e creatori di moda - gli furono accanto per presentarci un personaggio fuori dal coro, capace di cogliere lo spirito dei tempi e di anticiparlo con un perspicacia che in parte fu il frutto di un’indole a dir poco estroversa e di una dimensione esistenziale predisposta al movimento e alla contaminazione delle forme d’arte più disparate, puntualmente riprodotte nei capi indossati dalla stessa Piaggi, pronta a sfoderare con naturale disinvoltura mise eccentriche e originali sia nelle occasioni private e nei viaggi che videro la Piaggi soggiornare per lungo tempo nelle capitali della moda europea o nelle uscite organizzate con i compagni di una vita, che in quelle mondane, rappresentate dagli impegni di lavoro che la videro in prima linea durante le sfilate di moda o nelle pagine delle riviste che diresse con un carisma e una competenza che gettò le fondamenta per la crescente importanza assunta dalle riviste di moda e dalle loro direttrici (una su tutte Anne Wintour, plenipotenziaria di Vogue America) nei meccanismi di promozione e di vendita dei prodotti legati all’universo del fashion e alla moda. Dietro le forme di una regia discreta ma coinvolta la Marazzi lascia traccia di sé nella scelta di una struttura cinematografica che può considerarsi una sintesi dei lavori precedenti non solo per la mescolanza di materiali (come per “Vogliamo anche le rose” compaiono anche inserti d’animazione) assemblati con una fantasia e un divertimento che rimanda direttamente alla personalità della Piaggi, ma anche per la scelta di impaginare l’archivio visivo all’interno di una cornice affettiva rappresentata dal desiderio della nipote - presente nel film con inserti girati in stile fiction - della protagonista di ritornare con la memoria alla vita della celebre parente. Una ricerca del tempo perduto simile a quello messo in scena dalla stessa Marazzi ne “Un’ora sola ti vorrei”.
(pubblicata su TaxiDrivers.it)
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