X-Men: Apocalisse
di Bryan Singer
con Jennifer Lawrence, James McAvoy e Michael Fassbender
USA, 2016
genere, fantasy, avventura
durata, 143'
Se uno si limitasse a leggere la sceneggiatura dell’ultimo episodio della saga degli X-Men senza avere la possibilità di vederlo vivere sullo schermo, ci sarebbe il rischio di fare confusione e ancor peggio di non capirci nulla. Perché a fronte di una trama che ricalca con poche varianti lo schema principe dalla serie e cioè la difesa dell’umanità da parte del professor Xavier e dei suoi studenti impegnati a combattere contro i mutanti malvagi intenzionati a distruggerla, “X-Men: Apocalisse” compie l’ennesimo salto temporale collocandosi in un’epoca – l’inizio degli anni ottanta, cronologicamente discontinua rispetto a quella del film precedente, ambientata in un futuro distopico che a sua volta metteva in naftalina gli anni sessanta utilizzati da “X – Men: l’inizio” per l’ennesima rivisitazione delle origini del super gruppo. In più, lo sfortunato lettore si troverebbe a doversi raccapezzare con un restyling che all’insegna della novità a tutti costi mette insieme una squadra nuova di zecca in cui, accanto alle vecchie glorie a farsi largo sono le versioni ringiovanite e corrette di alcuni degli X-Men più conosciuti come Ciclope, Marvel Girl e Tempesta.
In realtà, come sanno bene gli appassionati della Marvel, una delle specialità della casa è proprio quella di non far pesare in termini di comprensibilità le varie licenze poetiche messe insieme dagli sceneggiatori di turno. Così, poco importa l’eterna giovinezza di taluni personaggi (Magneto, per esempio, sopravvissuto ai campi di sterminio e arrivato ai nostri giorni con il volto e il fisico di uno splendido quarantenne), l’instabilità fisiognomica di altri, soggetti al continuo cambio degli attori chiamati a interpretarli, così come l’incongruenza di un cattivo (Apocalisse) costretto a una precarietà che la sua natura divina non dovrebbe contemplare, soprattutto se a provocarla sono eroi comunque mortali. A contare è infatti la capacità di reinventarsi che trova negli elementi mitopoietici della narrazione una qualità che altrove - vedi gli Avengers – è sostituita da quella serialità di cui invece i mutanti fanno a meno. Synger oltre al mestiere ci mette qualcosa della sua fantasia: guardate la sequenza in cui il regista sulle note della Sweet Dreams cantata dagli Eurythmics organizza un salvataggio a passo zero in cui Quicksilver mette in salvo il resto della compagnia. Peccato che di scene così c’è ne siano poche perché se così fosse “X-Men: Apocalisse” sarebbe davvero un capolavoro.
di Bryan Singer
con Jennifer Lawrence, James McAvoy e Michael Fassbender
USA, 2016
genere, fantasy, avventura
durata, 143'
Se uno si limitasse a leggere la sceneggiatura dell’ultimo episodio della saga degli X-Men senza avere la possibilità di vederlo vivere sullo schermo, ci sarebbe il rischio di fare confusione e ancor peggio di non capirci nulla. Perché a fronte di una trama che ricalca con poche varianti lo schema principe dalla serie e cioè la difesa dell’umanità da parte del professor Xavier e dei suoi studenti impegnati a combattere contro i mutanti malvagi intenzionati a distruggerla, “X-Men: Apocalisse” compie l’ennesimo salto temporale collocandosi in un’epoca – l’inizio degli anni ottanta, cronologicamente discontinua rispetto a quella del film precedente, ambientata in un futuro distopico che a sua volta metteva in naftalina gli anni sessanta utilizzati da “X – Men: l’inizio” per l’ennesima rivisitazione delle origini del super gruppo. In più, lo sfortunato lettore si troverebbe a doversi raccapezzare con un restyling che all’insegna della novità a tutti costi mette insieme una squadra nuova di zecca in cui, accanto alle vecchie glorie a farsi largo sono le versioni ringiovanite e corrette di alcuni degli X-Men più conosciuti come Ciclope, Marvel Girl e Tempesta.
In realtà, come sanno bene gli appassionati della Marvel, una delle specialità della casa è proprio quella di non far pesare in termini di comprensibilità le varie licenze poetiche messe insieme dagli sceneggiatori di turno. Così, poco importa l’eterna giovinezza di taluni personaggi (Magneto, per esempio, sopravvissuto ai campi di sterminio e arrivato ai nostri giorni con il volto e il fisico di uno splendido quarantenne), l’instabilità fisiognomica di altri, soggetti al continuo cambio degli attori chiamati a interpretarli, così come l’incongruenza di un cattivo (Apocalisse) costretto a una precarietà che la sua natura divina non dovrebbe contemplare, soprattutto se a provocarla sono eroi comunque mortali. A contare è infatti la capacità di reinventarsi che trova negli elementi mitopoietici della narrazione una qualità che altrove - vedi gli Avengers – è sostituita da quella serialità di cui invece i mutanti fanno a meno. Synger oltre al mestiere ci mette qualcosa della sua fantasia: guardate la sequenza in cui il regista sulle note della Sweet Dreams cantata dagli Eurythmics organizza un salvataggio a passo zero in cui Quicksilver mette in salvo il resto della compagnia. Peccato che di scene così c’è ne siano poche perché se così fosse “X-Men: Apocalisse” sarebbe davvero un capolavoro.
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