La sposa bambina
di Khadija Al-Salami
con Adnan Alkader, Rana Mohammed, Reham Mohammed
EAU, FRA, YEM
genere: drammatico
durata: 99'
Il destino di Nojoom, che in yemenita significa "le stelle", è segnato fin da quando, poco dopo la sua nascita, il padre cambia il suo nome in Nojoud, "nascosta", e, pur amandola, la consegna alle regole non scritte della convivenza nello Yemen, che comportano una totale sudditanza delle femmine rispetto ai maschi. Quando Njoud compie 10 anni il padre, in una negoziazione condotta solo fra uomini, la dà in sposa a un uomo che ha almeno trent'anni più di lei. Lo sposo promette al suocero di prendersi cura della bambina e di aspettarne la pubertà prima di consumare il matrimonio. In realtà, appena sottratta alla casa del padre, la violenta e la costringe a servire la suocera, picchiandola quando la bimba disobbedisce. Per fortuna Nojoom è uno spirito indomito e, trovata la via di fuga dal villaggio arcaico in cui l'ha segregata il marito, si reca al tribunale di Sana'a, dove chiederà il divorzio.
"La sposa bambina" è l'esordio al lungometraggio di finzione di Khadija Al Salami e si basa sul romanzo autobiografico di Nojoud Ali, scritto insieme alla giornalista Delphine Minoui. La storia che racconta rappresenta anche, in un certo modo, quella della regista stessa, andata in sposa a 11 anni ad un uomo di oltre vent'anni più grande, dal quale Khadija ha trovato il coraggio di affrancarsi. La conoscenza profonda dei luoghi e della mentalità che Al-Salami racconta rendono "La sposa bambina" un documento autentico nel rappresentare una pratica retrograda come il matrimonio combinato che coinvolge bambini. La regista non commette l'errore di semplificare la storia e rende giustizia sia alla complessità della società yemenita che alle oggettive difficoltà cui tentano di sopravvivere i suoi abitanti più poveri. A questo scopo Al-Salami costruisce una sceneggiatura stratificata che inizia nel presente, ripercorre il passato e poi ci fa rivedere quello stesso passato dal punto di vista del padre, senza giustificarne le scelte ma contestualizzandone le motivazioni. Tutta la famiglia di Nojoom/Nojoud è vittima della miseria, dell'ignoranza e di imposizioni sociali che portano i più deboli e poveri a vivere una situazione di iniquità. In quest'ottica anche il collaborazionismo femminile, che perpetua l'oppressione di madre in figlia, trova una sua cornice e una sua spiegazione.
Le figure maschili e femminili sono disegnate in maniera articolata e rappresentano livelli diversi di consapevolezza e di emancipazione. Al centro c'è Nojoom che, come Malala, fa la storia, rifiutandosi di soccombere alle restrizioni che reprimono il suo genere e la sua giovane età.
Purtroppo, però, la magia che Khadija Al-Salami ha saputo creare grazie alla sua combattente svanisce nel momento in cui si aprono le porte del tribunale e il giudice spiega alla famiglia della ragazzina e a uno sceicco perché i matrimoni infantili siano sbagliati. Diventando improvvisamente un film più adatto alla televisione che al cinema, "La sposa bambina" si fa didascalico, a tratti perfino semplicistico. Bisogna anche tener conto, però, che la nostra sensibilità è diversa da quella del pubblico yemenita, a cui è indirizzato il film. Fra tante affermazioni a un primo sguardo ovvie, emerge un concetto fondamentale: tra i principi della legge islamica vige anche l'obbligo di difendere i più deboli e i bambini fanno parte di questa categoria. La pellicola lascia questo spunto di riflessione.
Riccardo Supino
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