martedì 24 maggio 2016

LE ANTEPRIME DE ICINEMANIACI: THE NICE GUYS

The Nice Guys
di, Shane Black
con, Russel Crowe, Ryan Gosling, Angourie Rice
Usa, 2016
genere, commedia
durata, 93'


Oltremodo folle nel demolire le istanze del cinema d’azione classico, The Nice Guys diviene il fiero paladino di uno stile, quello identificativo del suo regista, complesso nella sua apparente semplicità. Lo svolgersi di un plot serrato, ricco in dialoghi che si susseguono a ‘mo di proiettili, sferzando l’immobilismo in cui si sarebbe rischiati di incedere riportando in vita un periodo così particolare (quello dei ‘70s), costringe i due sceneggiatori ad imperniare l’intera vicenda sui due, prorompenti, protagonisti. Nice Guys è il proseguimento di un’ideale di cinema che Shane Black rincorre sin dai primordi, esemplificato in particolar modo in Kiss Kiss Bang Bang, il quale condivide con la sua nuova opera l’impostazione binaria della sceneggiatura. Russel Crowe, gigioneggiante nella ridicola serietà del suo ruolo, sembra avvicinarsi sempre più alla corporeità del caratterista John Goodman – pur limitandosi, per esigenze di copione, nell’inventiva mimica, contrariamente al suo collega Gosling, avulso da ogni pragmatismo, immerso nella follia di una condizione lavorativa miserrima, vissuta con lucidità ed apparente ottimismo. Il loro incontro/scontro fortuito li trascinerà in una corsa che riserverà una buona dose di dinamismo e originalità, intralciati nel loro cammino da un parterre figurativo dall’incisività ridotta, eccezion fatta per Angourie Rice, la giovane interprete che da il volto al comprimario maggiormente caratterizzante. Frenetico nelle adrenaliniche scene d’azione, sapientemente calibrato negli ingredienti registici, con un’attenzione particolare all’atmosfera ricreata ad hoc per immergerci con totalità nella Los Angeles dei settanta, il film si discosta notevolmente dalla mole materica di patinati ed insulsi tentativi puramente ricreativi sommergenti le sale nostrane in tali mesi dell’anno, contagiandoci in una risata collettiva difficilmente obliabile e mai urticante. Il reale moto innovativo della pellicola resta, difatti, l’ironia che serpeggia, latente o più spesso in superficie, e sovente si muta in cinismo, mai scaturente dal trucido, neppure una volta scatologico o fine a sé stesso. 

Lo humour Blackiano si discosta totalmente dal pacchiano, non è kitsch come le ambientazioni in cui viene perpetrato, si insinua nel sottopelle spettatoriale, lasciandosi dietro una piccola scia che comporterà, con ovvia necessità, un rilascio graduale ma inesorabilmente sfociante nel riso più godurioso. La sequenza ambientata all’interno dell’ascensore sarà valevole come dimostrazione dell’intento irrisorio perpetrato dal regista nei confronti di un genere risultante spesso stucchevole nel suo  volersi eccessivamente prendere sul serio, dimenticando la funzione di goliardia ed intrattenimento dello stesso: in un turbinio di acrobazie fuor di logica, giochi di visto-non-visto al limite del parodico, e sapiente misura di sguardi e gesti – il tutto condito da una colonna sonora non altisonante, utile a sottolineare i momenti  adrenalinici e mai realmente troppo invasiva, Black risolve in maniera lampante una sequenza che, in altre mani, avrebbe fruttato un risultato fuor di dubbio aberrante nella sua pochezza, ricorrendo ad inquadrature particolareggiate che pongono al centro dell’attenzione i due protagonisti, pur riuscendo nell’intento difficoltoso di non oscurare mai lo sfondo, luogo privilegiato per l’azione comica. 

Perché se nello sfondo, come la commedia classica e il genere parodistico ci insegnano, si viene a creare un mondo altro, più spinto nella propria irrisione rispetto al proscenio, in primo piano si muove la vicenda dei due semi-improvvisati investigatori, sorretta da un impianto solido, con il piede costantemente premuto sull’acceleratore del sarcasmo. Black decreta così la presenza di una piccola, spesso oscurata, anomalia nel campo hollywoodiano dell’action, e sviluppa uno stile così riconoscibile, in un genere pronto a fruttare, si spera, nuove sorprese.
Alessandro Sisti

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