sabato 24 febbraio 2018

THE DISASTER ARTIST


The Disaster Artist
di James Franco
con James Franco, Dave Franco, Seth Rogen, Alison Brie, Josh Hutcherson, Zac Efron
USA, 2017 
genere, commedia
durata: 104’


In “The Disaster Artist”, il regista James Franco porta sullo schermo la vera storia a tratti comica dell’aspirante attore e regista di Hollywood, Tommy Wiseau.  Il film racconta il backstage della lavorazione del film “The Room” del 2003, film divenuto un cult, ma passato alla cronaca come uno dei film più brutti della storia del cinema. Franco gira il film dal punto di vista di Greg Sestero (interpretato da Dave Franco, il fratello di James), che aspira a divenire un attore hollywoodiano e chiede aiuto a Wiseau, divenendone amico inseparabile.

James Franco decide di parlarci di Tommy Wiseau (“Tommy non Thomas” urlerà Franco all’inizio del film), artista eccentrico con scarso talento, ma grande faccia tosta, e, soprattutto, assoluta noncuranza delle critiche altrui. E’ molto ricco, pieno di soldi e di immobili (una casa a Los Angeles, un’altra a San Francisco), ma non si conosce la provenienza di tanto denaro e neanche la sua data di nascita e la sua città di origine.

Il mistero fitto che avvolge Wiseau si avverte in tutta la storia, nella sua parlata con accento strano e improbabile, assolutamente non americano (il film è stato visto in lingua originale) per poi proiettarsi nella stessa sceneggiatura del suo film “The Room”. “The Room” è la realizzazione del suo sogno e per poterlo esaudire il regista produttore attore e sceneggiatore Wiseau investe molti milioni di dollari, addirittura acquistando e non noleggiando (come è prassi),  le apparecchiature tecniche per girare il lungometraggio.


Il film si basa  sul best seller di Greg Sestero, ma in realtà la sensazione che si avverte per tutto la durata del film è quella di ridicolizzare Tommy Wiseau anche attraverso l’esaltazione dell’assoluta bravura di James Franco nel somigliargli. Si sente il giudizio negativo del regista e attore sullo stesso Wiseau e ciò lo si avverte ancor più profondamente quando nei titoli di coda sono mostrate in parallelo le sequenze vere di “The Room” e quelle di “The Disaster Artist”. Parallelismo realizzato da Franco proprio al fine di evidenziare allo spettatore quanto in realtà fossero veramente orribili le scene di “The Room” e quanto, di converso, lui, Franco , sia stato egregio nel riproporre le stesse  in maniera fedelissima come in uno specchio. Il video è infatti affiancato ma con audio sovrapposto per sottolineare la loro assoluta sincronia. Le scene del film originale, accanto a quelle girate da lui, sono infatti praticamente identiche. La chiosa del regista sembrerebbe essere questa: io sono solo una copia, Wiseau è il brutto originale e eccezionale.

L'attore/regista dimostra pertanto di aver studiato in maniera certosina sia l'accento che la cadenza del disastroso Wiseau, immergendosi in maniera talmente intensa che spesso si fa fatica a rinvenire  differenze fra i due.

Non si comprende però quale sia stata la reale motivazione che ha ispirato il regista a mettere in scena questa storia, se non forse per mero esercizio stilistico al fine di provare e confermare quanto Wiseau fosse privo di talento e quanto invece ne avesse James Franco nel rappresentare questo personaggio.

Il messaggio che passa all’occhio ed al cuore dello spettatore è solo questo: l’assoluta mancanza di talento di Wiseau, la sua pessima recitazione e le sue urla sgraziate nel suo esprimersi, buttate lì, solo per attirare l’attenzione del pubblico. Attenzione che cattura comunque alla sua premiere di “The Room”, in cui Franco ci mostra un Wiseau che piange quando si accorge che il pubblico sta ridendo di lui e della sua sceneggiatura, nonché della sua interpretazione. Ma non appena Greg (Dave Franco) gli fa notare che invece il pubblico “si sta divertendo grazie a lui” e “non sta ridendo di lui”, Wiseau sembra credergli profondamente e convincersi di aver fatto qualcosa di buono a Hollywood.

Un film autoreferenziale che parla di un altro film (“The Room”) che già di per sé non aveva avuto nulla da comunicare al pubblico. Il risultato è conseguentemente la sinergia e l’identificazione tra due “vuoti”: infatti anche lo stesso film di Franco non comunica assolutamente nulla, neanche sotto il profilo emozionale, ostentando solo mera erudizione.  O forse una semplice superfetazione.
Michela Montanari

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