Sono tornato
di Luca Miniero
con: Massimo Popolizio, Frank Matano,
Italia, 2018
genere: commedia
durata: 100’
Il 28 aprile 2017, al centro di Piazza Vittorio, cuore multietnico della Capitale, si materializza il Duce in persona, risorto proprio nel giorno della sua morte. Dopo un breve smarrimento iniziale, Mussolini decide di riprendere in mano le redini del Paese e, invece di venire rinchiuso in un ospedale psichiatrico accanto al matto che si crede Napoleone, viene trovato da un aspirante documentarista, Andrea Canaletti, che lo crede un attore perfettamente in parte. Andrea presenta il Duce ai dirigenti del canale televisivo con cui collabora da eterno precario, i quali creano un programma ad personam: un nuovo balcone dal quale Mussolini potrà affacciarsi per parlare alle masse. Luca Miniero riprende la trama della commedia tedesca “Lui è tornato”, a sua volta adattamento cinematografico dell'omonimo best seller, sostituendo il Duce al Fuhrer. Ciò che cambia non è, dunque, la trama di base, ma la reazione della gente a uno straordinario Massimo Popolizio in camicia nera: nei molti inserti girati da Miniero nella Roma contemporanea, intervistando i passanti e filmando le loro reazioni alla vista del Duce, non c'è orrore ma spesso approvazione e complicità.
La potenziale efficacia del film, tanto comica quanto pedagogica, è vanificata dalla scelta fatta da Miniero e dagli autori della sceneggiatura, di non affrontare mai l'ideologia fascista nella sua pericolosità, per concentrarsi sulla figura di un uomo che si esprime per frasi celebri: frasi che, tolte dal contesto, possono apparire come perle di saggezza. Nel costruire una galleria "super partes" degli imitatori del Duce, composta in rapida sequenza da Craxi, Berlusconi, Renzi, Salvini e Grillo, “Sono tornato” manca di identificare una comune deriva politica, per sottolineare unicamente una reiterata gestione personalistica del potere. In questo modo il pericolo per la democrazia viene identificato più nel culto della personalità che nella tendenza italica al populismo demagogico e alla delegazione della propria responsabilità individuale al capo di turno. L'unica scena davvero interessante, quella in cui Mussolini visita un circolo neofascista e ne critica la mancanza di ideologie, è in realtà la recensione più efficace al film di Miniero.
Parallelamente, come commedia “Sono tornato” si mantiene ai margini scansando tutte le opportunità di fare vera satira, di illuminare le contraddizioni del nostro tempo, aderendo di fatto a quel qualunquismo che sembrerebbe denunciare. L'intuizione intelligente di intessere nei dialoghi di Popolizio una serie di frasi pronunciate davvero dal Duce, privata di un contraltare critico, si riduce ad un elenco di aforismi. Non aiuta la scelta di affiancare a lui, che correttamente conserva una recitazione teatrale dolente, Frank Matano, che bene incarna la pochezza della contemporaneità ma non è in grado di uscirne al momento opportuno. “Sono tornato” mette in mostra il qualunquismo italiano senza chiamarsene fuori; identifica il male nei mass media più che nel dittatore di turno, elenca le derive aberranti del fascismo, l'omofobia, il razzismo, l'antisemitismo, senza delineare il pensiero politico che le sottende. In questo modo non è un monito affinchè la storia non si ripeta, né un’ironia nei confronti di certi ragionamenti tanto popolari ai nostri giorni. Non è nemmeno abbastanza politically incorrect da fare veramente ridere, limitandosi a dipingere la nostra epoca come più confusa che amorale, più solitaria che egocentrica, più teneramente nostalgica che tenacemente reazionaria.
Riccardo Supino
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