lunedì 19 febbraio 2018

SLUMBER: IL DEMONE DEL SONNO


Slumber: il demone del sonno
di Jonathan Hopkins
con Maggie Q, Kristen Bush, Sam Troughton
USA, 2017
genere, horror
durata, 84’


Da bambina, Alice è stata testimone della morte del fratellino sonnambulo, preda di strane visioni. Adesso Alice, felice madre di famiglia, è una dottoressa e si occupa di disturbi del sonno in un ospedale specializzato. Una famiglia molto turbata, quella dei Morgan, viene a chiedere il suo aiuto professionale. Uno dei figli è morto nel sonno e un altro, Daniel, cammina e parla nel sonno, a volte urla. Inoltre, tutta la famiglia, compresa la sorellina di Daniel, soffre di turbe del sonno. Alice rivede nel piccolo Daniel sintomi analoghi a quelli del fratellino morto e ne è turbata. Anche lei comincia ad avere disturbi del sonno e crisi di sonnambulismo. Nel clima asettico dell'ospedale inizia l'osservazione del sonno dei Morgan. C'è fiducia, ma Daniel teme che ciò che lo turba torni.

L'universo onirico è da sempre terreno fertile per il cinema dell'orrore. Sogni e incubi permettono di rappresentare un immaginario macabro e suggestivo di sicuro effetto: l'irruzione del sogno nella realtà e viceversa, con confini incerti e frastagliati, ha suggerito negli anni concezioni visionarie di grande impatto.


Nel caso di questo film, l'approccio non è molto diretto, secondo il vecchio e sempre valido principio che meno si vede e maggiore è l'inquietudine: il "mostro" è elusivo e sfuggente, potrebbe addirittura non esserci. I riferimenti alla pittura di Füssli ne suggeriscono una concezione persuasiva, ricollegata a paure ancestrali: il sonno è in effetti una sorta di abbandono momentaneo a qualcosa che assomiglia alla morte e il risveglio non è così scontato. Da questo punto di vista il film funziona e in più di qualche momento riesce a tenere alta la tensione, grazie anche a una buona gestione dei jump scares. Meno valida è la gestione della credibilità della storia, soprattutto nel comportamento dei personaggi, che più di qualche volta si segnala come incongruo, a partire dal fatto che per essere un ospedale in cui si deve osservare il comportamento dei pazienti durante il sonno, si verificano un po' troppe distrazioni. Anche l'inserimento di personaggi pittoreschi, come il nonno dell'addetto alle pulizie, con funzioni piattamente espositive e di deus ex machina, nuoce un po' alla forza drammatica della storia. 

L'esordiente Jonathan Hopkins mostra buone qualità soprattutto nella creazione di un clima cupo e ossessivo, nel quale ogni soluzione sembra impossibile: in alcuni momenti è anche bravo nel dipingere la frenesia surreale e ossessiva dei sogni che si trasformano in incubi, mentre altrove si muove su binari più prevedibili, sempre comunque con discrete capacità nella regia. La soluzione finale non sorprende, ma si può apprezzare la concisione del film, che non si perde in lungaggini e mantiene un buon ritmo.

Convincente la prova di Maggie Q, che conferisce pathos a un ruolo, quello della protagonista, non sempre sufficientemente approfondito in fase di sceneggiatura. Un po' sopra le righe, invece, Sylvester McCoy.
Riccardo Supino


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