L'anteprima italiana de "Il meccanismo delle ombre", opera prima di Thomas Kruithof , avvenuta nell'ambito della nuova edizione de Rendez Vous Nuovo Cinema Francese ci ha dato modo di incontrare Alba Rohrwacher che del film è la protagonista femminile.
Nella messa in scena del film Thomas Kruithof suggerisce più che esplicitare mentre il tuo ruolo costruito per sottrazione mi sembra non offrisse molte informazioni a cui tu potessi riferirti. Detto questo volevo chiederti come sei riuscita a trovare il tuo personaggio.
La sceneggiatura era molto chiara, i movimenti psicologici dei personaggi li riuscivi a seguire nonostante fossero contenuti. Grazie alla scrittura, una grandissima scrittura, capitava che si arrivasse al momento del ciak conoscendo il vissuto dei protagonisti e che il risultato di questa consapevolezza creasse qualcosa di molto teso e preciso. Non abbiamo lavorato sull’improvvisazione. ma abbiamo fatto di tutto per rendere credibili - parlo delle mie scene - e misteriosi i personaggi. La qualcosa mi sembra riuscita perché rispetto al rapporto tra Duval (Francois Cluzet) e Sara nessuno può dire se il loro sia un legame d’amore o d’amicizia. Di sicuro sappiano che è l’incontro di due grandissime solitudini. Una, quella di Duval, il protagonista della storia, è una solitudine blindata, l’altra, quella di Sara è invece capace di grande umanità ed è ciò che darà all’uomo la forza di compiere azioni inaspettate.
Qual’è la cosa che ti ha convinto ad accettare la parte.
Ho deciso di fare questo film per la qualità della sceneggiatura e poi perché il polar era un genere a cui non avevo mai partecipato. In più, trattandosi di un film francese c’era la sfida di recitare in un’altra lingua. In realtà sul set ho scoperto un regista capace (l’esordiente Thomas Kruithof), con un punto di vista molto specifico rispetto alla storia e con riferimenti cinematografici che io condividevo. Per non dire della possibilità di confrontarsi con un grande attore come Cluzet che non capita tutti i giorni.
Volevo chiederti se Kruithof ha lavorato sul tuo accento perché tu sei bravissima ma si sente che non sei francese.
No, assolutamente. Nel film il mio accento potrebbe far pensare a un timbro di voce tipico dell’est europa, in realtà il modo di esprimersi di Sara è abbastanza neutro e questo, paradossalmente, ha giocato un punto a favore del mistero di cui in qualche modo la ragazza si faceva portatrice.
A proposito di Sara a quali film ti sei ispirata.
Più che io penso che tutto dipenda dallo sguardo del regista: Thomas si rifà chiaramente a un certo cinema degli anni settanta e per esempio a “Il Maratoneta”, con Francois Cluzet che assomiglia non poco al personaggio interpretato da Dustin Hoffman. Parliamo di riferimenti evidenti, che è possibile rintracciare nei passaggi della trama ma anche di altri, più sottili e meno lampanti che appartengono ai colori e all’essenzialità della messinscena: in questo schema Sarà rappresenta quella fuori dal coro. Aggiungo che mentre il film si realizzava mi sono resa conto di quanto Thomas sia in grado di compiere scelte precise ma sempre discrete ed eleganti, mai sottolineate o insistite. Queste secondo me fa di lui un grande regista e de “La meccanica delle ombre” un buon film.
Come ti sei trovata a lavorare con Francois Cluzet.
Ho conosciuto Cluzet il giorno delle prove, quello in cui era prevista la lettura del copione. Siccome la mia era una piccola parte pensavo che tutto si sarebbe risolto in poco tempo invece la cosa è andata avanti per l’intera giornata in virtù della generosità di Cluzet, il quale convinto della bontà del progetto si e messo al servizio della storia e del personaggio in maniera totale. Sono rimasta davvero ammirata per la sua dedizione: nei miei confronti è stato molto partecipe, aiutandomi a superare le difficoltà dovute al fatto che in quel momento non conoscevo ancora bene il francese. Il segnale di quanto seriamente abbia sposato la causa del film la si vede nell’eccellenza della sua interpretazione, in grado, da sola, di reggere l’intero film.
Per quanto riguarda l’associazione degli alcolisti anonimi di cui Duval e Sara sono frequentatori volevo chiederti in che modo ti sei preparata
Io non la conoscevo e non vi ho mai partecipato però anche in questo caso il regista non aveva intenzione di raccontare il fenomeno degli alcolisti anonimi. Il suo obiettivo era quello di far emergere gli aspetti legati al percorso di riabilitazione dei personaggi attraverso gli eventi del film e il comportamento di Sara e Duval. Per spiegarmi meglio mi viene in mente la battuta di Sara a proposito del suo “brindare con la limonata”: è una cosa piccolissima ma indicativa del suo stato d’animo perché la voglia di scherzare su un fatto tanto importante ci comunica che il personaggio è oramai fuori dal problema. In un istante e senza dirlo in maniera diretta il regista ci rivela l’universo esistenziale dentro cui si muove la ragazza.
In questo senso Sarà sembra una donna attaccata alle regole.
Si, è vero, lei vuole delle regole poi però è quella che spinge Duval a infrangerle. Sara lo provoca in continuazione domandandogli quali sono le cose che gli sono consentite e se per esempio agli alcolisti anonimi è permesso come fanno loro di vedersi al di fuori del contento terapeutico. Sara è l’unico personaggio che fa mette in pratica ciò che sente e che, pur sbagliando, non si tira mai indietro; Duval invece sembra un personaggio kafkiano, bloccato e inerte rispetto alla vita eppure capace di ribellarsi al proprio destino in virtù dell’umanità che Sara gli trasmette.
Quando parli del film si capisce la tua soddisfazione nell’averlo fatto.
E’ vero. Kruithof mi ha voluta dopo aver visto i miei film e dopo averlo incontrato ho capito che aveva un punto di vista preciso su ciò che voleva realizzare. Come ti ho detto, mi sono piaciuti personaggio e sceneggiatura ma fare un film è come una crociata, è un atto di coraggio e dunque ci vuole qualcuno in grado di trasmetterti questo coraggio. Kruithof l’ha fatto e io sono stata felice di aver partecipato alla sua avventura.
Adele De Blasi, Carlo Cerofolini
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