Festival del film di Roma 10 giornata
Nightcrawler
di D. Girloy
USA 2014
durata, 117'
L'ennesimo assaggio di come e quanto la cosiddetta informazione può essere volutamente manipolatrice e orgogliosamente cialtrona, l'avevamo avuto nemmeno una settimana fa incrociando le vicende dei protagonisti di "Gone girl" di Fincher. Ora, con "Nightcrawler" di D.Gilroy - sceneggiatore passato alla regia; co-autore, tra l'altro, insieme al fratello Tony, dello script di "The Bourne legacy" (2012) - rischiamo una, forse, salutare indigestione, rovistando tra gli avanzi di un più che metaforico punto-di-non-ritorno, alle propaggini del quale comunicazione, giornalismo, arbitrio, voyeurismo, indifferenza, cinismo, speculazione, si fondono in una massa tanto ancora indistinta quanto già solo di primo impatto sinistra.
Los Angeles. Oggi. Louis Lou Bloom (sul serio una specie di fiore-pronto-a-sbocciare, della cui presenza nel variegato giardino sociale non ci eravamo ancora accorti; strano germoglio subdolo e con tutte le carte in regola per diventare parassitario, nel caso, restituito dalle fattezze smagrite, il passo rigido e lo sguardo fisso e penetrante di Gyllenhaal, attore che qui ribadisce la propria confidenza nel cambiar pelle con una certa disinvoltura), cerca di sfangarla improvvisandosi ladro ma è poco più di una mezza tacca. A malapena, infatti, mette insieme rottami di rame, metallo da recinzione e tombini che poi svende a piccole ditte sempre a caccia di materie prime. Una notte qualunque gli si rivela il proprio destino sotto forma di un incidente stradale e di un operatore che, telecamera in spalla, sbircia e ruba sequenze delle operazioni di rimozione dalle lamiere. A suo modo, per Lou, è una rivelazione: da qui ad improvvisarsi cameraman d'assalto o, come si dice in gergo, stringer, il passo è breve. Messa assieme un'attrezzatura rudimentale, munitosi di un apparecchio sintonizzabile sulle frequenze della Polizia, analizzati e ordinati i codici di riconoscimento dei crimini, si scapicolla sulla scena di eventi tragici o delittuosi appena consumati (e in una casistica così vasta, può entrarci di tutto: dalla rapina in un supermercato, allo scontro automobilistico; dall'omicidio allo stupro, passando per un incendio, un'aggressione o un tentato suicidio e così via), filma il possibile - riservando particolare preminenza ai dettagli efferati e ai risvolti truculenti - e mette il materiale girato a disposizione di quella rete di emittenti locali, piccole o medie, che su tali notizie impostano la quasi totalità dei loro palinsesti. All'inizio è dura ma mosso da una personalissima filosofia aziendale che mescola in una amalgama inedita quanto spavalda reminiscenze da manualistica della motivazione, istinto di rivalsa e feroce auto-conservazione, ambizione di guadagno e una qual atonia interiore di fondo, Lou si scaltrisce e si organizza in fretta. Al suo svezzamento concorre anche Nina/R.Russo (per inciso, moglie di Gilroy, interprete che sopperisce con la grinta a palesi ed annosi limiti espressivi), spregiudicato direttore di una televisione con pochi peli sullo stomaco, che sulle prime ne sfrutta il noviziato, quindi ne incoraggia e puntella la mancanza di remore, al punto che Lou non si tirerà indietro neanche quando si prospetterà l'ipotesi di mettersi di traverso ad una pericolosa indagine dell'LAPD, con tutto ciò che ne seguirà...
Immerso nel labirinto di pastose luci notturne (a cura di R.Elswit), di frequente squarciato da macchie sciolte sui toni del blu, del rosso e del giallo, come se l'intero spettro del visibile (e del praticabile) fosse ricoperto della medesima laida membrana che tutto accorpa e destina ad una ripetizione ottusa e crudele nella sua ciclica indolenza, "Nightcrawler" svela il suo pregio più grande - e fonte principale dell'inquietudine che secerne - nella concentrazione senza divagazioni o, peggio, sottolineature esplicative e moraleggianti, sulla prassi spietata e contabile di un uomo totalmente ma monodimensionalmente moderno, ossia solo, senza affetti, senza distrazioni, animato dalla nuda volontà di potenza la quale, una volta individuato il suo campo di applicazione, su di esso prende a esercitarsi con qualunque mezzo, senza la minima esitazione, fino a imporsi/impossessarsene nella più stringente delle logiche capitalistiche produzione-profitto-consumo-distruzione. Lou, a dire, nel suo piccolo agisce - in un ben munito carnevale dell'assurdo che sostanzia e sostiene quel rapporto d'interdipendenza patologica che lega il sistema odierno di costruzione delle informazioni (e fruizione delle immagini), sempre più teso verso la ricerca di un oltre, di preferenza estremo, a un pubblico (in rapida crescita) che di quell'oltre si nutre avido secondo l'arcaico principio di piacere basato sulla contemplazione compiaciuta della sofferenza altrui da una posizione di relativa sicurezza - alla stregua della libera circolazione dei capitali all'interno del tessuto connettivo che regola l'equilibrio e il funzionamento delle attività umane in un contesto vergine: ossia ne invade, in primis, per gradi ma con metodo e diffusione capillare, i gangli, alterando i meccanismi di reciproca interazione (in origine, non necessariamente orientati a un fine cumulativo o a un interesse particolare); piega, poi, i rapporti alla sola dinamica guadagno/perdita, diventandone arbitro indispensabile, da un lato e, di fatto, svuotandoli di ogni peculiarità, dall'altro; per ergersi, infine, a ago della bilancia di qualsivoglia relazione (in tutto e per tutto derubricabile a semplice legame di natura contrattuale) e sola unità di misura in rapporto alla quale argomentare su termini come valore, scelta, senso et. Bloom, armato di telecamera e a riparo dagli scrupoli, cioè, opera - addirittura anticipando talune mosse sulla scacchiera degli eventi o predisponendo le circostanze su una linea che gli riservi il minimo attrito e il massimo ricavo - su una lunghezza d'onda assai simile a quella del principio economico dominante la modernità, quasi ne fosse una naturale estensione, in ogni caso, per il medesimo scopo: proliferare, espandersi, rafforzarsi. Come un virus. Come un tumore.
L'insolita variante di creatura notturna che egli è (un nightcrawler, un lombrico, appunto, che impassibile rimesta le frattaglie di un'umanità devastata per trarne vantaggio), si dimostra così in grado - al netto di una blanda consapevolezza e di una ancor più scarsa partecipazione - di ritoccare in via ulteriore i margini di una convivenza solo propagandisticamente stabilizzata e regolata da presupposti e norme razionali. E se, con ogni probabilità, all'opera di Gilroy avrebbe giovato una maggior asciuttezza per lenire l'intermittente sensazione di programmaticità dell'insieme, il resoconto scabro e dal torbido fascino della perversione a cui è giunto l'ottimismo contagioso (e opportunista) del nulla esiste, tutto è permesso - quasi senza colpo ferire già virato in una sua nemesi ancor più deforme e aggressiva - resta intatto e, anzi, col progredire della vicenda, si ammanta di una sua intransigente e spaventosa inevitabilità, tale da riaffermare che se questa è ormai da considerarsi buona parte della canticchiante e danzante merda del mondo, allora sembra persino grottesco, oltreché tardivo, votarsi alla eventualità per cui deus dementat quos vult perdere.
TFK
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