Night Stalker
con, S.Townsend, G.Union, E.Jungmann, C.Smith, J.P.-Ferguson
Stagione I
ep. I/X
USA, 2005
durata, 425'
Se è verosimile pensare a schiere d'entusiasti rimaste deluse dalla conclusione delle avventure intrecciatesi all'interno di un universo misterioso e ambiguo come quello di X-files (e in seguito solo in parte risarcite da un pugno di nuovi episodi il cui punto di vista sposta gli eventi più o meno ai nostri giorni), è altrettanto sensato ipotizzare che un discreto numero dei suddetti devoti, nel frattempo diventati orfani scontenti, abbia trovato consolazione - sebbene per una sola stagione cadenzata su dieci episodi - negli enigmi (e nel sinistro scenario a cui essi alludono) contenuti in un'opera come Night stalker, decalcomania esatta nella struttura di una serie tv del '74 - Kolchak: the night stalker - e concentrato tipico di una ricetta, ad oggi abituale per il palato cinematografico medio, che mescola in vari dosaggi suspense e horror evocando con discreta sapienza e diligente cautela la normalità cara a Lynch, quella monotona e rassicurante solo in superficie ("L'ordinario non offre più sicurezza", mastica amaro, per l'appunto, il protagonista), a partire dall'ostinazione di un singolo relapso spinto a vederci chiaro sia per deformazione professionale (è reporter investigativo), sia perché proprio l'apparenza risolta di quel quotidiano una volta rivelatasi nelle sue pieghe oscure ne ha distrutto modo di vivere ed equilibrio interiore (la moglie del nostro viene uccisa in circostanze inspiegabili e per un certo tempo egli si trova da solo sulla lista dei sospettati), con annesso atteggiamento a tratti indifferente/elusivo, a tratti apertamente ostile, dell'Autorità (ora come allora il Bureau), impegnata per lo più nel vecchio ma sempre remunerativo gioco delle parti per cui, a seconda degl'interlocutori e delle circostanze, fa la gnorri, intralcia o scredita le indagini della stampa conducendone in parallelo di proprie, si mostra collaborativa...
"Cosa abita davvero la notte ?", si chiede a più riprese Carl Kolchak/S.Townsend (visto sul grande schermo, tra gli altri, in "La regina dei dannati", "La leggenda degli uomini straordinari", "Chaos theory"), giornalista del L.A.Beacon, fissando lo strano segno impresso sulla parte interna di uno dei suoi polsi, marchio che lo accomuna tanto a Irene, la moglie scomparsa, quanto a un certo numero di casi relativi a vittime di efferati omicidi frettolosamente archiviati. In contrasto con uno degli assunti cardine proprio di X-files secondo cui The truth is out there [il parallelo con la creatura di C.Carter torna a riproporsi oltre che per la comunanza di espedienti figurativi - buona parte delle vicende sono colte nel loro equivoco svolgersi notturno, da cui zone d'ombra o dai secchi contrasti luce/buio, qua e là inquadrature sghembe, movenze e figure accennate o come intraviste ("Non temiamo la notte perché nasconde i mostri ma perché li rivela"), silenziosi squarci di una consuetudine al tempo familiare e oppressiva - di temi - manipolazioni psichiche, assassini rituali, amuleti di morte, presenze inquietanti, possessioni, ipotesi complottistiche, sfuggenti torsioni della materia e del tempo, et. - e per la strisciante atmosfera d'irrisoria permeabilità del male nel tessuto di una realtà ritenuta e accettata come univoca perché forte del proprio essere razionale, anche per la presenza di un autore assiduo della materia, Frank Spotnitz, qui in veste di produttore esecutivo e artefice dell'adattamento della serie], in Night stalker il moto virtuoso - peraltro sempre frustrato - finalizzato al raggiungimento della famigerata verità scaturisce da un'inerzia inversa, orientata a partire da una disposizione psicologica incline a supportare le risultanze dell'attività di ricerca sul campo con la capacità di avvertire ciò che si cela tra le crepe di un'evidenza unanime ma lo stesso reticente, pacificata e soddisfatta eppure rancorosa, propagandisticamente amichevole ma di fatto tormentata ("Quello che la mente rifiuta ma il cuore riconosce"), come se l'essenza delle cose e, di conseguenza, il-tono-generale-del-mondo originasse in via prioritaria dall'attrito quasi mai tenero e dall'incerta tregua tra spinte che il raziocinio non è avvezzo/disposto ad ammettere ("Non c'è posto dove nascondersi quando il pericolo viene dall'interno, quando è dentro di noi", annota ancora Kolchak durante una delle tante notti insonni trascorse a percorrere le spire del serpente elettrico losangelino, sovente sfondo muto e poco ospitale).
Contestualmente a peregrinazioni ostinate al seguito di eventi sempre in bilico tra ferocia intrisa di una sorta di cupo fatalismo e capricciosa o macabra astrusità, Kolchak, infatti, coadiuvato dalla collega Perri Reed/G.Union che, almeno agli inizi, non gli lesina un qual metatestuale sarcasmo, oltre allo scetticismo di prammatica ("Torna a casa con Fox Mulder", apostrofa Jain McManus/E.Jungmann - altro deuteragonista fisso - fotografo e repertatore d'indizi, "io ne ho abbastanza"), mano mano amplia e approfondisce il dialogo con se stesso a mo' di leva supplementare d'investigazione atta a convalidare il presentimento per cui il singolo episodio di quella che agli occhi del FBI e della direzione del giornale sembra solo una perversa bizzarria criminale, al contrario è la tessera sconcertante di un puzzle più vasto, con ogni probabilità spesso lambito e magari, viste le implicazioni dolorose, rimosso ("La risposta è sepolta nel mio inconscio"), al centro del quale si trova l'origine della propria tragedia personale. Deriva, questa, impossibile dire se più scoraggiante per l'aggravio di solitudine che comporta o per l'incombere tutt'altro che aleatorio di un'impotente follia ("Se guardi troppo nell'oscurità, puoi scoprire che non sei tu ad aver trovato il male ma che è il male ad aver trovato te").
TFK
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