Veloce come il vento
i Matteo Rovere
con Stefano Accorsi, Matilde de Angelis, Roberta Mattei
Italia 2016
genere, drammatico, azione
durata, 119'
È sotto gli occhi di tutti che l’Italia stia vivendo un risorgimento cinematografico di proporzioni titaniche. Va aggiunto, a margine, che il risorgimento di cui sopra riguardi specialmente – e non è un caso – il cinema di genere. “Veloce come il vento” dunque si inserisce nella scia di film come “Non essere cattivo” e “Lo chiamavano Jeeg robot” questa volta riportando in auge il genere motoristico che più volte oltreoceano era stato vandalizzato da titoli come “Rush”.
La forza del film dunque consiste nel riprendere le dinamiche drammaturgico/strutturali classiche e trasferirle in un contesto che non solo vede personaggi ben caratterizzati ed interpretati – stupisce l’ottima prova di Accorsi, mentre la De Angelis in alcuni casi subisce la bravura dei propri compagni di scena – ma che ha una solida base culturale legata appunto al mondo dei motori. I più appassionati potranno quindi rivivere ad esempio la curva del Tamburello di Imola – tra le altre cose teatro della morte di Senna – o la mitica Peugeot 205 turbo 16, anche attraverso una costruzione filmica impeccabile delle scene di corsa, girate interamente dal vero senza l’assistenza degli effetti speciali – il regista lo definisce un film analogico girato in digitale: altra cosa, questa, che fa la differenza con i film/cugini americani –.
Nonostante “Veloce come il vento” non sia un film esente da difetti – eccessivamente frammentaria la costruzione iniziale dello script e troppo abbandonato e/o legato alle dinamiche drammaturgiche il personaggio di Annarella, pur interpretato dall’ottima Roberta Mattei – l’esperienza è totalmente immersiva: cosa rimane, dunque, oltre l’intrattenimento? Altrove il vuoto, qui invece resta il personaggio di Loris e la sua personale cronoscalata verso la Fine:
L’ultima vittoria di un eterno sconfitto.
Antonio Romagnoli
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