lunedì 4 aprile 2016

DESCONOCIDO - RESA DEI CONTI

Desconocido - Resa dei conti
di Dani de la Torre
con Luis Tosar, Javier Gutierrez, Goya Toledo
Spagna, Francia 2015 -
genere, thriller
durata, 102'


Il cinema come essere in situazione, perpetuo tentativo di riflessione spettatoriale nel proscenio filmico, sembra appannaggio non più unicamente del drammatico ma diviene principio applicabile ad una vasta gamma di sfumature di generi, in grado altresì di svilupparsi in differenti direttrici a seconda della storia presa in esame. Desconocido preme a fondo su questo perno ed attorno ad esso sviluppa tutta la propria carica emotiva, sprigionando un impeto tensivo raro nel panorama attuale e giocando abilmente con i nervi dello spettatore quasi fossero corde tese, prima accarezzandoli ed in seguito strattonandoli, ritraendo la mano, subito dopo la scossa, quasi a nascondersi. Il naufragio sentimentale di un uomo sembra non essere l’unica sventura pronta a lastricarne il sentiero vitale; se da una parte la banca per cui lavora ha navigato negli ultimi tempi in acque non troppo chiare - costringendolo a rimanere invischiato in tali pratiche - dall'altra un ordinario accompagnamento dei propri figli all'istituto scolastico rivela più di una sorpresa. Alla partenza dell’auto, l’uomo riceve una chiamata da uno sconosciuto che lo avvisa di aver sistemato una bomba nell'auto, pronta all'esplosione qualora ve ne fosse occorrenza; Carlos dovrà salvare l’incolumità dei bambini, la propria, mantenere il proprio lavoro ed evitare il totale tracollo del proprio legame matrimoniale, il tutto non lasciando mai l’abitacolo ed impedendosi l’alzata dal proprio sedile, al cui fondo è collegato l’ordigno. A far da sfondo alla vicenda una cittadina spagnola quasi anonima, funzionale alla storia unicamente come contenitivo scenografico, un fondale mobile sul quale far muovere l’azione che febbrilmente si dipana lungo i cento minuti. El Desconocido è un congegno ad orologeria ben costruito in sede di regia, ottimamente coreografato nelle lunghe scorribande cittadine ed abilmente scritto dall’italiano Alberto Marini, già autore di Bed Time, un atipico thriller diretto dal Jaume Balaguerò di Rec ed avente tra le fila di interpreti principali proprio il Luis Tosar qui padre di famiglia. Il film procede ritmicamente grazie ad un montaggio che alterna alacremente l’interno dell’auto a ciò che vi accade intorno, erigendovi un microcosmo capace di intrappolare personaggi dalla sinergia altalenante.  

L’apparentemente tranquillo abitacolo, in cui si ritrovano a convivere forzosamente padre e figli, si trasforma in una caotica babele all’esplodere della tensione; qui vi si accumulano voci e sentimenti e viene stravolta ogni gerarchia familiare precostituita. Il padre, interpretato con trasporto da Tosar, viene scavalcato nel suo potere decisionale dallo sconosciuto - un Javier Gutierrez reduce da una straordinaria performance in La Isla Minima - e pur dinanzi una delle situazioni di maggior pericolo per la propria prole si ritroverà costretto al proprio posto guida, impedito nei movimenti e nelle emozioni, in un immobilismo coatto di enorme impatto per la sua storia personale. Carlos si ritrova, d’improvviso, solo, lontano dagli allori familiari sui quali si era adagiato negli ultimi mesi, con le proprie creature in condizioni critiche ed un legame nuziale giunto ormai al suo culmine e significativo, nel momento della schermatura tecnologica utilizzata dalla polizia per neutralizzare l’ordigno, è il gesto che compie: dopo aver ascoltato le cause di ciò che gli sta accadendo, pur essendosi assunto le proprie responsabilità, l’uomo protrae le braccia fuori dal finestrino e lava le proprie mani con la pioggia, quasi ripulendosi metaforicamente nella coscienza. Prossimo e distante, allo stesso tempo, da lavori come Locke (per la sua peculiare caratteristica di ambientazione - quasi - unica) e Io vi troverò (nello spasmodico tentativo paterno di salvare la propria progenie, pur evirato del divismo Neesoniano), sembra peccare di eccessiva linearità soprattutto nella parte centrale, costringendoci ad assistere ad una ricostruzione impeccabile ma priva di mordente in più punti, lasciandoci con l’amaro in bocca per l’aver sfiorato l’idea di osare ancora, pur non riuscendovi. Menzioni di merito vanno alla regia, che si muove circolarmente ai personaggi quasi a volerne scoprire i sentimenti reconditi, ed alla giovane figlia di Carlos, in grado di tenere testa al padre in più punti, quasi a voler ribadire che la ferita gerarchia familiare potrà risorgere, non a torto, anche grazie a lei.
Alessandro Sisti

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