It
di Andres Muschietti
con Jaden Lieberher, Bill Skarsgard,
USA, 2016
genere, horror
durata, 135'
Forse i più giovani non lo sanno ma di “It”, il romanzo scritto da Stephen King esiste una prima versione datata 1990 prodotta per la televisione e divisa in due puntate. Da questo punto di vista, pur nella condivisione della medesima fonte letteraria, l’adattamento di Andres Muschietti non può considerarsi ne un sequel ne un remake della serie in questione, optando per una sintesi contenutistica evidente nella scelta di collocare la storia in un unico segmento temporale, anziché (come accadeva nel romanzo e nella fiction diretta da Tommy Lee Wallace) in due epoche distinte e separate, e nel puntare su un’emotività che solo la visione collettiva riesce a valorizzare. Con questo non vogliamo dire che Muschietti privi il suo spettacolo degli ovvi riferimenti a ciò che lo ha preceduto, e che, per esempio, non dialoghi con un immaginario capace di riferirsi tanto al cinema degli anni 80, quanto alle ultime scoperte provenienti dalla serialità televisiva. In questo modo il regista, nel raccontare la storia di un gruppo di ragazzini uniti nel tentativo di contrastare l’entità demoniaca che uccide gli adolescenti di una cittadina della provincia americana, mette in circolo reminiscenze che vanno dal racconto di formazione sulla falsariga di “Stand by me - ricordo di un’estate” (a sua volta tratto da un altro romanzo di King), a una serie come “Stranger Things”, a cui oltre a uno degli interpreti, Muschietti ruba ambientazione, suggestioni e misteri.
Sempre sul versante revival l’elenco dei tributi prosegue con due classici come “Greemlins”, da cui “It” prende la scelta di presentare la malvagità attraverso una parvenza di ilarità sardonica e grottesca, e di “A Nightmare on Elm Street”, ripreso quando si tratta di trasformare l’inconscio nello strumento attraverso cui il male riesce a manifestarsi. Se poi si fosse chiamati ad individuare una caratteristica che fa di “It” un film del proprio tempo, allora ci sarebbe da mettere in cima alla lista la cupezza delle atmosfere e il fatto che, a fronte della spensieratezza presente nei modelli d’ispirazione quella di Muschietti è un’adolescenza piena di responsabilità, e segnata da un peccato originale che impedisce di viverla nei suoi aspetti più lieti. Senza dimenticare che avendo come obiettivo dichiarato, quello di raccontare la paura dei suoi personaggi, “It” la trasmette in un modo così poco addomesticato, da riuscire a spaventare lo spettatore. Una qualità che da sola ripaga il pubblico del prezzo del biglietto.
Carlo Cerofolini
Carlo Cerofolini
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