venerdì 22 luglio 2016

MR COBBLER E LA BOTTEGA MAGICA

Mr. Cobbler e la bottega magica
di Thomas McCarthy
con Adam Sandler, Dan Stevens, Steve Buscemi
USA, 2014 
genere: commedia 
durata: 99'


Max è un calzolaio per tradizione familiare che vive nel Lower East Side di New York. Non è più giovane e, forse, interiormente non lo è mai stato. Bloccato dentro una bottega di cui non vede il fascino, costretto a un lavoro che non lo appassiona, non ci sa fare con le donne, fatta eccezione per la madre, rimasta sola dopo l'abbandono del marito, di cui si prende cura quotidianamente. Le cose cambiano il giorno in cui scopre, per caso, nel magazzino, una vecchia risuolatrice dai poteri magici, che gli permette di assumere i connotati di chiunque, a patto di calzarne le scarpe. Si apre così, per Max, la possibilità di vivere finalmente l'avventura della vita e di trovare la propria identità, dopo averne sperimentate molte altre.




Se, in teoria, Adam Sandler poteva sembrare il candidato ideale per questo ruolo, in virtù dell'esperienza simile di "Cambia la tua vita con un click", meno aderente poteva apparire il profilo di Tom McCarthy, specie dopo Il caso "Spotlight". Il primo non delude le attese: mettendosi nei panni di Max il calzolaio, trova l'identità cinematografica migliore da qualche tempo a questa parte. Non più giovane, ma ancora acerbo socialmente, il suo personaggio è un immaturo diverso dai tanti personaggi interpretati dall'attore newyorkese. Bolso all'occorrenza, insolitamente trattenuto, l'attore si adatta in ogni momento al passo del film. Il regista, in "Mr. Cobbler e la bottega magica" torna, per molti versi, al genere umanista dei suoi primi tre film, da cui trae l'idea di un protagonista maschile in preda a un torpore e che si apre alla vita in seguito a un incontro particolare: la componente magica di questa parabola, però, per quanto metaforica e incastonata dentro la cornice di una leggenda yiddish, riscrive completamente le caratteristiche tipiche del genere frequentato con successo dal McCarthy degli esordi e il risultato è meno interessante. Sarà che la magia dell'incontro con l'altro, che finisce per ridefinire il carattere del personaggio, non passa più dalla frequentazione con un essere umano ma da un oggetto, o sarà che la parte di Dustin Hoffman proprio non convince, non suscitando la sorpresa che vorrebbe e non sfruttando le potenzialità che contiene, ma la sensazione ultima è che la trama in sé non abbia sufficiente sentimento né abbastanza avventura per rispondere alle aspettative dell'intro in stile Coen. Non è dunque un difetto di retorica, ma un problema di inconsistenza.
Riccardo Supino

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