martedì 12 luglio 2016

INVISIBILI - ALL'ULTIMO VOTO (OUR BRAND IS CRISIS)

All’ultimo voto (Our Brand Is Crisis)
di David Gordon Green
con Sandra Bullock, Billy Bob Thornton, Joaquim de Almeida
Usa, 2015
genere commedia, drammatico
durata 108’


Jane Bodine (Sandra Bullock), soprannominata “Calamity” per il suo carattere aggressivo, è una famosa “spin doctor”, stratega di campagne elettorali di politici americani, che dopo diverse sconfitte e scandali, in cui è stata coinvolta per il lavoro “sporco” effettuato, caduta in disgrazia, si è ritirata in mezzo alle montagne. Viene recuperata dalla squadra per la campagna elettorale per la presidenza boliviana, dalla parte del candidato Pedro Castillo (Joaquim de Almeida) in grave crisi di popolarità e con scarso successo nei sondaggi. Bodine non ha nessuna voglia di ritornare nell’agone politico, ma accetta quando le rivelano che a guidare la compagine dell’avversario più popolare è Pat Candy (Billy Bob Thorton) acerrimo rivale causa delle sue ultime sconfitte.
Questa è la fabula in sintesi dell’ultimo film di David Gordon Green (ancora inedito in Italia), giovane autore, tra l’altro, di un pregevole dramma “Joe”, ma conosciuto più che altro per commedie non proprio riuscite. Green trasporta i meccanismi delle campagne elettorali americane in Bolivia, con la messa in scena della strategia fatta di un utilizzo di tutti i mezzi di comunicazione, di sgambetti e scortesie professionali, di preparazione del personaggio e del messaggio politico elettorale (che cinicamente sono solo promesse per riuscire a raccogliere più consensi possibili, ma che dopo le elezioni non si trasformano mai in fatti), di sotterfugi e calunnie costruite ad arte per mettere in difficoltà gli avversari. La campagna elettorale con l’elezione diretta diventa una vera e propria “guerra” fatta di parole e messaggi, dove l’unico scopo è vincere, senza farsi scrupoli morali o pensare di essere nel giusto. Del resto, Castillo è un uomo al soldo del Fondo Monetario Internazionale e dei poteri finanziari statunitensi, conservatore, con un’idea paternalistica del suo popolo che, inconsciamente, non ama (e da cui non è amato), già presidente nel passato, ma l’intervento della Bodine, che basa tutta la campagna sul messaggio “di una crisi” che la Bolivia deve affrontare e, quindi, sulla paura, mentre il suo avversario populista in qualche modo “vende” una nuova speranza per un futuro per un paese povero che vuole liberarsi dalle ingerenze straniere, risolleveranno le sorti di una competizione che sembrava finita per Castillo.
Un tema di grande attualità, dove l’onestà politica è del tutto assente e la lotta si trasforma solo nella conquista del potere basato sul denaro e gli interessi economici internazionali. 


La Bodine vende un prodotto, un “brand”, al meglio delle sue capacità (così come il René Saavedra nel capolavoro di Pablo Larrain “NO – I giorni dell’arcobaleno”). Sostenuto da una sceneggiatura debole e meccanica, il film non scende mai in profondità dei temi trattati, ma intacca appena la superficie dei problemi della società boliviana.  Così alla fine anche il confronto tra Bodine e il suo alter ego Candy si trasforma più in una scaramuccia da commedia, con gli attori che non riescono mai a dare uno spessore credibile ai due personaggi: Sandra Bullock è stranamente sottotono, con uno sguardo quasi assente, anche nei momenti più drammatici dello scontro; Billy Bob Thorton, invece, è molto trattenuto e più che un personaggio mefistofelico (con l’ironico cognome di “Candy”) appare un arrogante sprovveduto.  E se siamo lontani dalla verosimile drammaticità di un “Le idi di marzo” di e con George Clooney, c’è anche una distanza abissale per il ritmo e la messa in quadro di un’altra opera a cui si ispira “All’ultimo voto” come “Power – Potere” di Sidney Lumet con un Richard Gere che ben rappresentava questo tipo di attività fornendo una dimensione competitiva e iperattiva del personaggio in un mondo privo di scrupoli. E abbiamo citato i film più famosi che affrontano le stesse tematiche.
Non basta, quindi, che durante lo sviluppo del film appaia la classifica dei candidati con le percentuali di voti che mostrano la continua ascesa di Castillo a ogni intervento della Bodine per dare ritmo a una pellicola che a tratti è poco dinamica; non basta l’ambientazione sudamericana, una Bolivia descritta per luoghi comuni e da cartolina, per creare tensione e drammaticità. E anche il finale è alquanto inverosimile, con un forzato happy end per rendere simpatico un personaggio che non può esserlo, ma solo per salvaguardare l’immagine positiva di una star come la Bullock che gli spettatori non possono identificare in un ruolo negativo. Quindi la redenzione è obbligatoria, ma non per il film che scorre mediocremente senza alcun acuto, scivolando verso una visione che sostanzialmente non danneggia nessuno.

Antonio Pettierre

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