sabato 23 luglio 2016

LE ANTEPRIME DE ICINEMANIACI: THE WITCH

The Witch
diretto da Robert Eggers
con Anya Taylor-Joy, Ralph Ineson
Canada, 2015
genere, horror
durata, 90'




Due film uniti dal medesimo destino. Il primo, “It follows”, arrivato nelle sale a più di un anno di distanza dalla distribuzione internazionale e sulla scia del passaparola promosso dalle visioni clandestine di chi ha avuto modo di vederlo nella rete. Il secondo, “The Witch”, distribuito a ferragosto con pari ritardo rispetto al successo ottenuto al Sundance Film Festival dove nel 2015 il lungometraggio di Robert Eggers ha raccolto molti consensi. Una miopia, quella dei nostri esercenti, che al di là delle solite ragioni trova una qualche spiegazione nelle caratteristiche di un offerta talmente diversa dalla media da scatenare la diffidenza di chi è abituato a un cinema commercialmente omologato. Perché sia “It Follows”, di cui abbiamo già detto, che “The Witch”, del quale ci apprestiamo a parlare, pur mantenendo inalterate le ragioni del loro essere e cioè quelle di spaventare lo spettatore, hanno dalla loro un imprinting di forme e contenuti che li distingue dalla media dei prodotti appartenenti alla stessa categoria. Siamo infatti di fronte - e qui entriamo nel merito del lavoro di Eggers – a un tipo di cinema più maturo che nell’esercizio dei codici di genere trova il modo di allargare il discorso a una visione dell’esistenza svincolata dalle istanze narrative che regolano il divenire dell’intreccio.

Per raggiungere lo scopo il regista parte però da premesse che vanno in senso opposto a quanto appena detto poichè invece di collocare la vicenda in un tempo indefinito, o perlomeno poco caratterizzato dal punto di vista iconografico e dell’immaginario, con “The Witch” veniamo catapultati all’interno della cornice storica in cui a partire dalla metà del seicento la nascita della nazione americana dovette pagare dazio a una voglia di uniformità e di disciplinamento che nelle accezioni più estreme raggiunse forme di intolleranza come quelle che portarono al cosiddetto periodo della caccia alle streghe durante il quale la ricerca del capro espiatorio trovò nel mancato rispetto all'ortodossia religiosa il motivo su cui sfogare il rovescio di un regime repressivo e delatorio.

Vincolato da precise coordinate storico culturali Eggers non si fa intrappolare dai pericoli di una messinscena illustrativa ma riesce a fare della precisione del dettaglio fisiognomico – evidente nella scelta di volti che sembrano prelevati dalla ritrattistica del periodo –   visuale – ispirato da una sensibilità che sembra rifarsi alla lezione dei grandi della pittura fiamminga – così come della ricerca filologica necessaria a raggiungere una verosimiglianza di dialoghi e pratiche quotidiane gli strumenti attraverso cui manifestare gli effetti della paura suscitata dal pericolo proveniente dalla foresta che circonda la casa dei protagonisti. In questo modo più che la presenza della malefica creatura (pressoché sottratta agli occhi del pubblico) a provocare disagio sono le conseguenze della sua evocazione, rintracciabili nell’incombente oscurità degli ambienti fotografati a lume di candela e nell’immota consistenza del paesaggio silvano; oppure nei volti stranulati dei genitori di Thomasin, la giovane protagonista che ad un certo punto dovrà difendersi dalle accuse di stregoneria rivoltigli dal suo stesso padre. Insomma un quadro generale che in apparenza non si discosta nel suo svolgimento dagli altri film incentrati sullo stesso argomento se non fosse che il gioco al massacro tra genitori e figli e il cambio di ruolo tra vittime e carnefici diventa ben presto la metafora di una nazione in guerra con se stessa e, ad un livello d’astrazione ancora superiore, la raffigurazione del retaggio ancestrale che impedisce agli esseri umani di godere appieno della propria libertà. Come dimostra l’assunto di “The Witch” che fa coincidere il sorgere del male nel momento in cui Thomasin e la sua famiglia vengono allontanati dalla comunità per metterli in grado di praticare culto religioso secondo le regole dettate dalla propria coscienza. Ed è proprio questo modo di essere allo stesso modo un prodotto di intrattenimento e un’opera d'arte a fare del lungometraggio di Eggers un evento che gli appassionati della settima arte non possono lasciarsi sfuggire.

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