Il colpevole - The Guilty
di Gustav Möller
con Jakob Cedergren
Danimarca,
genere, thriller
durata, 85'
Quando il cinema si concentra all’interno di un unico ambiente, raccontando le sue storie in uno spazio concentrato e geograficamente discontinuo rispetto al resto del paesaggio siamo soliti assistere a una trasfigurazione del visibile che, senza perdere di vista trama e personaggi, fa dell’inquadratura la rappresentazione di mondi interiore. Il colpevole - The Guilty del danese Gustav Möller non sfugge alla regola, esasperando la dimensione totalizzante dell’assunto in ragione del fatto che la vicenda dell’operatore telefonico ed ex agente di polizia Asger Holm (il Jakob Cedergren di Submarino) è collocata in un arco di tempo definito dall'intervallo che intercorre tra la chiamata della donna in mano al suo sequestratore e l’esito dei tentativi di salvarla messi da parte dell’uomo, anche lui, come si conviene in questi casi, perseguitato dai fantasmi di un passato che gli tolto famiglia e onorabilità. Una corsa contro il tempo in cui la frenesia dell’azione e la suspense del thriller non sono la conseguenza di pedinamenti e depistaggi ne la conseguenza di un indagine tradizionalmente organizzata ma piuttosto il risultato del groviglio emotivo scaturito dal rincorrersi di voci, umori e speranze messe in circolo dalla ostinata determinazione del protagonista.
Per l’efficacia con cui è costruito Il colpevole -The Guilty potrebbe accontentarsi di sciorinare la verosimiglianza dei suoi meccanismi narrativi ma così non è perché oltre alla sorprese riservate dalla trama sul finire del film c’è n’è un’altra più sottile ma chiara, relativa al cortocircuito tra verità e apparenza e al gioco di specchi che si stabilisce tra le parti in causa, foriera di colpe e sensi di colpa equamente distribuiti e di metafore esistenziali che sfociano nella sociologia quando Il colpevole arriva a dimostrare come computer e cellulari siano oramai diventati i depositari della nostra coscienza. Simulacri di universi di cui quello del film è la versione più nera. Da vedere.
Carlo Cerofolini
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