Sofia
di Meryem Benm’Barek
con Maha Alemi, Sarah Perles, Lubna Azabal
Francia, Qatar, Belgio, 2019
genere: drammatico
durata, 85’
Sofia è una ragazza marocchina di vent’anni che vive a Casablanca. Purtroppo (o per fortuna) rappresenta la pecora nera della famiglia benestante nella quale è nata, cresciuta e continua a vivere. A differenza della madre e della zia, signore eleganti della società, e della cugina, dai lineamenti più delicati e dai modi di vivere completamente diversi, Sofia è solamente ricca. Non ha nessun tratto che la possa distinguere o mettere particolarmente in luce in maniera positiva. Questo finché non arriva sotto i riflettori a seguito di una gravidanza della quale nessuno era al corrente. Durante un pranzo, Sofia è costretta a farsi visitare dalla cugina Lena, che studia medicina, perché avverte un forte dolore. Questa percepisce subito qualcosa che diventa più che evidente nel momento in cui a Sofia si rompono le acque. Le due, senza proferire parola con i rispettivi genitori, si dirigono in ospedale dove la protagonista riesce a partorire una bambina. A causa, però, delle rigide leggi marocchine che prevedono condanne fino ad un anno di carcere per relazioni sessuali fuori dal matrimonio, le ragazze sono costrette a rintracciare il padre, un tale Omar, che vive in un quartiere popolare. L’unica soluzione, a questo punto, sembra essere un matrimonio tra i due che permetta una riparazione di quanto avvenuto e che rappresenta anche un matrimonio di convenienza perché permetterebbe a Sofia e alla sua famiglia di salvare l’onore e a Omar e alla sua famiglia di riscattarsi
socialmente.
Si tratta indubbiamente di un film molto intenso, premiato al Festival di Cannes, che mostra una realtà a noi distante, ma che, nonostante ciò, fa riflettere su molti aspetti. A livello di tematiche, infatti, la regista Meryem Benm’Barek porta davanti allo spettatore la realtà nuda e cruda nella quale determinate persone sono costrette a vivere quotidianamente. Ciò che emerge è una visione del mondo nella quale la donna, nonostante si possa considerare, per certi versi, l’anello debole, è, in realtà, colei che possiede la forza per ribellarsi ad un sistema troppo stretto e rappresenta, quindi, un futuro, neanche troppo lontano, nel quale potersi, forse un giorno, rifugiare. Non a caso le figure maschili della vicenda appaiono sporadicamente e il loro ruolo sembra essere di gran lunga inferiore a quello delle rispettive mogli, madri o figlie.
A rendere perfettamente la sofferenza e il continuo contrasto tra ciò che Sofia realmente prova e ciò che fa finta di sentire per compiacere gli altri ci pensa l’attrice Maha Alemi, perfettamente calata nei panni della giovane protagonista che, solamente con uno sguardo, riesce a far trapelare ogni sensazione (emblematico, a tal proposito, lo sguardo in continuo mutamento nella scena finale).
Come già accennato, uno dei punti di forza della storia è anche il susseguirsi continuo di contrasti, tra gli sguardi, tra le luci e tra i personaggi stessi: quello più evidente è sicuramente il rapporto tra le cugine, una all’opposto dell’altra.
Non esiste un equilibrio tra modernità e tradizione, tra vita privata e vita pubblica in “Sofia” ed è proprio su questo che punta il dito Benm’Barek.
Veronica Ranocchi
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