Macchine mortali
di Christian Rivers
con Hugo Weaving, Hera Hilmar, Robert Sheehan
Nuova Zelanda-USA, 2018
genere, fantasy
durata, 128’
Dopo una guerra che ha devastato il mondo in sessanta minuti, ridefinendone addirittura la geografia, Londra è diventata una città predatrice, in movimento su enormi cingoli e armata di arpioni, che ha lasciato l'Inghilterra in cerca di prede europee. Qui vive Tom, che ha trovato diversi reperti di tecnologie militari del passato e li ha nascosti, ma non resiste a mostrarli alla bella Katherine, ignaro che anche Bevis assiste al suo segreto. Il tutto mentre Londra cattura una cittadina più piccola, dove vive Hester Shaw, che intende vendicarsi per la morte di sua madre di uno dei potenti della metropoli, Thaddeus Valentine. Il fallimento del suo attentato fa esiliare lei e Tom, costringendoli a sopravvivere tra varie città, finché non incontrano Anna Fang e il suo velivolo: il Jenny Haniver.
Sontuosamente ma anche freddamente spettacolare, “Macchine mortali” porta al cinema il primo volume di una omonima quadrilogia young adult scritta da Philip Reeve tra il 2001 e il 2006.
Nelle mani di Christopher Rivers ne deriva una sorta di “Star Wars” con l’aggiunta di alcune battute sul rapporto tra Inghilterra ed Europa continentale ai tempi della Brexit.
Prodotto da Peter Jackson e da lui sceneggiato insieme a Philippa Boyens e Fran Walsh, “Macchine mortali” vede esordire alla regia un altro storico collaboratore di Jackson, con lui fin dai tempi di “Splatters - Gli schizzacervelli” del 1992” nelle vesti di tecnico degli effetti speciali. Infatti gli FX sono di ottimo livello e la produzione è a tratti davvero sbalorditiva, sia per la computer graphic, sia per la cura delle scenografie ricche di dettagli, in particolare nella tana del robot Shrike dove abbondano gli automi.
Purtroppo, però, la sceneggiatura non riesce a elevare una saga di romanzi young adult a qualcosa di narrativamente interessante, mancano tratti realistici nei protagonisti e la trama è nel complesso fin troppo ricca di azione e al tempo stesso poco originale. La città di Londra cerca di dotarsi di un'arma devastante, di quelle che avevano cambiato la geografia del mondo, come fosse la Morte nera, e i ribelli la combattono in battaglie volanti dove ai tie-fighter si sostituiscono più coloriti velivoli. La sostanza, però, non è molto diversa è c'è anche il villain dalla voce roca, un inarrestabile robot, animato dalla coscienza di un soldato morto in guerra. Si chiama Shrike ed è ossessionato da Hester, che ha cresciuto e ora vorrebbe trasformare in una come sé, convinto di salvarla così dal dolore che prova per la morte della madre. È chiaramente il personaggio migliore del film, se non fosse che la sottotrama di cui è protagonista finisce per essere un sorta di diversivo, che aggiunge azione, inseguimenti ed esplosioni a una storia già di suo sovraccarica.
Non c'è, infatti, un momento di respiro in “Macchine mortali”: si comincia con la cattura di una città in fuga, si passa all'esilio dei personaggi che attraversano vari pericoli e luoghi meravigliosi, inclusa una metropoli aerea sostenuta da dirigibili, fino ad arrivare alla battaglia finale. I protagonisti spesso passano i dialoghi a spiegarsi cose a vicenda, nel tentativo di mantenere una coerenza narrativa, e la loro love story non ha alcuna alchimia. Di loro si apprezzano più che altro i costumi, in particolare Anna Fang veste con stile. Per il resto la pochezza dei protagonisti è un problema facilmente superabile, di fronte alle meraviglie degli effetti speciali.
Riccardo Supino
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