Star Wars: gli ultimi Jedi
di Rian Johnson
con Mark Hamill, Carrie Fisher, Adam Driver
USA, 2017
genere, fantascienza
durata, 152’
Mentre il Primo Ordine si prepara a stroncare quel che resta della Resistenza, Rey consegna a Luke Skywalker la spada laser che fu sua, invitandolo a interrompere il suo esilio per salvare il mondo libero. Luke, però, non ne vuole sapere e il Lato Oscuro tesse la sua trama letale attorno agli ultimi ribelli.
Dopo “Il risveglio della forza”, nel 2015 ora Star Wars: Gli ultimi Jedi porta avanti la storia principale di quest’universo, quella della famiglia Skywalker/Solo e di come, a partire da Anakin, la loro influenza nella galassia attraverso le vie della Forza sia stata ineludibile. Il film diretto da Rian Johnson non ha la potenza esplosiva di quello di J. J. Abrams, ma trova una maniera tutta sua di essere contemporaneamente coerente con la tradizione e portatore di eventi, storie e intrecci nuovi.
Ad esempio, introduce una buona serie di poteri posseduti da Jedi e Sith, da lato chiaro e lato oscuro, che sono una declinazione potenziata di quelli già visti, oppure proprio del tutto inediti.
Non tutti suonano realmente in armonia con il corpus della Forza ma di certo sono idee che servono benissimo la trama. Così, “Gli ultimi Jedi”, nonostante non sia una cavalcata d’azione e intrattenimento dal ritmo praticamente perfetto come era Il risveglio della Forza, si conquista comunque un posto d’onore nella saga come uno dei capitoli più sorprendenti.
Una delle poche critiche che si potevano fare al precedente film era di somigliare troppo al primo “Guerre stellari” mai uscito in sala, “Una nuova speranza”; questo, invece, utilizza le aspettative degli spettatori riguardo quel che solitamente avviene in “un secondo capitolo di Guerre Stellari” per spiazzarli.
Prende le figure che abbiamo ormai riconosciuto, come Snoke, il capo della fazione malvagia, Kylo Ren, l’apprendista votato al lato oscuro, Luke Skywalker, il maestro Jedi, Rey, l’allieva, Poe Dameron, il ribelle, e li porta vicini alle loro consuete svolte per poi sterzare di colpo e far accadere l’ultima cosa che ci si aspetterebbe.
Di certo, lo scopriamo subito nella prima scena, “Gli ultimi Jedi” vuole proprio far ridere, vuole essere divertente nel senso più basso. Ci sono da una parte i Porg, le creaturine tenere, equivalenti degli Ewok, e dall’altra il generale Hux, ovvero Domhnall Gleeson, che è la macchietta del Primo ordine. Vessato dal capo Snoke, umiliato dai ribelli e in costante conflitto comico con Kylo Ren, il suo è il personaggio meno riuscito, perché sembra introdurre ogni volta troppo meccanicamente dell’umorismo, senza che si fonda in maniera armoniosa con il resto del film che invece ha il passo della fuga.
Sempre nella prima scena scopriamo che gli ultimissimi ribelli rimasti stanno abbandonando una base e il Primo ordine è arrivato in massa a decimarli. La fuga dalla flotta nemica è il dispositivo narrativo che anima il film, costituisce un conto alla rovescia fino a che i ribelli non saranno raggiunti, e i tantissimi eventi che hanno luogo in posti remoti della galassia fanno tutti riferimento a questa fuga che è in corso. L’abilità di questo secondo capitolo è di creare tantissime situazioni differenti a partire da questo spunto e di lasciare che dentro di esse si svolgano le molte rivelazioni e colpi di scena.
Quel che, forse, non ci si aspettava da questo film è che guardasse così tanto alla stilizzazione giapponese. Nel cinema di Rian Johnson scorre non troppo sottile un’ispirazione molto forte al fumetto e all’animazione nipponici. È evidente in un film molto americano come “Looper”, in cui, quasi di colpo, deflagrano suggestioni da manga, ed è evidentissimo nell’approccio grafico a Guerre Stellari. “Gli ultimi” Jedi ogni qualvolta non deve mostrare qualcosa che conosciamo già, inventa scenari presi di peso dalla maniera in cui il design giapponese crea i suoi mondi e le sue situazioni.
Il pianeta di sale dello scontro finale, tutto bianco e rosso, ne è l’esempio perfetto. Anche la distruzione di una nave spaziale, costituisce un momento silenzioso che potrebbe tranquillamente appartenere a una tavola di un manga in bianco e nero.
“Gli ultimi Jedi” non ricalca nè imita i suoi predecessori, ma si basa sulla stessa idea. Uno dei segni distintivi di Lucas era la creazione di un design caratteristico, l’uso della grafica per dare vita agli ambienti. Questo aspetto è mantenuto da Rian Johnson, che lo interpreta a modo suo. E, nonostante “Gli ultimi Jedi” parli tantissimo della Forza e del destino dei cavalieri, come anche di parentele, lotte con il lato chiaro e lato oscuro, è grazie all’approccio visivo che riesce a distinguersi dai capitoli precedenti.
Riccardo Supino
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