Seven Sisters
di Tommy Wirkola
con Noomi Rapace, Glenn Cloose, Willem Defoe
USA, 2017
genere, thriller, fantascienza
durata, 123'
In mezzo a tanti film d'autore l'odierna edizione del festival di Locarno pare avere riscoperto il cinema di genere. Non solo quello classico, omaggiato attraverso la retrospettiva dedicata al grande Jaques Tourner su cui si è svolta oggi un importante tavola rotonda organizzata da Roberto Turigliatto, ma anche quello meno nobile ma non per questo meno apprezzabile. A tenere alta la bandiera della categoria ci pensa dunque il futuribile "Seven Sisters", dello stesso Tommy Wirkola che si era messo in evidenza qualche anno fa con la rivisitazione in chiave moderna della fiaba di Hansel e Gretel (Hansel & Gretel - Cacciatori di streghe, 2013), e che oggi ci racconta di un futuro distopico in cui la crisi del pianeta costringe il sistema a regolare le nascite, impedendo ad ogni nucleo famigliare di avere più di un figlio. Uno status quo che non impedisce eccezioni come quella rappresentata dalle sette sorelle della nostra storia (gemelle e chiamate con un giorno della settimana), impegnate a sfuggire dalle grinfie della Child Allocation Bureau (capeggiata da una Glenn Close in versione Crudelia De Mon) la società incaricata di far rispettare la legge. Per riuscirci le ragazze sono costrette ad assumere la medesima identità ogni qualvolta una di loro abbandona la casa rifugio, utilizzata come centrale di comando a cui fare appello in caso di pericolo.
Distribuito negli Stati Uniti da Netflix a partire dal 18 Agosto e in Italia da Koch Media nel mese di novembre, "Seven Sisters" si avvale della versatilità di Noomi Rapace, la quale, nell'interpretare sette versioni del medesimo personaggio si rende artefice di una performance schizofrenica e totalizzante che la vede passare da una personalità all'altra, coinvolgendo ogni aspetto delle proprie possibilità interpretative (con particolare attenzione al timbro vocale le cui diverse inflessioni aiutano a definire le peculiarità delle singole identità) nel tentativo - invero riuscito - di rendere convincente l'assunto della storia. Come altri film targati Netflix (la realizzazione è però a cura d Raffaella De Laurentis) anche "Seven Sisters" si presenta con un'estetica da prodotto blockbuster (per la presenza di attori famosi e per la spettacolarità tipica del genere) ma con caratteristiche da produzioni indipendente, soprattutto per quanto riguarda le disponibilità economiche. Ciononostante il punto nodale di un film come quello di Wirkola risiede soprattutto nell'uso che il regista fa dei topoi tipici della fantascienza. Succede, infatti, che nell'impianto action thriller della struttura narrativa le questioni legate agli sviluppi derivati dagli elementi di genere che ruotano attorno alla società immaginata da "Seven Sisters" sono appena accennati e, si capisce dall'evoluzione della storia, destinati a incidere solamente sul piano del conflitto e delle emozioni che regolano i rapporti tra le parti. Da questo punto di vista il film di Wirkola legittima la sua etichetta di prodotto di consumo, allontanando i contenuti della vicenda da eventuali riflessioni sulle questioni del tempo presente, solitamente trasfigurate nelle forme di organizzazione sociale presenti in questo genere di film fantascienza. Ciò non toglie che il risultato finale sia comunque gradevole e, che "Seven Sisters" sia in grado di offrire ai fan di Noomi Rapace la possibilità di ammirare il trasformismo di un'attrice che si trova a suo agio sia quando si tratta di impersonare una femminilità intrigante e pericolosa, sia quando a prevalere è il lato più mascolino ed energetico della sua personalità.
Carlo Cerofolini
Carlo Cerofolini
(pubblicato su http://ift.tt/1OTkBh2 festival di Locarno 70)
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