mercoledì 27 dicembre 2017

COME UN GATTO IN TANGENZIALE

Come un gatto in tangenziale
di Riccardo Milani
con Paola Cortellesi, Antonio Albanese, Claudio Amendola
Italia, 2017 
genere, commedia
durata, 98’


Giovanni (Antonio Albanese) è un intellettuale che viene remunerato per ciò che pensa (Think Tank); Monica (Paola Cortellesi) è una borgatara che vive nella borgata romana di Bastogi.
Lui vive in un lussuoso appartamento nel centro di Roma, lei in una squallida casa all’interno di un casermone.
I due si incontrano a causa dei loro figli tredicenni che si innamorano e iniziano forzatamente a frequentarsi. Finale aperto e a sorpresa soprattutto per Monica e Giovanni, anche se forse la loro storia durerà come "un gatto in tangenziale”.
Nuovo film di Riccardo Milani che ci riprova con la coppia Albanese-Cortellesi dopo il lungometraggio di successo dello scorso anno “Mamma o papà”?
Il tema parla del conflitto sociale tra il ricco e il povero, l’intellettuale radical-chic di sinistra e la cameriera borgatara. Il razzismo ed il pregiudizio è qui reciproco e violento e rivela la profonda incomunicabilità originaria e naturale tra due mondi che come due rette parallele non si incontreranno mai… oppure si incontreranno all’infinito.
E Monica e Giovanni – le due rette parallele - finiscono per incontrarsi proprio all’infinito a causa dei loro ragazzi che hanno deciso di fidanzarsi.
Il ragazzo vive nella borgata romana di Bastogi tra indiani, gente del Bangla Desh, spacciatori, tossici e comuni delinquenti. La ragazza parla francese e indossa abiti e borse firmate e vive con il padre in un lussuosissimo appartamento nel cuore della capitale.
Ma i loro genitori – pur diversi in tutto – concordano sul fatto che questa storia non può continuare e iniziano a frequentarsi per evitare il peggio, aspettando che il destino o il tempo separino i loro ragazzi.
Lontana dalle melodie d’amore shakespeariano di Romeo e Giulietta, la storia - pur se sembra rimandare alla più famosa storia d’amore  di tutti i secoli – non potrebbe esserne più distante.
Rappresenta un mero pretesto per svolgere il tema delle classi a confronto, del dualismo centro-periferia attraverso però una esagerata caricatura degli stessi protagonisti.
Riccardo Milani probabilmente utilizza questo eccesso nei suoi personaggi per suscitare maggiore ilarità nel pubblico e rendere più intensa la commedia, ma il risultato è negativo, perché strappa sì qualche sorriso ma toglie credibilità ai personaggi stessi. Paola Cortellesi viene eccessivamente dipinta come una “coatta romana”, coloratissima, piena di tatuaggi, orecchini -lampadario, con la pelle perennemente abbronzata, unghie laccatissime e scarpe aperte sul davanti. Sembra sempre stia masticando gomme e si muove come chi è sempre sul punto di colpirti con una mazza da baseball.
Antonio Albanese è il suo esatto contrario: grigio, minimalista, sembra sempre indossare la cravatta anche al mare, cortese e ben educato. Almeno nelle apparenze visto che predica l’integrazione ed il supporto finanziario alle periferie romane, ma quando si tratta della sua vita e di quella di sua figlia si chiude a riccio nella sua prigione dorata e diventa il peggiore razzista di classe.
L’integrazione va bene ..ma solo se non tocca la vota di chi generosamente la auspica, va bene ma solo a parole. Il film è pieno zeppo di luoghi comuni: la spiaggia borgatara di Coccia di Morto, vicino Passo Scuro dove tutti fanno casino e sono chiassosamente colorati non può stare al passo con quella di Capalbio dove tutti parlano sussurrando e dove si sta scalzi per sei mesi l’anno per stare a contatto con la terra.

Il multiplex diventa un luogo pieno di persone rumorose che masticano, ruminano popcorn e ingurgitano Coca-Cola guardando film senza alcuno spessore, mentre il cinema d’essai è la sala per gli intellettuali che guardano film armeni sottotitolati in francese e rispettano in silenzio il lungometraggio anche se non ha contenuti e messaggi particolari, restando diligentemente seduti alla loro poltrona anche oltre i titoli di coda..
Anche il marito criminale di Monica (Claudio Amendola) è una caricatura: parrucchiere di professione, macellaio rissaiolo per passione e indole, anche lui coattissimo, coloratissimo, pieno di tatuaggi.. in una parola eccessivo.
Paola Cortellesi è sempre bravissima e ci ha ormai abituati a vederla in questi ruoli di donna forte di umili origini, ma l’effetto che ne scaturisce nel suo insieme è quello di dipingerci realtà stereotipate ed esagerate, schiave di clichè che oggi non ritroviamo più così nettamente come il regista ci vuole mostrare. Lo stesso finale è una forzatura dell’andamento della sceneggiatura, laddove affrettatamente ci vorrebbe aprire alla speranza dell’integrazione, perlomeno dei cuori dei due protagonisti che, d’un tratto e del tutto inopinatamente, sembrano sentire la mancanza l’uno dell’altra e seduti su una panchina in centro riescono perlomeno a gustarsi una pizza al cartone…. Forse per il solo tempo di “un gatto in tangenziale”.
Michela Montanari

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