La ragazza senza nome
di Luc Dardenne, Jean-Pierre Dardenne
con Adele Haenel, Jérémie Renier, Olivier Gourmet
Belgio, 2016
genere: drammatico
durata: 113'
Jenny Davin è una giovane dottoressa molto stimata, al punto che un importante ospedale ha deciso di offrirle un incarico di rilievo. Intanto conduce il suo ambulatorio di medico condotto, in cui va a fare pratica Julien, uno studentessa in medicina. Una sera, un'ora dopo la chiusura, qualcuno suona al campanello e Jenny decide di non aprire. Il giorno dopo la polizia chiede di vedere la registrazione del video di sorveglianza dello studio perché una giovane donna è stata trovata morta nelle vicinanze. Si tratta di colei a cui Jenny non ha aperto la porta. Sul corpo non sono stati trovati documenti. I fratelli Dardenne si avventurano sul terreno della detection, tanto che inizialmente avevano pensato di avere come protagonista un poliziotto. Abbandonata l'idea, hanno ampliato notevolmente il campo di indagine, soprattutto sul personaggio, a partire dal titolo. Se la dottoressa cerca di scoprire chi sia la ragazza sconosciuta, quasi dovesse risarcirla, offrendole un'identità per quella porta non aperta, anche lo spettatore si trova davanti a una persona non nota. Di Jenny non conosciamo nulla, se non quello che vediamo: non ci viene fornito il benché minimo elemento che ci consenta di conoscere qualcosa del suo passato o del suo privato, al di là di quanto attiene alla sua professione e alla sua ricerca.
Forse proprio per questo troviamo in lei quasi una sintesi di tanti personaggi dardenniani: a partire dal lontano "La promesse", con il bisogno di risarcire una morte, fino alla generosità gratuita della parrucchiera di "Il ragazzo con la bicicletta". Il difetto di questo film è quello di seguire un po' troppo lo schema a tappe recentemente proposto con "Due giorni, una notte". Si tratta, però, di un peccato veniale, facilmente superato dallo sguardo laicamente partecipe che i fratelli belgi riservano a una società in cui l'individuo è sempre più solo dinanzi alle proprie aporie esistenziali. Jenny ha scelto di essere colei che offre aiuto al prossimo sul piano più delicato, quello della salute. Ma è anche colei che pretende, da chi potrebbe diventare un collega, il distacco, a suo avviso, indispensabile per esercitare la professione di medico. Non riesce, invece, a interporre una distanza tra sé e quel corpo abbandonato senza nome. Come in "Still Life" di Uberto Pasolini, siamo dinanzi a una ricerca di identità per un corpo che non trova nessuno che sia disposto a offrirgliene una e che, come afferma la dottoressa, "non è morto se continua ad agire nel nostro pensiero". Lasciarsi coinvolgere comporta sacrifici e rischi, ai quali i personaggi dardenniani non si sottraggono, perché plasmati sul reale e sulla straordinarietà di un quotidiano in cui anche il regalo di un panettone diventa piccolo ma significativo segno di riconoscenza per l'assistenza ricevuta da chi sa donare, al di là del proprio dovere.
Riccardo Supino
di Luc Dardenne, Jean-Pierre Dardenne
con Adele Haenel, Jérémie Renier, Olivier Gourmet
Belgio, 2016
genere: drammatico
durata: 113'
Jenny Davin è una giovane dottoressa molto stimata, al punto che un importante ospedale ha deciso di offrirle un incarico di rilievo. Intanto conduce il suo ambulatorio di medico condotto, in cui va a fare pratica Julien, uno studentessa in medicina. Una sera, un'ora dopo la chiusura, qualcuno suona al campanello e Jenny decide di non aprire. Il giorno dopo la polizia chiede di vedere la registrazione del video di sorveglianza dello studio perché una giovane donna è stata trovata morta nelle vicinanze. Si tratta di colei a cui Jenny non ha aperto la porta. Sul corpo non sono stati trovati documenti. I fratelli Dardenne si avventurano sul terreno della detection, tanto che inizialmente avevano pensato di avere come protagonista un poliziotto. Abbandonata l'idea, hanno ampliato notevolmente il campo di indagine, soprattutto sul personaggio, a partire dal titolo. Se la dottoressa cerca di scoprire chi sia la ragazza sconosciuta, quasi dovesse risarcirla, offrendole un'identità per quella porta non aperta, anche lo spettatore si trova davanti a una persona non nota. Di Jenny non conosciamo nulla, se non quello che vediamo: non ci viene fornito il benché minimo elemento che ci consenta di conoscere qualcosa del suo passato o del suo privato, al di là di quanto attiene alla sua professione e alla sua ricerca.
Forse proprio per questo troviamo in lei quasi una sintesi di tanti personaggi dardenniani: a partire dal lontano "La promesse", con il bisogno di risarcire una morte, fino alla generosità gratuita della parrucchiera di "Il ragazzo con la bicicletta". Il difetto di questo film è quello di seguire un po' troppo lo schema a tappe recentemente proposto con "Due giorni, una notte". Si tratta, però, di un peccato veniale, facilmente superato dallo sguardo laicamente partecipe che i fratelli belgi riservano a una società in cui l'individuo è sempre più solo dinanzi alle proprie aporie esistenziali. Jenny ha scelto di essere colei che offre aiuto al prossimo sul piano più delicato, quello della salute. Ma è anche colei che pretende, da chi potrebbe diventare un collega, il distacco, a suo avviso, indispensabile per esercitare la professione di medico. Non riesce, invece, a interporre una distanza tra sé e quel corpo abbandonato senza nome. Come in "Still Life" di Uberto Pasolini, siamo dinanzi a una ricerca di identità per un corpo che non trova nessuno che sia disposto a offrirgliene una e che, come afferma la dottoressa, "non è morto se continua ad agire nel nostro pensiero". Lasciarsi coinvolgere comporta sacrifici e rischi, ai quali i personaggi dardenniani non si sottraggono, perché plasmati sul reale e sulla straordinarietà di un quotidiano in cui anche il regalo di un panettone diventa piccolo ma significativo segno di riconoscenza per l'assistenza ricevuta da chi sa donare, al di là del proprio dovere.
Riccardo Supino
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