La verità sta in cielo
di Roberto Faenza
con Riccardo Scamarcio, Maya Sansa, Greta Scarano
Italia, 2016
genere, thriller
durata: 94'
È il 22 giugno 1983 quando Emanuela Orlandi, figlia quindicenne di un messo pontificio, scompare: prende avvio un'indagine che durerà per decenni. Con l'avvento di Mafia Capitale, una giornalista di origine italiana si mette sulle sue tracce, contattando la collega che ha raccolto la testimonianza di Sabrina Minardi, ex amante di Enrico "Renatino" De Pedis, probabilmente direttamente coinvolto nella scomparsa della Orlandi. Roberto Faenza mette insieme una ricostruzione minuziosa e dettagliata degli eventi, possibile grazie ad un encomiabile lavoro di ricerca e all'utilizzo di materiali d'archivio, che riportano alla memoria momenti cruciali della storia nazionale e i complessi rapporti con il Vaticano. In questo modo, però, "La verità sta in cielo" non aiuta lo spettatore fornendo una chiave di lettura univoca.
La lezione di Leonardo Sciascia è quella che ogni storia, anche la più complicata, può diventare semplice se si è in grado di evidenziare le dinamiche della vicenda e la logica che guida le azioni di pochi ai danni di molti. Ancora l'autore siciliano, ma anche alcuni registi come Elio Petri e Marco Bellocchio, sono stati in grado di fare leva su quella valenza metafisica della politica italiana così universalmente riconoscibile. La raccolta delle notizie che la cronaca ci ha raccontato non equivale a una rilettura artistica di ciò che è accaduto, a maggior ragione quando la narrazione è appesantita da dialoghi trasposti letteralmente, senza restituire il senso profondo di quelle conversazioni. Gli attori, tutti molto bravi, si sforzano di dare un po' di spontaneità a questi scambi di battute che suonano un po' innaturali, senza riuscire a ribellarsi ad uno schema narrativo che finisce per occultare la verità dietro un eccesso di retorica. Le continue critiche, non troppo velate, al modo italiano di fare le cose in realtà non illuminano mai le motivazioni dietro a comportamenti che, pur aberranti, hanno una loro spiegazione. Shakespeare e Machiavelli, entrambi citati nel film, sapevano raccontare i giochi di potere soprattutto nella loro valenza simbolica, perché sapevano riassumere il materiale a loro disposizione per arrivare all'essenza del "ragionamento". È una pellicola che ha l'ambizione di raccontare una pagina scura della storia d'Italia, forse in maniera un po' troppo didascalica.
Riccardo Supino
di Roberto Faenza
con Riccardo Scamarcio, Maya Sansa, Greta Scarano
Italia, 2016
genere, thriller
durata: 94'
È il 22 giugno 1983 quando Emanuela Orlandi, figlia quindicenne di un messo pontificio, scompare: prende avvio un'indagine che durerà per decenni. Con l'avvento di Mafia Capitale, una giornalista di origine italiana si mette sulle sue tracce, contattando la collega che ha raccolto la testimonianza di Sabrina Minardi, ex amante di Enrico "Renatino" De Pedis, probabilmente direttamente coinvolto nella scomparsa della Orlandi. Roberto Faenza mette insieme una ricostruzione minuziosa e dettagliata degli eventi, possibile grazie ad un encomiabile lavoro di ricerca e all'utilizzo di materiali d'archivio, che riportano alla memoria momenti cruciali della storia nazionale e i complessi rapporti con il Vaticano. In questo modo, però, "La verità sta in cielo" non aiuta lo spettatore fornendo una chiave di lettura univoca.
La lezione di Leonardo Sciascia è quella che ogni storia, anche la più complicata, può diventare semplice se si è in grado di evidenziare le dinamiche della vicenda e la logica che guida le azioni di pochi ai danni di molti. Ancora l'autore siciliano, ma anche alcuni registi come Elio Petri e Marco Bellocchio, sono stati in grado di fare leva su quella valenza metafisica della politica italiana così universalmente riconoscibile. La raccolta delle notizie che la cronaca ci ha raccontato non equivale a una rilettura artistica di ciò che è accaduto, a maggior ragione quando la narrazione è appesantita da dialoghi trasposti letteralmente, senza restituire il senso profondo di quelle conversazioni. Gli attori, tutti molto bravi, si sforzano di dare un po' di spontaneità a questi scambi di battute che suonano un po' innaturali, senza riuscire a ribellarsi ad uno schema narrativo che finisce per occultare la verità dietro un eccesso di retorica. Le continue critiche, non troppo velate, al modo italiano di fare le cose in realtà non illuminano mai le motivazioni dietro a comportamenti che, pur aberranti, hanno una loro spiegazione. Shakespeare e Machiavelli, entrambi citati nel film, sapevano raccontare i giochi di potere soprattutto nella loro valenza simbolica, perché sapevano riassumere il materiale a loro disposizione per arrivare all'essenza del "ragionamento". È una pellicola che ha l'ambizione di raccontare una pagina scura della storia d'Italia, forse in maniera un po' troppo didascalica.
Riccardo Supino
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