lunedì 17 ottobre 2016

FESTA DEL CINEMA DI ROMA: MAX STEEL

Max Steel
di, S.Hendler
con: Ben Winshell, Ana Villafañe, Maria Bello,  Andy Garcia
USA 2016
durata, 92'


Da molte parti (e da molto tempo) si sostiene che la pervicacia con cui il Cinema americano - sezione fantastico - si mette a caccia di nuovi eroi, sia oramai degna di una causa migliore che non sia solo quella di un'ipotetica, enorme remunerazione. Pietra di paragone (e, volendo, dello scandalo) di questi ultimi anni è stata di certo la Marvel la quale, all'inizio con qualche cautela, poi in proporzioni sempre più ampie ha finito, per così dire, per riversare quasi per intero il proprio universo a fumetti sul grande schermo (a distanza ma con una logica non dissimile seguita dall'altro cosmo, quello targato DC). Impegni sempre più gravosi negl'investimenti, a fronte di ritorni assestatisi su livelli altalenanti tali che, in più di un caso, si è giunti alla stretta di riavviare da zero le gesta di qualche campione in affanno al botteghino, hanno reso più manifesto - al di là dell'ineludibile nodo scorsoio dei costi e dei ricavi - un qual fiato corto della formula originaria, sempre più assisa su moduli, sviluppi e trovate che, paradossalmente, nella loro quasi pedissequa ripetizione, hanno via via intaccato lo smalto di un immaginario tra i più significativi della cultura popolare della seconda metà del secolo scorso.

L'apparizione in un contesto siffatto - tra l'altro, ad oggi e in generale, ancora in cerca di un rilancio convincente - di un prodotto come "Max Steel", personaggio estratto di peso dalla linea di montaggio di una delle multinazionali del giocattolo, la Mattel, come pure al centro di alcune serie animate nel passato recente, offre argomentazioni ulteriori al già copioso fascicolo delle diagnosi a proposito della sindrome dell'eroe, mentre poco aggiunge alla lista degli eventuali farmaci da inserire in una terapia efficace. Le avventure del giovane Max McGrath/Winshell, infatti, liceale riflessivo e solitario, di fatto appartato "ma mai al punto da apparire sfigato", come lo apostrofa la scaltra Sofia/Villafañe, coetanea di cui il nostro implacabilmente s'innamorerà, si snodano percorrendo senza troppi scossoni i binari che tracciano il ben noto percorso al termine del quale un tranquillo ragazzo qualunque, attraverso la collaudata scoperta accidentale del possesso di prodigiosi assi-nella-manica (nel caso, la facoltà, per il tramite di una fisiologia particolare, di produrre e quindi utilizzare fasci di energia tachionica), trasforma la sua esistenza nello strumento di un destino più grande. E se come sovente accade gl'istanti di sconforto e d'incomprensione nei riguardi di un mondo che ad un adolescente è di per sé ostile (qui, nel riflesso di una madre affettuosa ma reticente circa il lascito umano e scientifico di un padre scomparso in circostanze misteriose; una scuola che lo tratta con la rispettosa indifferenza che si riserva a quelli-appena-arrivati-da-fuori, e via così), lo scoraggiamento ma al tempo l'insopprimibile istinto di non lasciarsi sopraffare, vieppiù sostenuto dalla rivelazione di una stupefacente differenza, s'impongono come passaggi significativi perché pregni - indipendentemente dalla loro stessa realizzazione - di una promessa, di una vitalità che la componente supereroistica briga per/dovrebbe accrescere (ingenerando, come che sia, altrettante aspettative), ecco che l'azione vera e propria assai presto s'instrada sullo scartamento ridotto di frequentatissimi itinerari - l'addestramento per mettere al passo anatomia e poteri; il primo corpo a corpo con il Male, stavolta temibili mostri-tornado chiamati Ultralink; la necessità di risalire alle origini della propria alterità come prezzo da pagare all'età matura, et. - sorprese, agnizioni e collasso-da-sovraccarico incluso, a cui fa da simpatico - ed unico - contraltare il piccolo alieno Ak'stel, detto Steel, ciarliero e pasticcione alter-ego di Max, simile, per quanto alla lontana, ad un pesce leone meccanico, rutilante e brioso quel tanto da sopperire in parte alle presenze più o meno esornative di un cast che annovera, tra gli atri, M.Bello nella parte della madre e addirittura A.Garcia in quella del cattivo di turno.

Nulla esclude, in ogni caso, un ampliamento delle vicende del paladino tachionico, se non il piglio severo dei numeri. Tutto si tiene, insomma. Ad Hollywood più che altrove.
TFK

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