Antiviral
di Brandon Cronenberg
con Caleb Landry Jones, Sarah Gadon, Malcolm McDowell, Douglas Smith
Canada, 2012
Genere, fantascienza, horror, thriller
durata 110’
In un futuro non troppo lontano l’ossessione per le celebrità è arrivato a un punto tale che i fan arrivano non solo a seguirne la vita intima in tutti i suoi risvolti, ma persino a voler provare le stesse malattie o mangiarne la stessa carne. Ecco che allora ci sono negozi che vendono “bistecche” delle persone famose fatte di loro cellule coltivate in vitro, oppure cliniche che offrono e inoculano i virus delle malattie dei personaggi famosi a chi ne fa richiesta: un herpes, un’influenza, un raffreddore, una malattia venerea o altro.
Syd March (Caleb Landry Jones) è un tecnico di una di queste particolari cliniche, la “Lucas Clinic”, che ha sotto contratto una famosa modella e attrice Hannah Geist (Sarah Gadon). Syd passa le giornate a promuovere e commercializzare il virus delle star ai clienti, uomini e donne comuni che in questo modo si sentono vicine completamente ai loro idoli e possono vivere un’esperienza fisica estrema e totale. Ma Syd lavora anche per il mercato nero: attraverso una macchina i virus sono personalizzati e sono resi non trasmissibili, ma se l’inocula, li copia nel suo appartamento con una macchina rubata e ben nascosta in un doppio fondo dell’armadio, per poi rivenderli a uno “spacciatore”, un proprietario di un negozio che vende la carne composta dalle cellule coltivate in vitro dei divi.
Quando Syd s’inietta un virus che ha colpito di Hannah Geist scopre a sue spese che è mortale e che la diva sta morendo. Inizia una ricerca per trovare un antidoto e si scontra, oltre che con personaggi senza scrupoli del mercato nero, con i componenti di una clinica concorrente della Lucas, la “Vole & Tesser” in una guerra commerciale senza esclusione di colpi. Poco a poco si svelerà il complotto della “Vole & Tesser” che ha creato un virus artificiale per infettare la Geist e poi brevettarlo. Nasce così una nuova frontiera, la vita oltre la morte, dove la diva sarà rinchiusa in un polmone d’acciaio e il suo corpo modificato da un virus che ne espande la carne e la mente, permettendole di comunicare con il mondo esterno attraverso un visore. Syd, in cambio dell’antidoto, diviene il capo tecnico della “Vole & Tesser” e responsabile del “nuovo prodotto”.
Viene messa in scena una società alienata e alienante, dove le persone comuni, per dare un senso alle vuote esistenze vissute, arrivano letteralmente a “cannibalizzare” le proprie divinità di carta e di immagini, che non hanno più diritto a una vita privata, ma sono trasformati in corpi da manipolare, mutare, trasformare, riprodurre all’infinito. Una realtà dove il virus mutante è inoculato nel tessuto sociale, un virus la cui malattia è l’assenza dell’individualità e la fusione psicologica con l’altro immaginato, costruito, proiettato. L’individuo in quanto tale ha perso il senso della realtà, egli stesso è portatore di una malattia sociale. La mutazione è completa e ciò che conta è convivere con la malattia che ti permette di restare in una perenne stasi tra vita e morte, in un eterno presente, senza più passato né futuro, ma solo dove la carne perde ogni confine fisico, trasformandosi in un vettore continuamente mutageno e in espansione.
“Antiviral” di Brandon Cronenberg, figlio del famoso autore David, è alla sua opera prima (e per ora unica), mai uscita sugli schermi italiani, dove affronta temi comuni alla filmografia del padre: la carne e la sua mutazione; il virus come vettore di trasformazione sociale; la malattia che diviene l’emblema dello stato perenne dell’individuo. Anche se riesce a mettere in scena con un certo interesse la società anomica e distopica, dove l’immagine è carne, e grazie anche a un convincente protagonista come Caleb Landry Jones, sufficientemente emaciato ed efebico e che porta in modo convincente sulle spalle l’orrore della situazione che vive, il giovane regista è molto debitore alle tematiche paterne. Brandon Cronenberg (anche autore della sceneggiatura) compie una clonazione delle opere di David Cronenberg e che, anche nella riproduzione dell’intreccio con lo scontro tra le due cliniche concorrenti, ricordano molto d vicino le prime opere di David Cronenberg, come “Crimes of the Future”, “Il demone sotto la pelle”, “Scanners” e “Videodrome”, attualizzando alcuni temi, ma rimanendo in un ambito di maniera e ancora con una voce acerba che non lo rende originale e innovativo. “Antiviral” sembra quasi un tributo, un atto di stima alla grandezza del genio paterno, come se Brandon vivesse e sentisse tutto il peso del confronto con una figura superiore alla sua e che alla fine risulta ingombrante. Il giovane regista mostra delle qualità visive inusuali, ma se non riuscirà a tagliare il cordone ombelicale “Antiviral” rimarrà un’opera isolata oppure non potrà che ridursi a un semplice copista. E come in “Inseparabili”, la separazione potrebbe portare a un risultato senza futuro per Brandon.
Antonio Pettierre
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