Zootropolis
di Byron Howard
con Ginnifer Gudwin, Jason Bateman, Paolo Ruffini, Frank Matano
USA 2016
genere: animazione
durata, 108'
La coniglietta Judy Hopps, con disappunto dei genitori che la vorrebbero coltivatrice di carote, frequenta l'accademia di polizia e parte per la grande città, Zootropolis, dove tutti possono essere ciò che vogliono. Indagherà di testa sua su un caso di sparizioni, tirandosi dietro con un ricatto il truffatore Nick Wilde, volpe poco di buono, ma meno ingenuo di lei. L'utopia politicamente corretta di "Zootropolis" traballerà, e così faranno i preconcetti di entrambi.
E, con i loro, forse anche i nostri; ci aspetteremmo da Zootropolis solo divertimenti personaggi antropomorfi in stile "Robin Hood", ma il film di Byron Howard non è solo questo: contiene una ricca quantità di gaG, che costituisce, forse, l'aspetto maggiormente positivo di tutto il film.. Per tranquillizzare le aspettative più classiche, possiamo confermare quello che si deduce dai trailer: un ridicolmente lento bradipo allo sportello della motorizzazione è geniale, un club di animali nudisti è gustoso e paradossale, il tripudio di idee scenografiche in Cinemascope è avvolgente, la cura di design e animazione dei personaggi è all'altezza della casa. Tutto quello che si cerca per i bambini c'è, però allo spettatore non rimane solo questo.
"Zootropolis" non rinnega il sogno, la forza dell'etica e della positività, la fede nei propri ideali di giustizia e la ricerca della felicità, ma li colloca in alto, in cima a una montagna di difficoltà concrete tutta da scalare, senza più fate, principi azzurri o certezze incontrovertibili. Lo urla anche il bufalo-capitano a Judy: "Questa non è una favola, questa è la realtà, cosa credevi?". La forza del copione non sta nel condurre lo spettatore in un percorso di semplicistica accettazione del diverso, che non sarebbe poi una novità nell'animazione cinematografica. La storia procede in senso inverso, partendo da una convivenza apparentemente idilliaca tra animali prede e predatori, demolendola via via e infine recuperandola come conquista né facile né definitiva, bensì quotidiana.
E' impossibile, guardando "Zootropolis", non pensare a tolleranza, convivenza multietnica, strategie della paura, femminismo, evoluzione dell'individuo e della società. Bisogna fare, tuttavia, attenzione a non fraintendere: con tempi di lavorazione di tre anni, non potrebbe mai ammiccare a tristi recenti traumi collettivi, men che meno a polemiche più scottanti sul rapporto tra legge e natura. Se però un adulto non riesce a controllarsi e riempie le metafore aperte di "Zootropolis" con le proprie paure, i propri sogni e le proprie ideologie, questo avviene perché Judy e Nick non sono solo una coniglietta e una volpe caricaturali, ma incarnano tipi umani, come molto realistiche sono le scene che li vedono raccontare esperienze d'infanzia o cercare, teneri con le loro umanissime e contagiose lacrime, di venire a capo delle dinamiche di una società. "La vita è complicata", concluderà Judy: "Zootropolis" non vuol dire a noi o ai nostri figli cosa o come pensare, vuole soltanto ricordarci l'importanza di farlo, in uno stile che ricorda molto quello di Esopo.
E, con i loro, forse anche i nostri; ci aspetteremmo da Zootropolis solo divertimenti personaggi antropomorfi in stile "Robin Hood", ma il film di Byron Howard non è solo questo: contiene una ricca quantità di gaG, che costituisce, forse, l'aspetto maggiormente positivo di tutto il film.. Per tranquillizzare le aspettative più classiche, possiamo confermare quello che si deduce dai trailer: un ridicolmente lento bradipo allo sportello della motorizzazione è geniale, un club di animali nudisti è gustoso e paradossale, il tripudio di idee scenografiche in Cinemascope è avvolgente, la cura di design e animazione dei personaggi è all'altezza della casa. Tutto quello che si cerca per i bambini c'è, però allo spettatore non rimane solo questo.
"Zootropolis" non rinnega il sogno, la forza dell'etica e della positività, la fede nei propri ideali di giustizia e la ricerca della felicità, ma li colloca in alto, in cima a una montagna di difficoltà concrete tutta da scalare, senza più fate, principi azzurri o certezze incontrovertibili. Lo urla anche il bufalo-capitano a Judy: "Questa non è una favola, questa è la realtà, cosa credevi?". La forza del copione non sta nel condurre lo spettatore in un percorso di semplicistica accettazione del diverso, che non sarebbe poi una novità nell'animazione cinematografica. La storia procede in senso inverso, partendo da una convivenza apparentemente idilliaca tra animali prede e predatori, demolendola via via e infine recuperandola come conquista né facile né definitiva, bensì quotidiana.
E' impossibile, guardando "Zootropolis", non pensare a tolleranza, convivenza multietnica, strategie della paura, femminismo, evoluzione dell'individuo e della società. Bisogna fare, tuttavia, attenzione a non fraintendere: con tempi di lavorazione di tre anni, non potrebbe mai ammiccare a tristi recenti traumi collettivi, men che meno a polemiche più scottanti sul rapporto tra legge e natura. Se però un adulto non riesce a controllarsi e riempie le metafore aperte di "Zootropolis" con le proprie paure, i propri sogni e le proprie ideologie, questo avviene perché Judy e Nick non sono solo una coniglietta e una volpe caricaturali, ma incarnano tipi umani, come molto realistiche sono le scene che li vedono raccontare esperienze d'infanzia o cercare, teneri con le loro umanissime e contagiose lacrime, di venire a capo delle dinamiche di una società. "La vita è complicata", concluderà Judy: "Zootropolis" non vuol dire a noi o ai nostri figli cosa o come pensare, vuole soltanto ricordarci l'importanza di farlo, in uno stile che ricorda molto quello di Esopo.
Riccardo Supino
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