Life
di Anton Corbijn
con Robert Pattison, Dane DeHaan, Alessandra Mastonardi
Usa, 2015
genere, drammatico, autobiografico
durata, 111'
“Now Night arrives with her purple legion. / Retire now to your tents & to your dreams. / Tomorrow we enter the town of my birth. / I want to be ready.”
James Douglas Morrison/The celebration of the Lyzard.
Inquadrare e restituire la complessità di un personaggio come James Dean, uno che è - nonostante la scarna filmografia alla quale appartengono solo tre titoli; nello specifico “La valle dell’Eden”, “Il gigante” e “Gioventù bruciata” - tra i volti più noti ed influenti d’America, era un’operazione tutt’altro che semplice. Visti i presupposti, dunque, mettere dietro la macchina da presa Anton Corbijn è stata una scelta quanto mai oculata.
Il nostro infatti concentra la narrazione sull’amicizia tra il divo - da segnalare l’ottima interpretazione di Dane DeHaan - ed il fotografo della rivista Life Dennis Stock - interpretato invece da Robert Pattinson - dove il personaggio di quest’ultimo sembra ripercorrere le stesse azioni del regista, cercando di catturare le movenze interiori di Dean e levandogli di dosso tutti i luoghi comuni circa il ribelle dell’ultim’ora - scelta arguta, questa, essendo difatti l’attore distante anni luce da quelle che saranno le successive ribellioni giovanili e beatnik -. Operazione che somiglia negli intenti al film d’esordio, “Control”, dove il costante tentativo di mettere a fuoco il disagio interiore è sempre accompagnato dall’accuratezza d’analisi del contesto storico-culturale che, se nel caso di Ian Curtis veniva rappresentato tramite una Manchester fredda ed in bianco e nero, qui riassume il sentimento americano tripartito tra l’ambiente glamour e sciocco della west coast losangelina, la ricerca dell’arte underground e/o di nicchia che fioriva a New York e gli spazi desolati e archetipici dell’Indiana.
Indiana, qui, rappresentato come Casa - Dean era nato a Marion, cresciuto in una fattoria; quella con Stock fu l’ultima volta che vi fece ritorno -: ed è proprio tramite il desiderio costante del ritorno, in equilibro tra il lirismo e la canzonatura propri dei versi di James Riley, che Corbijn chiude il cerchio e offre un punto di vista inedito ed uno sguardo quanto mai intimo su una delle icone più commercializzate del secolo scorso.
Antonio Romagnoli
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