venerdì 19 gennaio 2018

ESTREMI DEL DESIDERIO: LIZ

Estremi del desiderio/Liz




Magari è il senso di rivolta contro la cupa frenesia che ogni giorno tritura un po' di vita in brandelli di un unanime cupio dissolvi, però anestetizza con una sua aspra dolcezza mettere in fila adesso qualcosa su Elizabeth Rosemond Taylor, per tutti, Liz: per chi non si fa fregare, Maggie la gatta. Innanzitutto, Liz/Maggie è sempre stata qui, a fluttuare nei meandri ipotetici del desiderio, in specie per noi che, senza esitazioni, è sempre lei che abbiamo voluto, ben prima che apparisse. Proprio lei. Messa sotto contratto dai vampiri della bellezza quando le sue coetanee dovevano ancora imparare - a scanso di fastidiosi contrattempi - a distinguere il sapone dal dentifricio, lei, di fatto, era già qui. Ed era di nuovo qui, intorno ai diciott'anni, nel suo sacrosanto posto al sole, la schiena mezz'ammaccata dai privilegi maldestri di cavallerizza imberbe: la magnificenza bruna, insolente e indolente, in bella mostra, incontenibile e definitiva, come il nostro tormento. Diciotto anni precoci e procaci, una nuvola di capelli color corvo che, per perdercisi dentro, un esteta malinconico come Baudelaire avrebbe fatto carte false ("Laisse-moi respirer longtemps, longtemps, l'odeur de tes cheveux, y plonger tout non visage..."). E gli occhi impossibili d'ametista, contrariamente all'etimo in grado di stordire come e meglio del whisky delle Ebridi. E' sempre stata qui, Liz. Quindi non se n'è mai andata. Nemmeno dopo i film sbagliati, i matrimoni a grappoli, la grandeur fuori tempo massimo e il cuore stanco.

In una società come la nostra, iperborghese (nelle pose), iperconformista, iperformale, Liz rappresenta il desiderio più divorante: lei è la puttana (in visone, ci mancherebbe) che chiunque, uomo, donna, cyborg, mutante, gnomo, hobbit, silversurfer vorrebbe una volta almeno accanto nel letto per materializzare il sogno (borghese) per eccellenza: l'illusione del raggiungimento della bellezza/armonia attraverso l'abolizione della sua lontananza (una delle unità di misura della perfezione) per il tramite della sua profanazione, del suo abbassamento a oggetto di consumo a-portata-di-mano-della-massa, ossia di realtà ridotta al grado zero di accessibilità.


Nel suo piglio sempre sfuggente, nelle sue pose viziate, nei suoi sorrisi dal fondo enigmatico, Liz incarna il desiderio interdetto alle schiere piccolo borghesi (come da manuale, ipocrite, carogne e retrive fino al midollo): ovvero la Natura trionfante, altera e autosufficiente che - a ben vedere - nemmeno chiede o si cura d'essere ammirata e a cui non si può che opporre la frustrazione di un espediente, di un marchingegno psicologico o dialettico - cioè un tanto di Cultura - che infrangendo, oltraggiando, dissacrando, tenta scompostamente (nei deliri piu sconci) di avvicinare, ossia di controllare il fascino, mettere il guinzaglio all'attrattiva, in generale allaBellezza (Natura al suo meglio), sommo spauracchio per una mentalità che la teme, fondata com'è sulla razionalità, ossessionata dal controllo, indottrinata al rigore e alla rispettabilità.


Liz è la quintessenza e l'ennesima potenza di questo dissidio del desiderio: venustà conturbante, aplomb altamente sofisticato e miraggio senza approdo, delusione eterna del possesso esclusivo e totale. Davvero, Maggie la gatta, a conti fatti: sensuale e obliqua, appetitosa e infida, maliarda e doppia, con un margine vuoto, una specie di silenzio profondo tra sé e il suo offrirsi che aggiunge una nota quasi struggente - oltreché masochistica - al desiderio di lei e ne fa il contraltare perfetto di Marilyn, della sua esuberante carnalità, al contrario fin troppo evidente, fin troppo disponibile, ovvia quasi, nella sua estrazione popolare/proletaria e come passibile di esaurimento un istante dopo l'ipotetica conquista. Senza complicazioni, in ogni caso, soprattutto senza trappole: la girl next door che Liz non avrebbe mai potuto (né voluto) essere. Buona per gl'ingenui, insoddisfacente per gl'incontentabili, questi ultimi vessati pure dai non pochi fantasmi dislocati qua e là nel Cinema come interpreti involontari (?), comunque non meno fascinosi della speciale malìa che da lei s'irradia, da Liz/Maggie: quella aristocratica della Connelly; quella da adolescente afflitta della Rider; quella tipicamente britannica, quindi un tanto rigida, della Beckinsale. Persino quella tamarra della Fox. Come si vede, Liz è ancora qui. Difficilmente - fortunati noi - ci libereremo di lei.
TFK

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