Un sacchetto di biglie
di Christian Duguay
con Dorian Le Clech, Batyste Fleurial, Patrick Bruel
Francia, 2017
genere: drammatico
durata, 110’
A Parigi Joseph e Maurice Joffo sono due fratelli ebrei che, bambini, vivono nella Francia occupata dai nazisti. Un giorno il padre dice loro che debbono iniziare un lungo viaggio attraverso la Francia per sfuggire alla cattura. Non dovranno mai ammettere di essere ebrei.
Nel panorama della memorialistica dedicata alla Seconda guerra mondiale e alla Shoah, uno spazio particolare lo occupa un romanzo autobiografico del 1973 in cui l’autore, Joseph Joffo, raccontò la sua esperienza personale di ragazzino in fuga, insieme al fratello e separatamente dal resto della famiglia, dalla Parigi occupata alla zona libera del sud, guidata dal maresciallo Petain. La particolarità risiede nell'essere considerato anche un classico per ragazzi, con lo slancio di un romanzo d’avventura, con tanto di tappe da superare e ostacoli rappresentati dagli orchi nazisti, affrontati con grande ingegno e coraggio da due ragazzi, per poter finalmente ristabilire lo status quo: tornare a vivere insieme ai genitori e ai fratelli più grandi, vivendo sopra il negozio di barbiere che il capo famiglia gestisce con professionalità e spirito di accoglienza.
Evidente è la motivazione che hanno portato alla realizzazione di questo film: la voglia di mantenere vivo il ricordo delle persecuzioni alle quale furono sottoposti gli ebrei europei in quegli anni. L’etica, sicuramente, è la principale valenza da riconoscere avvicinandosi a questo film, che però, rispetto a progetti simili, propone un materiale di partenza avventuroso e picaresco che intrattiene senza annoiare, nonostante qualche caduta nello sdolcinato che ne attenua la portata. È stato fatto un buon lavoro in sede di casting, con il piccolo e irresistibile Dorian Le Clech, che entra presto nel cuore degli spettatori, con la giusta dose di impertinenza e coraggio. Fa piacere ritrovare in un ruolo convincente, quello del padre tutto coraggio e amore, Patrick Bruel, dopo il passo falso italiano di “Una famiglia”. La madre è interpretata dalla sempre brava Elsa Zylberstein, i cui veri nonni scamparono ai rastrellamenti.
Sono proprio gli interpreti, sempre sinceri e verosimili, insieme a una ricostruzione d’epoca di buon livello, a dare forma a una storia sovrabbondante di cliché, a tratti anche divertente, di un’ironia tragica tipica delle situazioni disperate, nel ritratto velenoso dei collaborazionisti, delle piccole meschinerie che in epoca di guerra diventano tragici crimini, “Un sacchetto di biglie” regala i suoi momenti meno consueti, più efficaci, oltre che sempre tristemente attuali, tanto quanto lo è la nostra natura fallace.
Riccardo Supino
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