giovedì 29 giugno 2017

WHIPLASH

Whiplash
di Damiene Chazelle
con Milles Teller, JK Simmons       
Usa, 2014
genere, drammatico
durata, 107'

Al centro della scena ci sono Andrew e la sua ossessione di diventare un grande musicista Jazz. Un corpo in piena espansione e il pensiero che cerca di farsi realtà. Movimenti sincronizzati che Damien Chazelle traduce in una scena iniziale pregna di significati, con la carrellata in avanti della macchina da presa che si fa strada nel corridoio che la separa dallo spazio solitario e poco illuminato in cui il ragazzo esercità freneticamente i gesti di un talento ancora da verificare. Da quel momento in poi il film prosegue lungo due direzioni sovrapposte. La prima visibile a occhio nudo, e relativa al concatenarsi degli eventi che dovranno certificare la leggittimità di quel sogno. Un percorso complicato dagli ostacoli fisici e psicologici imposti dalla tirannica disciplina e dal perfezionismo di un mentore astuto e crudele. La seconda invece, interiore ed emotiva, mette in campo gli aspetti caratteriali e le paure del protagonista, in una continua alternanza tra voglia di farcela e quella di mollare. Oscillazioni di una partitura umana a cui si legano le dinamiche relazionali del protagonista - con il padre e con la possibile fidanzata- portate avanti all'insegna di un'incomunicabilità affettiva e sentimentale che qui fa da preludio alla catartica e definitiva presa di coscienza del personaggio.


Presentato in anteprima alla penultima edizione del Sundance Film Festival, "Whiplash" è solo l'ultimo di una serie di lungometraggi ambientati in un mondo, quello musicale, recentemente omaggiato da film come "Jimi -Is All By my Side" e "Tutto può cambiare", solo per citare alcuni di quelli giunti nelle nostre sale. Come già successo altrove, anche questa volta si trattava di mettere insieme linguaggi differenti -musicale e cinematografico- senza farne restare indietro uno dei due. E poi, almeno negli intenti della nostra storia, di trasformare la passione e il desiderio del protagonista in un afflato condivisibile da un pubblico quanto più eterogeneo. Chazelle ci riesce confondendo gli elementi paradigmatici di un racconto organizzato con una messa in scena al tempo stesso cerebrale (basti pensare all'utilizzo degli sfondi , quasi sempre immersi in un'ombra ancestrale ed evocativa della dimensione psicologica della vicenda), quanto pragmatica, costruita cioè su fatti sostanziali come lo sono le "fatiche" che il protagonista affronta nel corso del film. Ma "Whiplash" ha anche il pregio di farci scoprire un attore come JK Simmons, che fa di tutto per farsi odiare, e ci riesce grazie ad una performance che ricorda, per fisicità e perfidia, quella di L Gossett Jr. in "Ufficiale e gentlluomo". Se i membri dell'Academy se ne accorgono, la statuetta come migliore attore non protagonista avrà trovato un degno vincitore.

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