martedì 2 maggio 2017

Parrebbe proprio di sì. Lo sostengono numerosi studi " Videogames: alleati contro la depressione "




 

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Nel mondo ci sono 1,2 miliardi di persone che giocano ai videogiochi con una certa regolarità. Un esercito immune dalla depressione? Escludendo quelli che ne abusano, parrebbe di si. Molti studi affermano infatti che la gran parte delle persone quando gioca sente una maggiore autostima, più energia fisica e forti emozioni positive, come l’entusiasmo e la curiosità. È il perfetto contrario della depressione.

Apprendimento e gratificazione
Gli studi scientifici hanno monitorano l’attività neuronale e la funzionalità del cervello e hanno mostrato che quando giochiamo ai videogiochi, due parti vengono stimolate costantemente e con intensità: quella associata alle motivazioni e al raggiungimento degli obiettivi (quella a cui si fa rifermento con “sistema della ricompensa” o della “gratificazione”) e quella associata all’apprendimento e alla memoria (cioè l’ippocampo).

Trovare oggetti nascosti, arrivare al traguardo o segnare un gol, concentra la nostra attenzione e crea un senso di determinazione e motivazione. D’altra parte tutti i videogiochi – non solo quelli espressamente didattici – sono istruttivi e fanno imparare qualcosa ai giocatori.

Giocando con il Brain Training
L’ultimo studio che sostiene questa tesi è quello condotto presso l’Università di Davis, negli Usa, e pubblicato sulla rivista Computers in Human Behavior. Gli esperti californiani hanno coinvolto 160 giovani che dicevano di soffrire di depressione lieve. Hanno chiesto loro di cimentarsi per 3-6 minuti al dì con un gioco sul cellulare. I ricercatori hanno usato le app per la stimolazione cognitiva, i cosiddetti brain training o rompicapi.

E’ emerso che più i volontari giocavano, maggiore era la loro percezione di riuscire a controllare il proprio disturbo depressivo. Gli effetti erano più evidenti tra coloro che riteneva di avere un disturbo depressivo di natura ”ereditaria”, insomma un disturbo organico dovuto allo squilibrio di sostanze (neurotrasmettitori) nel loro cervello; meno evidenti, invece, gli effetti su quelli che lamentavano un disturbo depressivo dovuto a circostanze esterne (problemi di lavoro, problemi familiari, e via dicendo).

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