Dans la foret
di Gilles Marchand
con Jérémie Elkaïm, Timothé Vom Dorp, Théo Van de Voorde
Francia, 2016
genere, horror
durata, 103'
Fuori dalla Foresta
Tom, un bambino di otto anni sta giocando con delle composizioni di legno. Le impila uno sopra alle altre, in precario equilibrio mentre discute con una donna le prossime vacanze che farà con il padre in Svezia, divorziato dalla madre e che non vede da quando era molto piccolo. Siamo in una stanza arredata con essenzialità, l'atmosfera è calma, ma ambigua. Il bambino si esprime a fatica, nei suoi occhi si legge un certo timore. La donna gli dice che è fortunato a passare delle vacanze nella foresta. L'incipit di "Dans la forêt" è folgorante e ti fa percepire immediatamente che assisteremo a una storia piena di mistero e di mancate spiegazioni razionali.
Gilles Marchand è un affermato sceneggiatore francese che ha lavorato con Laurent Cantet, Valérie Donzelli, Cédric Kahn e Dominik Moll e al suo terzo lungometraggio da regista. La Donzelli e Moll hanno ricambiato la collaborazione con Marchand: la prima è tra i produttori del film, mentre il secondo è co-sceneggiatore di "Dans la forêt".
Il film del regista e sceneggiatore francese è opera che indaga sulla psicologia infantile, sulle paure della crescita, sul rapporto con un padre distante e poco conosciuto. Tom ha un fratello più grande, Benjamin, che è già più autonomo e adulto e proprio lui ha un rapporto di sfida con la figura paterna che non riconosce fino in fondo, arrivando ad affermare che dubita sia il vero padre. Lo sguardo di Tom, al contrario, è affascinato dal padre che percepisce come un altro da sé e, allo stesso tempo, parte di sé, in continua fascinazione scopica, dove il timore e la paura lo paralizzano e immobilizzano in una contemplazione dell'adulto come corpo/oggetto/territorio (s)conosciuto. Tutto il film quindi viene visto attraverso lo sguardo dei bambini, in particolare quella di Tom con un allineamento della visione dello spettatore: osserviamo lo sviluppo diegetico attraverso il vissuto psichico del bambino e la sua visione distorta, (de)strutturata della realtà.
"Dans la forêt" è diviso, sostanzialmente, in tre parti molto equilibrate tra loro e in un crescendo di suspense e di allarme psicologico che tiene incollato lo spettatore alla poltrona. La prima parte assistiamo all'arrivo dei due bambini in Svezia, ai primi approcci con il padre, alla visita nel laboratorio dove lui lavora. Sarà qui che Tom vede per la prima volta uno strano essere dalla faccia deforme, con un foro in faccia al livello della bocca e il volto deformato. La scoperta del "diavolo" da parte del bambino non lo farà scappare, ma cercare di capire da dove proviene quell'essere e perché solo lui lo può vedere. Tutta questa parte è messa in scena in interni, spazi chiusi, asettici, claustrofobici, geometrici. La messa in quadro avviene filmando porte, finestre, vetrate, soglie da attraversare in un labirinto senza uscita dalla visione.
La seconda parte si svolge in un'enorme e intricata foresta, dove il padre conduce i figli in un capanno sperduto. La terza parte inizia dalla fuga di Benjamin alla richiesta di aiuto dopo la presa di coscienza delle stranezze del padre e la sua fuga con Tom attraverso piccoli laghi all'interno della foresta.
Dentro la ForestaSe apparentemente tutto il resto del film si svolge in gran parte in esterni, l'entrata nel groviglio verde e oscuro è un penetrare all'interno di una massa labirintica che metaforicamente rappresenta il mondo dell'inconscio infantile di Tom. Il padre svela al figlio che lui possiede dei poteri, che può vedere ciò che gli altri non percepiscono. Tom però vede solo il "diavolo" che li segue nella foresta, l'uomo nero non identificato, grumo di oscurità che nasce da altra oscurità. Esempio di Id che emerge dal subconscio di Tom e si materializza, si esteriorizza, rendendo concrete le sue paure infantili.
I buchi nel terreno, nei grandi alberi, sono buchi neri, pieni di oscurità insondabile come solo la mente umana può immaginare e riempiere con le proprie ansie e timori. La foresta è in realtà uno spazio chiuso, molto più circoscritto nella sua infinitezza e indeterminatezza spaziale che la rendono fine a se stessa, in un luogo eterno, senza soluzione di continuità. Il padre è insonne e il bambino lo osserva vagare nella notte come un animale disperato, chiuso in una gabbia che si è costruito con le proprie mani, preso dalle sue ossessioni di controllo e di trasmettere ai figli la paura della civiltà "esterna" al mondo naturale e violento della foresta.
Il diavolo in corpoDopo che Benjamin fugge, approfittando della venuta di tre giovani campeggiatori, il padre si inoltra con Tom nella profondità della foresta, trascinandosi follemente dietro il figlio e una barca per attraversare i vari specchi d'acqua. La visione dell'"uomo nero" si intensifica e il padre incoraggia Tom a non averne paura, a parlargli, a porgli delle domande. La suspense raggiunge il suo acme quando si ha la totale corrispondenza della figura del padre con il "diavolo", ma Tom non ne ha più paura, anzi lo comprende, lo accarezza, gli sta vicino, capendo fino in fondo la sofferenza del Padre/Uomo.
Il foro spalancato al posto della bocca diventa quindi la materializzazione dell'urlo munchiano, della disperazione dell'Uomo di fronte agli orrori del mondo cosiddetto "civile" e la scelta volontaria all'isolamento, alla fuga nel territorio dell'inconscio rappresentato dalla foresta. Solo in questo momento la Creatura/Padre libera il Figlio, lasciandolo tornare dalla madre e dal fratello, ma con una presa di coscienza del proprio ruolo di essere umano che non crede più al "diavolo" (che non esiste) e conscio del male che lo circonda.
Gilles Marchand crea un'opera complessa, stratificata, che può dare adito a molti livelli di lettura, a una miriade di sensazioni, a tutte le sfumature dell'angoscia, visti attraverso occhi infantili. Una messa in scena controllata e ponderata, un equilibrio tra forma e contenuto che fanno di "Dans la forêt" un film tutto da scoprire e che avrebbe meritato maggiore attenzione nella programmazione al Festival di Locarno.
Antonio Pettierre
pubblicata su http://ift.tt/1OTkBh2 69 festival di Locarno
di Gilles Marchand
con Jérémie Elkaïm, Timothé Vom Dorp, Théo Van de Voorde
Francia, 2016
genere, horror
durata, 103'
Fuori dalla Foresta
Tom, un bambino di otto anni sta giocando con delle composizioni di legno. Le impila uno sopra alle altre, in precario equilibrio mentre discute con una donna le prossime vacanze che farà con il padre in Svezia, divorziato dalla madre e che non vede da quando era molto piccolo. Siamo in una stanza arredata con essenzialità, l'atmosfera è calma, ma ambigua. Il bambino si esprime a fatica, nei suoi occhi si legge un certo timore. La donna gli dice che è fortunato a passare delle vacanze nella foresta. L'incipit di "Dans la forêt" è folgorante e ti fa percepire immediatamente che assisteremo a una storia piena di mistero e di mancate spiegazioni razionali.
Gilles Marchand è un affermato sceneggiatore francese che ha lavorato con Laurent Cantet, Valérie Donzelli, Cédric Kahn e Dominik Moll e al suo terzo lungometraggio da regista. La Donzelli e Moll hanno ricambiato la collaborazione con Marchand: la prima è tra i produttori del film, mentre il secondo è co-sceneggiatore di "Dans la forêt".
Il film del regista e sceneggiatore francese è opera che indaga sulla psicologia infantile, sulle paure della crescita, sul rapporto con un padre distante e poco conosciuto. Tom ha un fratello più grande, Benjamin, che è già più autonomo e adulto e proprio lui ha un rapporto di sfida con la figura paterna che non riconosce fino in fondo, arrivando ad affermare che dubita sia il vero padre. Lo sguardo di Tom, al contrario, è affascinato dal padre che percepisce come un altro da sé e, allo stesso tempo, parte di sé, in continua fascinazione scopica, dove il timore e la paura lo paralizzano e immobilizzano in una contemplazione dell'adulto come corpo/oggetto/territorio (s)conosciuto. Tutto il film quindi viene visto attraverso lo sguardo dei bambini, in particolare quella di Tom con un allineamento della visione dello spettatore: osserviamo lo sviluppo diegetico attraverso il vissuto psichico del bambino e la sua visione distorta, (de)strutturata della realtà.
"Dans la forêt" è diviso, sostanzialmente, in tre parti molto equilibrate tra loro e in un crescendo di suspense e di allarme psicologico che tiene incollato lo spettatore alla poltrona. La prima parte assistiamo all'arrivo dei due bambini in Svezia, ai primi approcci con il padre, alla visita nel laboratorio dove lui lavora. Sarà qui che Tom vede per la prima volta uno strano essere dalla faccia deforme, con un foro in faccia al livello della bocca e il volto deformato. La scoperta del "diavolo" da parte del bambino non lo farà scappare, ma cercare di capire da dove proviene quell'essere e perché solo lui lo può vedere. Tutta questa parte è messa in scena in interni, spazi chiusi, asettici, claustrofobici, geometrici. La messa in quadro avviene filmando porte, finestre, vetrate, soglie da attraversare in un labirinto senza uscita dalla visione.
La seconda parte si svolge in un'enorme e intricata foresta, dove il padre conduce i figli in un capanno sperduto. La terza parte inizia dalla fuga di Benjamin alla richiesta di aiuto dopo la presa di coscienza delle stranezze del padre e la sua fuga con Tom attraverso piccoli laghi all'interno della foresta.
Dentro la ForestaSe apparentemente tutto il resto del film si svolge in gran parte in esterni, l'entrata nel groviglio verde e oscuro è un penetrare all'interno di una massa labirintica che metaforicamente rappresenta il mondo dell'inconscio infantile di Tom. Il padre svela al figlio che lui possiede dei poteri, che può vedere ciò che gli altri non percepiscono. Tom però vede solo il "diavolo" che li segue nella foresta, l'uomo nero non identificato, grumo di oscurità che nasce da altra oscurità. Esempio di Id che emerge dal subconscio di Tom e si materializza, si esteriorizza, rendendo concrete le sue paure infantili.
I buchi nel terreno, nei grandi alberi, sono buchi neri, pieni di oscurità insondabile come solo la mente umana può immaginare e riempiere con le proprie ansie e timori. La foresta è in realtà uno spazio chiuso, molto più circoscritto nella sua infinitezza e indeterminatezza spaziale che la rendono fine a se stessa, in un luogo eterno, senza soluzione di continuità. Il padre è insonne e il bambino lo osserva vagare nella notte come un animale disperato, chiuso in una gabbia che si è costruito con le proprie mani, preso dalle sue ossessioni di controllo e di trasmettere ai figli la paura della civiltà "esterna" al mondo naturale e violento della foresta.
Il diavolo in corpoDopo che Benjamin fugge, approfittando della venuta di tre giovani campeggiatori, il padre si inoltra con Tom nella profondità della foresta, trascinandosi follemente dietro il figlio e una barca per attraversare i vari specchi d'acqua. La visione dell'"uomo nero" si intensifica e il padre incoraggia Tom a non averne paura, a parlargli, a porgli delle domande. La suspense raggiunge il suo acme quando si ha la totale corrispondenza della figura del padre con il "diavolo", ma Tom non ne ha più paura, anzi lo comprende, lo accarezza, gli sta vicino, capendo fino in fondo la sofferenza del Padre/Uomo.
Il foro spalancato al posto della bocca diventa quindi la materializzazione dell'urlo munchiano, della disperazione dell'Uomo di fronte agli orrori del mondo cosiddetto "civile" e la scelta volontaria all'isolamento, alla fuga nel territorio dell'inconscio rappresentato dalla foresta. Solo in questo momento la Creatura/Padre libera il Figlio, lasciandolo tornare dalla madre e dal fratello, ma con una presa di coscienza del proprio ruolo di essere umano che non crede più al "diavolo" (che non esiste) e conscio del male che lo circonda.
Gilles Marchand crea un'opera complessa, stratificata, che può dare adito a molti livelli di lettura, a una miriade di sensazioni, a tutte le sfumature dell'angoscia, visti attraverso occhi infantili. Una messa in scena controllata e ponderata, un equilibrio tra forma e contenuto che fanno di "Dans la forêt" un film tutto da scoprire e che avrebbe meritato maggiore attenzione nella programmazione al Festival di Locarno.
Antonio Pettierre
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