Ogni mese riceviamo molte segnalazioni da parte di giovani autori che ci chiedono di prendere visione dei loro lavori e se vogliamo di porli all'attenzione dei nostri lettori. E se molto spesso a mancare non è l'interesse verso queste opere bensì il tempo necessario per potersene occupare, nel caso di "Selezione artificiale" di Fabio Fossati è stato impossibile non farlo, talmente buono è sembrato alla redazione la qualità del corto realizzato dal regista piemontese. Ecco quindi la nostra recensione a cui nei prossimi giorni seguirà la pubblicazione di una lunga intervista al regista e allo sceneggiatore Giovanni Gualdoni.
Carlo Cerofolini
Selezione Artificiale
di, Fabio Fossati
con: Massimo Poggio, Daniela Tusa, Carlotta Zucchetto
Italia, 2016
genere, fantascientifico
durata, 13'
Sopravvivere psicologicamente ad una doppia rivelazione, come quella che avviene nella coppia composta dai due protagonisti di Selezione Artificiale, è assai difficoltoso e mostrare calma o impassibilità non è cosa da tutti, soprattutto se la propria sopravvivenza coniugale, oltreché individuale, all’interno della società in cui si vive, dipende direttamente da alcune condizioni appena entrate in crisi. La meraviglia della nascita di un figlio fa il paio con la tragedia di una prematura disoccupazione ed i due fattori si intersecano fino a rendersi inscindibili, lacerando il rapporto nel periodo possibilmente più florido dello stesso. Il mondo che orbita attorno a Leonardo e Sofia inizia ad incupirsi, le aspettative della donna iniziano a vacillare ed il definitivo crollo è dietro l’angolo, supportato dall’impossibilità sociale di essere ufficialmente riconosciuti come coppia in seguito ai due eventi occorsi. Al rientro in casa dell’uomo la concitazione del dialogo e l’incedere narrativo decollano, la collera prende lentamente il sopravvento sul sentimentalismo e la disgregazione affettiva appare ormai irrimediabile; l’uomo lascia alla propria compagna il compito di decidere sul da farsi, conscio del fatto che il mondo cinico in cui vivono si appresterà a masticarli e sputarli lontani da esso, in caso di decisione errata.
L’insensibilità che li accoglie nella clinica in cui sono costretti a recarsi, accompagnati da una quasi robotica infermiera, permette ai due di aprire gli occhi sulla realtà: lo sprezzo generale della vita che si respira in quel luogo e i grotteschi pensieri che affollano la mente di una coppia a loro vicina non lasciano presagire nulla di positivo per il loro immediato futuro. La necessità del fantascientifico viene risolta a favore di una costante attenzione alle due direttrici tematiche affrontate, quella del sovrappopolamento – problematica non troppo futuristica e di imminente incombenza – e quella più diffusa della possibilità di crescere un pargolo in condizioni economiche precarie, in un gruppo sociale avido e freddo, i cui unici valori accettati sono legati alla moneta, bene di cui questa famiglia si vede ormai privata.
Lo script di Gualdoni è affilato, perfettamente in grado di amalgamare realtà e finzione e sezionare la società moderna, clonandola in un suo doppio distopico e lasciandoci in balia di una eventualità che si ha timore possa divenire certezza. Le sequenze sono orchestrate con stile, la storia prosegue su binari non usuali sino al suo finale anti-consolatorio ed i due attori si dimostrano per quel che sono, professionisti affermati che hanno stoffa da vendere, perfettamente calati nei ruoli dei due combattivi coniugi pronti a sfidare una comunità decisa ad esiliarli dalle proprie cerchia, destituiti di ogni diritto civile e giuridico per il loro nuovo status quo genitoriale in condizioni di precariato e assediati da domande sul proprio futuro che troveranno risposta solamente dopo aver lasciato quella sala d’attesa, cullati unicamente dalla sicurezza che ognuno potrà contare sull’altro, senza bisogno di nulla ed eccezione di loro stessi.
La selezione artificiale del corto può dirsi riuscita solamente in parte, poiché il sentimento universalmente più forte tra tutti sarà battagliero e foriero di vittorie, contrariamente al corto in sé, pienamente riuscito, in grado di camminare sulle proprie gambe – riuscendo a correre, in alcune sequenze - e mostrando come un’idea forte, opportunamente supportata in fase tecnica, possa lasciar venir fuori una piccola perla. Capiranno il loro sbaglio e torneranno indietro, afferma il medico. Lo fanno sempre, continua. Quasi tutti almeno, conclude.
Alessandro Sisti
0 commenti:
Posta un commento