mercoledì 24 agosto 2016

IL CLAN

Il Clan
di, Pablo Trapero
con, Guillermo Francella, Peter Lanzani, Lili Popovich
Argentina, Spagna 2015 
genere, thriller 
durata, 108'


L’affollamento di casi cronachistici e vicende giudiziarie trasposte, spesso abilmente, su grande schermo non sembrano inficiare minimamente la progressiva e costante ricerca di originalità profusa nella loro realizzazione, impedendo difatti l’implosione e la concatenata atrofizzazione del genere. El Clan zigzaga a folle velocità tra i topoi e gli stantii stereotipi, li evita accuratamente e si ammanta di una freschezza stilistica inusuale, tipica delle produzioni latine del periodo contemporaneo. Il materiale di repertorio sul quale si basa l’intera vicenda fa da apripista ad un potente incipit che mostra il clan in medias res, la concitazione del momento resa nel frenetico susseguirsi di inquadrature a cambi focali alterni, una figura complessa e mai così magnetica di pater familias come protagonista quasi assoluto del narrato. Arquimedes Puccio monopolizza l’attenzione dello spettatore, calcola con lucida freddezza ogni mossa prima di agire e dimostra un’impassibilità degna dei peggiori villain. Guillermo Francella, attore di derivazione televisiva e di stampo prevalentemente comico, regala al proprio personaggio uno spessore unico ed un’interpretazione fieramente cinica, ergendosi a paladino della famiglia, orgoglioso nel proprio consolatorio ruolo di preservatore del nucleo domestico. Il clan è anche famiglia e l’azione non avviene mai in solitaria, le mansioni sono equamente suddivise, ogni membro è coscientemente o inavvertitamente succube e complice del patron, non ci si sottrae a tali imprese tanto facilmente e le conseguenze sono implicitamente già contenute nelle premesse. Il legame con il figlio, il membro maggiormente coinvolto nell’impresa di rapimenti eccellenti, sembra incrinarsi, il vincolo fiduciario viene a mancare per un breve lasso temporale e l’intero asset casalingo sembrerebbe avvertirne le ripercussioni, salvo poi riapparire più solido che in precedenza, fortificatosi nel finanziamento della modesta attività imprenditoriale filiare. Il nuovo impiego, tuttavia, non scalfisce neppure in minima parte la frequenza di tali operazioni, abilmente coreografate e corredate da un impianto musicale in grado di sottolineare con pressante impellenza il ritmo concitato delle scene. 

Il film si fa ritratto antropologico di un nucleo familiare fondato sull’illegalità, operante senza remora alcuna in acque intorbidite dalla mano di potenti la cui ombra si allunga sin sull’operato dei Puccio. La ricerca di inquadrature inusuali, spesso frutto di abili cambi focali giostrati in sede fotografica e opportunamente filtrati, rende il ritratto di tale spaccato microcosmico dell’Argentina dittatoriale necessario, valido nel suo procedere lentamente, con le sequenze scandite musicalmente e un’atmosfera pregna di un’ironia marcescente che imputridisce le migliori intenzioni del pater. L’oscurità dovrà dissiparsi e nel finale l’ormai decaduto appoggio politico causerà la definitiva deflagrazione dei Puccio, un’implosione sostanziale che riflette il progressivo disfacimento in cui stava versando il clan. I pesci piccoli soccombono tragicamente, i pesci grandi non sopravvivono ma boccheggiano. E alla grande.
Alessandro Sisti

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