martedì 1 agosto 2017

MOONRISE KINGDOM - UNA FUGA D'AMORE

Moonrise kingdom - Una fuga d'amore
di, Wes. Anderson
con Bruce Willis, Edward Norton, Bill Murray, Frances  McDormand
genere, commedia, drammatico
USA 2012 -
durata, 95'

"Moonrise kingdom" è avvolto dalle note di Benjamin Britten, contrappuntato dalla presenza di un narratore, chiuso da una tempesta: un insieme che ridisegnerà la mappa dei rapporti di forza e degli affetti all'interno d’una piccola comunità su un isolotto del New England nell'anno di grazia 1965.
Entro i contorni d’una commedia dal sapore shakespeariano, Suzie Bishop/Hayward e Sam Shakusky/Gilman sono due dodicenni in rotta col mondo: lei, pensierosa e testarda, depressa precoce, cerca di sfuggire all'ottuso quanto grottesco rigorismo formalistico familiare dei genitori entrambi avvocati (il padre, un lunatico Murray, attaccato ai cavilli, e una madre stralunata, McDormand, che convoca i figli agli orari canonici - colazione-pranzo-cena - insaporendone la compagnia col contorno di grotteschi alterchi sottolineati a colpi di megafono); lui, orfano, pragmatico e di piglio intrepido, bislacco boy-scout occhialuto emarginato dal resto della truppa capitanata da un semi-catatonico Norton, rimugina una via d'uscita non oltre il perimetro nascosto di un'insenatura nelle vicinanze d’un vecchio sentiero indiano Chichchaw, eletta nei desideri più riposti a new promise land. Suzie e Sam, incontratisi l'anno precedente i fatti a una recita scolastica ("Il diluvio di Noè", proprio di Britten) dalla quale lui cercava di svignarsela e lei aveva la parte del corvo, dopo una fitta e segreta corrispondenza, decidono di darsela davvero insieme.

Anderson asseconda i suoi personaggi candidi e stravaganti quanto dall'animo complicato e tratteggia, tra un tableau vivant e l'altro, un percorso di formazione interiore e quindi di scoperta del mondo che, nella lunghissima tradizione letteraria sulla giovinezza avventurosa e problematica popolata dai vari Tom Sawyer, Huckleberry Finn, via via fino agli già stringenti rovelli dell'Holden salingeriano e passando per tutta una serie di omaggi più o meno espliciti al canone pittorico americano del XX secolo, si sviluppa e si precisa tra le maglie di una trama lineare, esile nella struttura e dagli esiti prevedibili eppure sempre in equilibrio tra impalpabile leggerezza e incipiente disincanto, fino a risultare il cuore pulsante del film. Un cuore autenticamente tenero, gentile, fragile ma spontaneo, grazie soprattutto all'apporto dei giovanissimi Hayward e Gilman, spesso ma con agilità sopra e sotto le righe e come già avvertiti da una sorta di naturale accortezza, di presaga misura, in grado di restituirci palpabili e significativi i silenzi, le esitazioni, le audacie legate all'incanto di momenti strani e irripetibili.
Il resto - il clima tra cartoon e favola adulta, la ricchezza dei colori sgargianti, il cast compresso in una calibratissima rigidità - ribadisce la particolare maniera di Anderson, il suo intenzionale distacco, l'antico sospetto di garbata freddezza.
TFK

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