Cattive acque
di Todd Haynes
con Mark Ruffalo, Anne Hathaway, Tim Robbins
USA, 2019
genere: thriller
durata: 126’
Basato su una storia vera, quella dello scandalo dell’inquinamento idrico di Parkersburg, “Cattive acque” di Todd Haynes è un vero e proprio thriller alla ricerca di una verità difficile e scomoda che, solo col passare degli anni, è venuta lentamente a galla.
Tutto ha inizio nel 1998 quando Robert Bilott, un avvocato specializzato nella difesa di aziende chimiche, viene contattato da un agricoltore di Parkersburg che gli chiede aiuto in merito a una questione. Ha bisogno che lui indaghi su un’eventuale correlazione tra la presenza di un grande impianto dell’azienda DuPont vicino alla sua fattoria e la continua presenza di malformazioni e tumori nelle sue mucche. Non serve molto tempo a Bilott per venire a conoscenza della condotta negativa dell’azienda DuPont. Quest’ultima, infatti, sembra che da decenni stia usando impropriamente i corsi d’acqua della zona per smaltire una particolare sostanza, l’acido perfluoroottanoico, causando ingenti problemi.
Un’indagine accurata che si protrae nel corso degli anni e che vede un coinvolgimento sempre maggiore grazie anche alla continua scoperta di nuovi indizi.
Il titolo, molto ben esplicativo della situazione mostrata, è anche più che presente all’interno dello stile della narrazione e del modo che il regista decide di adottare per mostrare il susseguirsi degli eventi, con una colorazione che sembra proprio rimandare alla problematica centrale.
Una buonissima ed efficace interpretazione di Mark Ruffalo nei panni del protagonista, un uomo che oscilla continuamente tra soddisfazione e preoccupazione, non molto aiutato in questo dal capo e dalla moglie che alternano momenti di forte pressione a momenti, invece, di profondo supporto.
Destinato ad entrare di diritto tra i più noti film d’inchiesta, “Cattive acque” riesce a mantenere vivo l’interesse dello spettatore dal primo all’ultimo istante, grazie ad un montaggio interessante che aiuta decisamente, mostrando il susseguirsi di questa “contaminazione”, quasi fino all’esasperazione.
Lo spettatore riesce ad essere perfettamente in sintonia con i personaggi grazie ai movimenti di macchina e alle riprese al pari dei vari personaggi, invitando chiunque ad entrare all’interno della vicenda. Nonostante qualche breve momento in cui la narrazione sembra perdersi per cercare di spiegare scientificamente e, quindi, più nel dettaglio la sostanza e ciò che ne deriva, il film rientra sapientemente in carreggiata.
Uno dei perni del tutto è, come detto in precedenza, proprio l’interpretazione di Mark Ruffalo che lavora sul personaggio a tuttotondo, stando soprattutto molto attento ai dettagli fisici che caratterizzano Robert Bilott e lo spingono ad agire in un modo piuttosto che in un altro. Supportato da un’attrice del calibro di Anne Hathaway, che sembra quasi nascondersi dietro al suo stesso ruolo di moglie che critica e supporta, Ruffalo emerge indistintamente e fornisce la vera lezione del film: “dobbiamo proteggerci da soli”.
Veronica Ranocchi
0 commenti:
Posta un commento