The Predator
di Shane Black
con Boyd Holbrook, Yvonne Strahovski e Olivia Munn
USA - Canada, 2018
Azione, Thriller
durata, 107'
Un tiratore scelto dell’esercito, un mix di ex soldati etichettati come pazzi (per il loro passato discutibile) da far invidia alla “Suicide Squad”, una scienziata esperta in bio-genetica ed un bambino autistico. Loro ed un predatore, anzi…un cacciatore. Un assassino geneticamente evoluto il cui compito è quello di tenere alto un genere ed un franchise che in passato ha catturato milioni di fans in tutto il mondo.
Sono questi i protagonisti e gli ingredienti del nuovo film ispirato alla sega “Predator” che il regista (Shane Black, lo stesso di “IronMan 3”) sceglie di utilizzare per dare vita al nuovo lungometraggio il cui titolo mancava nelle sale da ormai 8 anni (“Predators” di Nimród Antal, 2010).
In questo caso dite addio alla giungla dell’America Centrale o alla distopica Los Angeles di fine millennio: qui siamo nel presente, prima in Messico e poi negli Stati Uniti. Il filo conduttore dei due luoghi (e della storia in generale) è il cecchino Quinn McKenna (Boyd Holbrook, l’agente Murphy di “Narcos”), unico superstite del nuovo avvistamento e conseguente attacco di un Predator atterrato d’emergenza in Messico in fuga da un qualche pericolo nella galassia.
Consapevole che nessuno lo avrebbe mai creduto, McKenna decide di sottrarre dalla navicella il casco e il bracciolo armato dell’alieno e di spedirli al sicuro nella propria casella postale negli States. Non avendo pagato più da tempo il canone per la casella, il pacco viene recapitato alla moglie e al figlio autistico del soldato…e quando gli altri predators si attivano per recuperare il materiale sottratto, la frittata è fatta.
Toccherà al tiratore scelto (che nel frattempo è stato messo sotto accusa dai servizi segreti per cercare di insabbiare la vicenda) e al suo nuovo team di ex soldati cercare di difendere il piccolo Rory e la sua giovane madre.
Seppur ricco citazioni e riferimenti al passato - su tutte, la scena in cui la dottoressa si denuda e viene risparmiata dallo scontro che ricorda molto la preparazione alla battaglia di Arnold Schwarzenegger - “The Predator” è evidentemente stato creato pensando a qualcosa di forse più grande: una trilogia che aveva bisogno di un capitolo iniziale che creasse la giusta curiosità e che aprisse le porte a molteplici possibili scenari futuri di sviluppo.
Se potessimo scindere questa parte da tutto il passato storico della saga, diremmo che il lungometraggio è un lavoro piacevole, dal ritmo incalzante e a tratti quasi divertente. Questi ultimi due aspetti però sono quelli che allo stesso tempo creano maggiormente un solco, una voragine rispetto ai precedenti lavori e allo stile del primo “Predator”: paziente e ansiogeno come una vera battuta di caccia. Una decisione sicuramente difficile da prendere, che farà storcere il naso a qualche fan integralista delle maschere e dei dread nati dal genio di John McTiernan, ma che potrebbe risultare vincente qualora fosse seguita da altri due film che possano confermare il ritmo e arricchire la storia di questo ultimo capitolo (si intravede una guerra all’orizzonte?).
Ai posteri l’ardua sentenza.
Lorenzo Governatori
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