giovedì 7 settembre 2017

VENEZIA 74: MADRE!

Mother!
di Darren Arnofosky
con Jennifer Lawrence, Javier Bardem, Ed Harris, Michelle Pfeiffer
USA, 2017
genere, thriller, drammatico
durata, 121'


È ancora presto per fare consuntivi ma ci sembra di poter dire che mai come quest'anno il concorso ufficiale presenti una selezione di titoli capaci di dialogare tra loro in ragione di affinità che riguardano soprattutto una comunanza di temi e situazioni. La conferma di quanto stiamo dicendo ci viene dalla visione di uno dei film più attesi della Mostra e da un regista, Darren Arnofosky, che il festival di Venezia aveva aiutato a risollevarsi - con "The Wrestler" (2008) - dal duplice insuccesso di "Requiem for a Dream" (2000) e di "The Fountain" (2006) da cui non era facile riprendersi. Pur con caratteristiche assolutamente peculiari, infatti, "Madre!" si dimostra in linea non solo con la rabbia violenta e sanguinaria che scandiva le storie raccontate in "Suburbicon" e "Three Billboards Outside Ebbing, Missouri", ma anche con la maternità agognata ma dolorosa del film di Riso ("Una famiglia"), al quale lo accomuna anche la maniera di portarla a termine, in ambedue i casi, concretizzata da procreazioni fai da te, effettuate senza il supporto di dottori e di strutture ospedaliere. Venendo al film di Aronofsky, dicevamo poc'anzi delle aspettative suscitate in sede di presentazione da "Madre!", in parte utili a spiegare i fischi e il dissenso che ha concluso l'anteprima stampa di questa mattina. D'altronde il cinema del regista americano è destinato per natura a dividere gli spettatori, non prevedendo alcuna alternativa alla visionarietà barocca rintracciabile nella sua filmografia.


Ciò che non manca a "Madre!" è di certo l'ambizione, essendo la sua narrazione attraversata da metafore e simbolismi che da soli basterebbero a riempire un intero libro. In questo senso, è singolare che, in un cinema visivo come quello di Aronofsky, a deciderne le sorti sia la trama e ciò che le sta attorno, e che dunque da qui si debba partire per trovare l'origine dei suoi difetti. Sulle prime "Madre!" sembra avviarsi in direzione del più classico degli home invasion movie, con il ménage tra il poeta in crisi d'ispirazione interpretato da Javier Bardem e la bella e accondiscendente compagna impersonata dalla dinamica Jennifer Lawrence minacciato dalla visita di una matura coppia di coniugi che l'artista, con decisione un po' forzata, decide di ospitare in casa propria. Al contrario, anziché svilupparsi sulla scia di tale premessa, il film cambia improvvisamente strada (e, diremmo, genere), innescando una sorta di coazioni a ripetere che, in un crescendo di caos e tensione, vedranno l'abitazione dei protagonisti riempirsi con centinaia di persone, giunte fin lì con la scusa di celebrare la produzione artistica del padrone di casa e invece pronte a scatenare la guerra fratricida che farà precipitare la situazione. Detto che la sorpresa e il mistero, connessi con la circolarità del meccanismo narrativo, si esauriscono quasi subito per la volontà del regista di privilegiare la visionarietà dei contenuti sugli effetti della spettacolarità e dell'intrattenimento, "Madre!" ha dalla sua il fatto di stimolare lo spettatore quando si tratta di assegnare alle immagini il loro esatto significato. E, quindi, di lasciargli la facoltà di decidere se esista (come fanno supporre gli inserti del cuore pulsante nascosto dentro i muri della dimora) o meno una corrispondenza tra l'essenza stessa della casa, intesa come corpo sociale capace di rappresentare uno spaccato dell'intera nazione, e la fisiologia della madre, destinata a contenere prima, e mettere al mondo poi, i nuovi cittadini. O, ancora, se davvero la villa, con le sue generose risorse, possa essere la rappresentazione dell'Eden biblico, e se la successiva distruzione da parte dei belligeranti la raffigurazione della perdita del paradiso da parte dell'umanità.


Come già aveva fatto George Clooney con il racconto dei disordini esplosi nella cittadina della sua storia, è indubbio che anche Aronofsky ragioni per sineddoche, e perciò che "Madre!", alla pari di "Suburbicon", possa essere la trasfigurazione della crescente conflittualità prodottasi negli Stati Uniti in seguito all'elezione alla Casa bianca di Donald Trump. Un menù stratificato e complesso (in cui trova posto anche una filippica sull'arte intesa come vampirizzazione delle vite altrui) che però avrebbe bisogno di una sottigliezza che non è nelle caratteristiche del regista newyorkese, il quale, non volendo rinunciare ai suoi intenti, allestisce un dispositivo che rimane schiacciato dalla retorica della materia in questione. La combinazione di carne e spiritualità (una delle specialità della casa) prende forma, allora, in un patchwork di sacro e profano, in cui le reminiscenze deliranti di "π - Il teorema del delirio" e di "The Fountain" si incontrano, senza amalgamarsi, con il mood dissociato de "Il cigno nero". Indeciso nello stile, inizialmente fatto di pedinamenti e soggettive volte a restituire il punto di vista della protagonista e, poi, convertito alla supremazia di dolly e panoramiche quando a subentrare è la grandeur da blockbuster hollywoodiano, "Madre!" si lascia vedere senza particolare entusiasmo e nella consapevolezza di assistere a un'opera minore rispetto alle ultime uscite del regista americano.
Carlo Cerofolini
(pubblicata su ondacinema.it)

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